Studi di settore, ecco come cambieranno nel 2017
Il governo li sostituirà gradualmente con dei nuovi indici che misureranno l’affidabilità dei contribuenti
Secondo i programmi annunciati dal ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan, presto potremo dire addio ai tanto vituperati studi di settore, strumenti di analisi economiche elaborati dal fisco che in questi anni si sono attirati le antipatie di imprese e professionisti. Alla base delle feroci critiche un’accusa fondamentale: gli studi di settore, che dovrebbero, attraverso analisi statistiche stimare l’entità dei ricavi di una determinata attività economica, permettendo poi di verificare l’eventuale congruità con quanto dichiarato al fisco, in questi anni non sono mai riusciti a tenere in debito conto l’influenza dei contesti territoriali in cui l’attività stessa è collocata, e soprattutto gli effetti negativi di periodi economicamente negativi, come quelli appena trascorsi.
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Difetti che si sono trascinati nel tempo fin dal 1993, anno in cui gli studi di settore fecero il loro esordio. Nonostante infatti nel corso di questi due decenni e più, gli strumenti informatici e statistici utilizzati, il cosiddetto programma Gerico, si fossero quanto mai affinati, imprese e professionisti hanno sempre ritenute inapplicabili o decisamente punitive, le risultanze che il fisco otteneva per orientare i propri giudizi di congruità rispetto alle dichiarazioni reddituali. Ora il governo intende mettere fine a questa querelle, decretando sostanzialmente l’abolizione degli studi di settore, che pure, bisogna ricordarlo, in altri Paesi sono utilizzati con successo da tempo.
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In Italia però sembrano non aver funzionato, e allora si cambia. Per farlo, il ministero dell’Economia ha deciso di confrontarsi con le categorie imprenditoriali e con i professionisti raccogliendo idee e proposte. Quello verso cui si dovrebbe andare, per quanto annunciato finora da via Venti Settembre, dovrebbe essere una sorta di nuovo sistema premiale. I vecchi studi di settore verranno infatti gradualmente sostituiti da quello che è stato ribattezzato “indicatore di compliance”. In sostanza verrà assegnato un valore che potrà andare da uno a dieci, alla correttezza fiscale di imprese e professionisti, misurandone in pratica il grado di affidabilità.
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Ovviamente siamo ancora in una fase di elaborazione del nuovo sistema, anche se esso potrebbe entrare in vigore già a partire dal 2017. Quello che fin d’ora è già chiaro è che un alto indice di “compliance” dovrebbe costituire un elemento premiante. Consentirà infatti di ricevere più velocemente i rimborsi fiscali e soprattutto, eviterà l’avvio di accertamenti e ispezioni. Insomma, la nuova filosofia sarà quella di provare a venirsi incontro: lo Stato eliminerà gli odiati studi di settore e prevederà meccanismi come detto premiali, dall’altro ci si attende che imprese e professionisti colgano l’occasione per mettere in campo atteggiamenti sempre meno elusivi nei confronti del fisco. Staremo e vedere.