Tagli del cuneo fiscale: le ipotesi in campo
Riduzione dei contributi per i neo-assunti o per tutti i lavoratori. Le soluzioni allo studio del governo per abbassare il costo del lavoro
La parola d'ordine è al momento una sola: tagliare i contributi. Non è ancora ben chiaro, tuttavia, quali categorie di lavoratori riguarderà questo taglio: tutti o solo i neoassunti? Se lo chiedono anche i tecnici del governo che stanno studiando le misure possibili per dare una sforbiciata al cuneo fiscale, cioè alla differenza tra il costo del lavoro lordo, pagato dalle imprese, e la busta paga netta percepita ogni mese dai loro dipendenti. L'elevatissima differenza tra salari lordi e netti, si sa, è un problema che da anni tarpa le ali l'economia italiana, dove i consumi vanno al rallentatore anche a causa delle retribuzioni basse, mentre il costo del lavoro non è affatto contenuto rispetto ad altri paesi europei. Basti pensare che, proprio per effetto del cuneo fiscale, un dipendente che percepisce un assegno netto di 1.300 euro al mese, costa più o meno al suo datore di lavoro quasi il doppio, al lordo di tutte le tasse e contributi.
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Per tagliare il cuneo, la voce da colpire è necessariamente una sola: i contributi previdenziali che, nel caso dei dipendenti, incidono per ben il 33% sul salario. Le soluzioni al vaglio del governo sono sostanzialmente tre. La prima consiste in una riduzione strutturale della contribuzione pagata dalle imprese sui salari dei neo-assunti. La sforbiciata all'aliquota contributiva potrebbe essere nell'ordine del 4-5%, applicata però soltanto ai contratti di lavoro stabili, a tempo indeterminato. Sulle assunzioni a termine, invece, dovrebbe rimanere la vecchia aliquota del 33%, che renderebbe così meno conveniente per le aziende offrire un inquadramento precario, anziché a tempo indeterminato. Il taglio di 4 o 5 punti percentuali (o addirittura di 6) della contribuzione, avrebbe un costo compreso tra 1 e 1,5 miliardi di euro.
Meno contributi per tutti
Un'altra soluzione allo studio consiste in un taglio dei contributi orizzontale e per nulla selettivo, cioè spalmato su tutta la platea dei lavoratori. In pratica, potrebbe esservi una limatura dell'1-2% dell'aliquota contributiva, portandola attorno al 31-32% da oltre il 33% attuale. Si tratta però di una misura che ha un costo notevole (circa 2,5-5 miliardi di euro annui) e avrebbe dei benefici ampi ma modesti, in quanto farebbe scendere di poco il costo del lavoro, anche se per tutti.
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Infine, c'è una terza ipotesi sul piatto e prevede che il governo adotti ancora una soluzione selettiva, rinnovando gli attuali incentivi alle assunzioni, seppur rimodellandoli un po'. Va ricordato che, per tutto il 2016, chi propone un'assunzione a tempo indeterminato a un disoccupato o stabilizza un dipendente precario, per due anni ha una riduzione del 40% dei contributi dovuti (cioè versa solo i 60% di quanto dovrebbe) con un tetto massimo agli sgravi che arriva sino a circa 3mila euro annui . Al momento, si parla di una possibile proroga di questi incentivi anche nel 2017, abbassando però lo sgravio dal 40 al 25%. Pure in tal caso, però, ci sono un po' di dubbi sulla reale efficacia del provvedimenti visto che, già quest'anno, gli incentivi sono divenuti meno generosi rispetto al 2015 e hanno provocato un sensibile calo delle propensione ad assumere a tempo indeterminato, da parte delle aziende.