Cosa succede in Grecia, 10 cose da sapere
Dal fallimento del 2009 alle odierne richieste di Tsipras di rompere l'austerity. Tutte le tappe della crisi di Atene e i motivi dello scontro con l'Europa
Una lettera inviata a Jeroen Dijsselbloem, presidente dell'Eurogruppo, l'organismo che riunisce i ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione Monetaria Europea. A spedirla è stato il nuovo primo ministro greco, Alexis Tsipras, che ha chiesto così alle autorità di Bruxelles una proroga di sei mesi del programma di sostegno alla Repubblica Ellenica approvato nel 2012. In cambio, saranno messe in atto alcune riforme. L'obiettivo del governo di Atene è di avere un po' di respiro per evitare il default.
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Dopo aver dichiarato la propria volontà di interrompere la politica di austerity imposta dalla Troika, ora Tsipras sembra dunque aver assunto una posizione più morbida. La richiesta di Atene, però, ha trovato l'opposizione (abbastanza inattesa, a questo punto) della Germania che, attraverso il portavoce del ministero delle finanze tedesco, Martin Jager, ha fatto sapere che la lettera inviata dalla Grecia non rappresenta "una soluzione sostanziale" e "non risponde ai criteri" fissati per l'Eurozona. Ma ecco, di seguito, 10 cose da sapere per capire meglio come si è giunti alla situazione odierna.
Il crack del 2009
Tutti i problemi della Grecia, come ben sa chi ne ha seguito le cronache negli ultimi anni, iniziano alla fine del 2009 quando il primo ministro socialista in carica, George Papandreou, è costretto ad ammettere che il deficit e il debito del paese sono fuori controllo. Le cifre di previsione del disavanzo pubblico, stilate dal precedente governo di centrodestra, sono in realtà sballate. La Repubblica Ellenica ha bisogno di soldi dall'Europa, altrimenti fallisce.
I salvataggi
Le risorse per evitare il default della Repubblica Ellenica, che nel frattempo ha seminato la tempesta in tutti i mercati finanziari dell'Eurozona, arrivano dagli altri paesi Ue, seppur dopo lunghi negoziati. In un primo momento, cioè nel 2010, i paesi europei concedono ad Atene una serie di prestiti bilaterali . Poi, viene creato un Fondo Salva Stati, partecipato da tutti i membri di Eurolandia, che ha il compito di sostenere i paesi in difficoltà e di mettere in cantiere un piano di aiuti per la Grecia ma anche per il Portogallo e l'Irlanda. Oggi, il Fondo Salva-Stati è il principale detentore del debito pubblico ellenico, cioè il maggior creditore di Atene.
L'austerity e gli anni della Troika
Gli aiuti europei non sono affatto a costo zero per la Grecia, anzi. Le politiche economiche del governo di Atene vengono messe sotto la stretta vigilanza della Troika, un gruppo di esperti inviati dall'Ue, dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, cioè i tre organismi che hanno erogato le maggiori risorse per il salvataggio del paese. La Troika impone alla Repubblica Ellenica una cura lacrime e sangue basata sull'austerity di bilancio, le privatizzazioni, l'aumento delle tasse, la lotta all'evasione fiscale e su un forte contenimento della spesa pubblica. L'austerity si rivela però una medicina molto amara poiché fa sprofondare la Grecia in una forte recessione economica, che provoca una caduta del pil di circa il 25% in un quinquennio.
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La vittoria di Tsipras
Dopo anni di turbolenze sociali, proteste di piazza e crescita della disoccupazione, a gennaio 2015 si apre una stagione di grande cambiamento politico in Grecia. A vincere le elezioni politiche anticipate è infatti la nuova sinistra di Syriza, partito fondato dall'ingegnere ex-comunista Alexis Tsipras, che viene subito nominato primo ministro. L'affermazione di Syriza è frutto soprattutto delle sue battaglie contro l'austerity che ha strozzato l'economia del paese. Come annunciato in campagna elettorale, Tsipras dichiara di non voler rispettare più gli impegni presi con la Troika dai suoi predecessori e intende avviare delle trattative con l'Ue per rinegoziare il debito greco. Dopo i primi moniti arrivati da Bruxelles, il premier ellenico ha ammorbidito un po' le proprie posizioni, dichiarandosi disposto ad accettare i piani della Troika solo al 70%, in cambio di maggiore flessibilità di bilancio.
Il peso del debito di Atene
Oggi il debito della Grecia ammonta a più 320 miliardi di euro, corrispondenti a oltre il 170% del pil. Si tratta del peggior dato che si registra tra i paesi europei, nonostante l'indebitamento ellenico abbia già subito nel 2012 un haircut, cioè un taglio netto che ha portato al una svalutazione (fino al 70%) dei titoli di stato ellenici in circolazione sul mercato. Ora, il nuovo governo di Atene chiede una conferenza europea sul debito, per trovare una soluzione definitiva a questo problema, visto che l'esposizione finanziaria della Grecia resta insostenibile per il paese.
Le proposte di Varoufakis
Il nuovo ministro dell'economia greco, Yanis Varoufakis, ha presentato alcune proposte per risolvere il problema del debito ellenico. L'idea avanzata è di fare uno swap, cioè sostituire i titoli di stato oggi esistenti con nuove obbligazioni, che garantiscono il pagamento di un interesse e il rimborso del capitale soltanto se c'è una crescita del pil e un calo della disoccupazione. In questo modo, il rimborso del debito pubblico di Atene viene legato a doppio filo all'andamento dell'economia del paese. In pratica, il debito e gli interessi vengono rimborsati esclusivamente se il pil greco riparte e i posti di lavoro aumentano.
Il no della Bce
Oltre allo scambio con nuove obbligazioni legate al pil e all'occupazione, Varoufakis ha proposto di sostituire la quota di titoli di stato greci in mano alla Banca Centrale Europea con dei bond perpetui. Si tratta di titoli obbligazionari che prevedono il pagamento di un interesse periodico ma che non hanno una scadenza. Dunque, in teoria, i bond potrebbero anche non essere mai rimborsati. Con questa operazione, vi sarebbe però una sorta di sanatoria sul debito greco, finanziata dalla Bce. L'ipotesi è già stata bocciata dal presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, perché in contrasto con i trattati dell'Eurozona.
Francoforte chiude i rubinetti
Il no ai bond perpetui non è l'unico rifiuto che Varoufakis ha incassato da Draghi. La Bce ha annunciato infatti di dover interrompere i programmi di finanziamento che permettono alle banche greche di approvvigionarsi di liquidità da Francoforte. La realizzazione di tali programmi, secondo gli accordi presi in passato, è infatti subordinata all'accettazione da parte di Atene dei piani economici della Troika. Se questi impegni non vengono rispettati da Tsipras, anche i finanziamenti della Bce vengono meno. Per il momento, però, gli istituti finanziari greci possono ancora contare su delle linee di credito d'emergenza che si chiamano Emergency liquidity assistance (Ela) e sono erogate dalla stessa Bce attraverso la banca centrale ellenica.
Il no della Germania
Più che l'opposizione di Draghi, a ostacolare i piani di Tsipras è soprattutto la Germania guidata dalla cancelliera Angela Merkel. Il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha incontratonelle settimane scorse il suo collega greco Varoufakis, senza però arretrare di un centimetro rispetto alle posizioni assunte in precedenza dal governo di Berlino, contrario a qualsiasi ipotesi di sanatoria sul debito ellenico. “Siamo d'accordo sul fatto che siamo in disaccordo” , ha detto Schaeuble durante la conferenza stampa, al termine del summit.
Un semestre per respirare
Nel muro contro muro con la Germania e il nord Europa, non si vede una schiarita per la questione del debito greco. Il governo di Atene chiede nel breve periodo una moratoria per coprire i finanziamenti in scadenza tra marzo e agosto, in attesa di stipulare nuovi accordi sul debito. L'incertezza sull'erogazione del prestito crea instabilità sui mercati finanziari e rischia di provocare in Grecia una fuga di capitali e una corsa allo sportello dei risparmiatori, per ritirare liquidità. C'è chi teme infatti uno scenario simile a quello già verificatosi nel 2013 a Cipro, dove il governo ha dovuto limitare i prelievi di denaro dopo che il paese è finito sull'orlo della bancarotta.