Tasi, come si calcola la nuova imposta sulla casa
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Economia

Tasi, come si calcola la nuova imposta sulla casa

Il governo concede ai Comuni la possibilità di aumentare l’aliquota base di un massimo di 0,8 per mille

Il braccio di ferro tra governo e Comuni riguardante le aliquote dell’Imu sulle seconde case e della nuova Tasi alla fine si è risolto con un compromesso che sembra mettere tutti d’accordo. Tranne i cittadini contribuenti ovviamente che si ritroveranno a dover fare i conti con un nuovo meccanismo di calcolo delle imposte se possibile ancora più complicato di quello prospettato finora. Il nodo da sciogliere era quello riguardante circa 1,1 miliardi di euro di copertura finanziaria che i Comuni chiedevano all’esecutivo e che quest’ultimo ha deciso ora di rendere disponibili ai sindaci concedendo loro di aumentare le aliquote base di Tasi e Imu finora vigenti. Vediamo nel dettaglio allora cosa prevede il provvedimento che il governo inserirà nel decreto sugli enti locali in discussione attualmente in Parlamento.

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Le amministrazioni locali in pratica potranno aumentare la propria imposizione fiscale sugli immobili di un massimo di 0,8 per mille. Saranno i singoli Comuni poi a decidere come ripartire questo incremento tra le due imposte . Attualmente infatti la legge prevede che l’aliquota massima della Tasi sia fissata al 2,5 per mille, mentre quella dell’Imu sulle abitazioni non principali sia del 10,6 per mille. Nel caso allora un sindaco decidesse ad esempio di portare la Tasi al 2,7 per mille, aumentando cioè l’aliquota dell’imposta sui servizi indivisibili di uno 0,2 per mille, potrà a sua volta incrementare l’Imu sulle seconde case solo fino a un massimo di 11,2 per mille, ossia di uno 0,6 per mille. Nei casi estremi, potremmo avere amministrazioni locali che decideranno di caricare gli aumenti solo sulla Tasi, che potrà così arrivare fino a un massimo di 3,3 per mille, oppure, viceversa, solo sull’Imu, la cui aliquota potrà raggiungere la vetta massima di 11,4 per mille.

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Gli aumenti in questione, secondo quanto previsto dal governo, dovranno in ogni caso servire ai Comuni per aumentare le detrazioni a carico delle famiglie più svantaggiate. L’obiettivo è quello di tornare quanto meno ai livelli previsti nel 2012, quando in occasione del pagamento dell’Imu, furono fissati sgravi pari a 200 euro a famiglia, con un aumento di 50 euro per ogni figlio a carico fino a un massimo di otto. Vedremo dunque come, a livello locale, ciascun sindaco giocherà tra aliquote e detrazioni per far quadrare i propri bilanci comunali e allo stesso tempo per dare un minimo di sollievo ai nuclei familiari con maggiori problemi economici.

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Ma se il meccanismo di pagamento è stato finalmente chiarito, nulla ancora si sa delle scadenze per pagare le imposte sugli immobili. Fatto salvo la mini Imu, il cui termine di versamento è stato deciso per il 24 gennaio prossimo, per Tasi e Imu sulle seconde case la nebbia è ancora fitta. Qualcuno sostiene che sarebbe il caso di rimandare tutto direttamente a giugno, permettendo così ai sindaci di stabilire con sicurezza le aliquote e ai cittadini di farsi i propri conti in tasca. La proposta però potrebbe trovare contrarie molte amministrazioni comunali che, se non dovessero incassare nulla per i prossimi sei mesi, potrebbero ritrovarsi letteralmente sul lastrico, con bilanci in profondo rosso. L’appuntamento per conoscere le date dei versamenti è dunque rimandato alla prossima puntata di questa ormai infinita telenovela sulla imposte comunali.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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