Starbucks è in crisi: vendite in calo del 7% e azioni ai minimi
Ennesimo trimestre negativo per il colosso del caffè che perde clienti negli Stati Uniti e in Cina soprattutto. Contrazione del 3% nei ricavi
Starbucks è nei guai. L’anno era iniziato male, ma ora il calo di vendite e ricavi parla di una crisi vera e propria per il colosso del caffè nato nel 1971 a Seattle e che ora conta oltre 30mila sedi in tutto il mondo. Ma il cambio di leadership e le ultime strategie sembrano non riportare la multinazionale ai numeri di un tempo.
Dopo un inizio 2024 già segnato da risultati poco incoraggianti, i dati dell'ultimo trimestre confermano il trend negativo nelle vendite globali e un calo del valore delle azioni. La catena ha registrato una riduzione delle vendite del 7% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, accompagnata da una contrazione del 3% nei ricavi, che si attestano a 9,1 miliardi di dollari, contro i 9,4 miliardi attesi dagli analisti.
Negli Stati Uniti, mercato storico e principale per la catena, il calo delle vendite si aggira attorno al 6%, segnalando che i tentativi di attrarre la clientela con nuove promozioni e una gamma di prodotti ampliata non hanno avuto l’effetto sperato. Starbucks ha dichiarato che la concorrenza crescente e la ridotta spesa in beni non essenziali da parte dei consumatori americani hanno inciso negativamente sulla frequentazione dei suoi negozi. La situazione appare ancora più grave in Cina, il secondo mercato più importante per Starbucks, dove il crollo delle vendite ha raggiunto il 14%. Una delle cause principali è il proliferare di catene locali, spesso caratterizzate da loghi e colori simili, che stanno sottraendo clientela alla multinazionale americana.
L'attuale crisi è stata accentuata dalle difficoltà economiche post-pandemia, che hanno ridotto la capacità di spesa dei consumatori in numerosi mercati. Negli Stati Uniti, molti clienti cercano alternative più economiche per ridurre le proprie spese quotidiane. In Cina, invece, la flessione della domanda è legata a una serie di fattori economici complessi, come l'incertezza economica ma anche la crescente preferenza per marchi locali. Starbucks ha inoltre dovuto fare i conti con un aumento consistente dei costi delle materie prime: i prezzi dei chicchi di caffè Arabica e Robusta sono cresciuti significativamente nell'ultimo anno, riducendo i margini di profitto per l'azienda.
A poco, per ora, è servito il cambio della leadership. Quest’estate Brian Niccol è subentrato a Laxman Narasimhan nel ruolo di amministratore delegato. Niccol ha già dichiarato che la situazione attuale richiede una revisione radicale delle strategie aziendali e ha messo in pausa le previsioni finanziarie per il prossimo anno, considerata l’incertezza delle prospettive.
La pubblicazione dei dati finanziari della multinazionale ha avuto un impatto immediato sulle azioni Starbucks a Wall Street. Dopo l'annuncio, il titolo ha registrato un calo superiore al 4% nel mercato after hours, segnando un peggioramento anche rispetto al lieve rialzo dello 0,38% registrato in giornata al New York Stock Exchange. Le azioni della società, peraltro, sono in una fase stagnante da diversi anni, accumulando una perdita di valore complessiva dall'inizio del 2019.
La sfida è trovare un equilibrio tra il mantenimento di una clientela affezionata e l’attrazione di nuovi consumatori. Niccol ha parlato della necessità di tornare alle origini, facendo leva sui valori distintivi del brand. Ma basterà a contrastare l’emorragia di clientela e a recuperare terreno rispetto ai principali (e spesso più economici) concorrenti?