TASI (e tira): chi pagherà la nuova IMU?
Economia

TASI (e tira): chi pagherà la nuova IMU?

Da semplice inquilino non proprietario  -una figura, in Italia, che ingenera sempre sospetti di stravaganza – avevo già ricevuto un allarme: l’arrivo a Luglio inoltrato della bolletta della neonata TARES (nata 1 gennaio 2013, ex TARSU), da parte del Comune …Leggi tutto

Da semplice inquilino non proprietario  -una figura, in Italia, che ingenera sempre sospetti di stravaganza – avevo già ricevuto un allarme: l’arrivo a Luglio inoltrato della bolletta della neonata TARES (nata 1 gennaio 2013, ex TARSU), da parte del Comune di Milano, mi invitava a pagare la tassa dei rifiuti divisa in 3 acconti. Dei primi 2 acconti mi sapeva quantificare l’importo di 145,60 mentre per il terzo acconto (vedi sotto) si rivelava necessario un ulteriore lavorìo tecnico e/o politico, servivano ulteriori menti chine sui tabulati per decidere, per cui mi sarebbe stato comunicato più avanti l’importo complessivo da pagare per l’anno in corso: una stranezza che la vecchia TARSU, che era quel che era, non si era mai permessa: sapeva quanto valeva complessivamente, i patti con lei erano chiari da subito.

 


Non so se l’abolizione dell’IMU prima casa annunciata due giorni fa dal Governo c’entri qualcosa con la “TARES dimezzata” che è arrivata nella mia casella di posta un mese fa, se cioè si aspettasse, da parte del Comune di Milano, di capire cosa succedesse a livello centrale per poi far tornare i conti nel proprio bilancio, oppure se sia solo un’altra fenomenologìa del principio di confusione che aleggia sull’Italia da almeno 2-3 anni, con imposte create e poi eliminate dal successivo governo, a sua volta in corso di eliminazione, con rate di imposte da sopprimere che vengono prima solo sospese (IMU prima casa) o congelate sine die fino a copertura (IVA) e tasse che cambiano nome senza un apparente perché (da TARSU a TARES) per quel gusto trasformista che ben conosciamo, per cui basta cambiare nome a una cosa per farle cambiare natura.

Qualunque sia il motivo è opportuno che noi inquilini-non-proprietari si dorma con un occhio solo: la cancellazione dell’IMU 2013 per la prima casa apre il tema di chi sarà a pagare nel 2014 quei 4 miliardi e passa per mantenere i servizi comunali oggi in carico all’IMU prima casa che non c’è più.

A quanto si sente dire in giro, come ben riassunto in questo articolo di La Voce.info, supponendo che l’exTARSU-exTARES (la nostra quota per pagare il camion della nettezza urbana) continui a essere pagata dal residente (affittuario o proprietario residente) in quanto trattasi di costo originato e correlato 100% a chi vive nell’appartamento, bisogna capire chi pagherà la quota aggiuntiva (presumibilmente calcolata al metro quadro) che dovrebbe sommarsi ai rifiuti nella nuova imposta exTASER (o service tax), un’imposta NOMENUOVO che per comodità chiameremo per il momento exTARSU-exTARES-exTASER+exIMU. Fino a oggi, nello schema IMU, prima che tirasse le cuoia, questa “quota aggiuntiva” la pagava il proprietario che abitasse o no nell’appartamento.

A meno che non si decida di eliminare del tutto questa quota aggiuntiva (che nel documento governativo citato nell’articolo di La Voce.info si presenta con il possibile nome di TASI), tagliando altrove la spesa pubblica o indebitandosi ulteriormente con BOT e BTP, bisognerà che questa quota aggiuntiva o venga ricaricata solo sul proprietario (e allora siamo al ridicolo di un IMU che ha solo cambiato nome) o venga suddivisa tra proprietario e residente affittuario o addirittura sia pagata solamente dal residente affittuario.

NOTA n.1: si consideri che la percentuale di proprietari di case in Italia sfiora l’80% quindi stiamo parlando della legittima preoccupazione di una minoranza, il 20%, che abita in case che non possiede,  tra cui il sottoscritto, le minoranze in politica perdono sempre.

NOTA n.2: si noti che l’80% è la medesima percentuale plebiscitaria che emerge ogni volta che tramite sondaggio si identifichi la quota di popolazione favorevole alla riapertura delle case chiuse abolite dalla Legge Merlin.

La quota aggiuntiva alla TARES, la futura TASI, nelle altre economie avanzate, esiste quasi ovunque e si chiama “real estate tax” (tassa sulla proprietà immobiliare) che è una forma, la più consistente, di “property tax”, cioè tassa sul possesso di un qualunque bene mobile o immobile (altro esempio è il bollo auto, una tassa che si paga sulla proprietà del veicolo). In questi paesi avanzati, non troppo sorprendentemente per una tassa che si basa nominalmente su una proprietà immobiliare, chi è chiamato a pagare la tassa è il proprietario del bene stesso, non chi la utilizza magari per brevi periodi (l’inquilino). Sorprendentemente, invece, Paesi che si vantano di essere liberisti e che non sono certo affetti dalla fascinazione prodiana (intesa di Romano Prodi) per la bellezza delle imposte, considerano la “real estate tax” (la nostra futura-forse TASI) come un caposaldo del sistema di imposizione fiscale, un obolo irrinunciabile per finanziare la comunità locale per i servizi necessari ai cittadini che vi abitano: negli USA la nostra TASI (ex IMU) viene pagata in tutti e 50 gli Stati dell’Unione, con imposte (ed esenzioni) decise a livello delle contee con una tassazione pro-capite annua, in percentuale del valore di mercato dell’immobile, che va dallo 0,18% della Lousiana al all’1,89% del New Jersey. (Fonte fino al 2009: https://taxfoundation.org/article/property-taxes-owner-occupied-housing-state-2004-2009).

Lo stato del New Hampshire, riconosciuto come paradiso fiscale americano in quanto non impone ai suoi cittadini alcuna imposta sul reddito da lavoro (solo un 5% per cento su interessi e dividendi da capitale), non disdegna affatto la nostra futura TASI, imponendola ai proprietari di abitazione per una media che all’ultimo rilevamento era di quasi $2500 pro-capite (Fonte: https://taxfoundation.org/state-tax-climate/new-hampshire)


C’è di più. Negli USA una-casa-è-una-casa (an house is an house is an house) cioè paghi la tassa per il proprietà  anche se è la tua prima casa, in ottemperanza alla lampante equivalenza che se sei un lavoratore in affitto con 0 $ sul conto corrente sei povero mentre se possiedi una casa che vale 300mila $, anche se è la tua unica abitazione, sei ricco, anche se, come il lavoratore in affitto, hai 0 $ in banca, semplicemente perché la casa puoi venderla oppure ottenerci un prestito con immobile a garanzia. In Italia invece le due figure di non proprietario e proprietario sono entrambe povere, per il fisco. Perché la prima casa è sacra e vale comunque 0 $. Le mura non contano. Sono solo le banconote a essere sterco del demonio, secondo quanto ci hanno insegnato da piccoli.

Ma torniamo a chi dovrebbe pagare la TASI nel 2014, o come diavolo si chiamerà, proprietario o inquilino? Il presupposto della TASI o Real Estate Tax è che un immobile beneficia di una serie di servizi pubblici indivisibili di prossimità (in aggiunta ai rifiuti che sono invece divisibili, come la fornitura di acqua al condominio) come ad esempio l’illuminazione stradale, la cura nel verde nei dintorni, le strade di collegamento, la vicina stazione della metropolitana, gli asili pubblici gratuiti e così via. Tutte questi servizi forniti dalla amministrazione locale (contea negli USA, comuni in Italia) qualcuno li deve pagare. Li programma e li paga il comune, ovviamente, che sceglie  di realizzare le opere (siete appassionati di Sim City? Ecco, allora supponete di essere voi a realizzare quei servizi quando decidete di fare una strada, un’ospedale e così via) per poi recuperare il denaro con le tasse locali. Questi servizi si suppone aumentino il valore della casa come anticipo di vendite o redditi da affitto futuri. Una casa a New York vale di più di una casa nel deserto dell’Arizona, proprio per la presenza di tutti i servizi pubblici indivisibili. E il valore della casa si tira dietro il valore degli affitti.

Chi beneficia di questi  servizi pubblici indivisibili, se non il proprietario, in quanto i servizi stessi sono quasi sempre investimenti a lungo termine? Non è un caso che ai costruttori di nuove abitazioni vengano chiesti oneri urbanistici accessori alla costruzione di nuove unità residenziali. Per condividere parte di quegli investimenti che il Comune da solo non riesce a coprire con le tasse locali. Gli oneri urbanistici vengono dunque realizzati dal costruttore che poi li scarica sul compratore-proprietario, com’è ovvio. Che li scaricherà sull’affittuario, meno ovvio ma tant’è.

Ora, nel tentativo di ingraziarsi ulteriormente l’80% dei proprietari di case italiani è opportuno che il Governo si faccia sedurre dall’idea di far pagare a me (che sono affittuario) la TASI? Certo, da residente dell’immobile sono io nell’immediato a beneficiare di quei servizi pubblici, io giro tranquillo la sera grazie ai lampioni accesi, io passeggio nel verde curato dal Comune di Milano, sono io a usare le strade e la stazione della metropolitana mentre il proprietario invece se ne sta in barca a Portofino, per dire, e non ne gode. L’asilo pubblico non mi serve perché non ho figli ma probabilmente lo userei. Quindi a prima vista dovrei pagare io quei servizi. Ma magari io ci sto solo 4 anni in affitto in quella casa, è giusto che paghi io gli investimenti e i loro ammortamento annuale? A me cosa resta alla fine del contratto 4+4 di affitto? Forse che quando me ne vado mi porto via i lampioni, strappo le zolle dal parco, faccio le buche nella strada e metto una bomba in metropolitana? Faccio demolire l’asilo pubblico?

Certo che no. E’ questo il presupposto della tassa di proprietà, che il valore dell’immobile, come una qualunque moneta, mantiene e modifica il valore nel tempo, in funzione anche dei servizi pubblici fruiti, con il proprietario che ne godrà per tutta la durata dell’immobile attraverso un aumento del valore economico del suo bene. Per tacere del fatto che anche io inquilino in realtà contribuisco già a pagare quei servizi comunali, perché contemporaneamente all’IMU-TASI esistono l’addizionale comunale dell’IRPEF che pago mentre sono residente in quel Comune. Quindi faccio già la mia parte in base alla mia capacità contributiva, limitata al tempo in cui produco il reddito in quel luogo.

Ne risulta ovvio (come negli USA hanno capito tutti e 50 gli Stati) che sia il proprietario della casa che ha una capacità contributiva implicita (è  cioè ricco nell’accezione fiscale americana e non italiana) a pagare la sua quota dei servizi pubblici indivisibili, tramite una qualche forma di Real Estate Tax. Che si chiami TASI o in altro modo. Questa faccenda l’hanno capita e la applicano in tutto il mondo, dove i proprietari sono considerati persone benestanti soprattutto se hanno ereditato la casa senza mai pagarci tasse o addirittura (come avviene spesso in Italia) l’hanno comprata con i soldi in nero. E’ una verità dai presupposti microeconomici indiscutibili, perché noi ci giriamo ancora intorno?

E se non bastasse l’approccio naturalista-pragmatico del sistema fiscale mondiale opposto all’approccio elettorale nostro, c’è un punto che dovrebbe porre fine alla discussione. Il proprietario di solito già trasferisce il costo dei servizi pubblici indivisibili all’affittuario, in un mercato di canoni liberi, tramite l’aumento dell’affitto. Succede perché c’è già un rapporto di forza dal proprietario verso l’inquilino: avete mai provato a cercare affitto in una casa vicina alla metropolitana oppure lontana? Forse non vi chiede di più d’affitto, il proprietario? E se ci sono i lampioni, il verde, le strade gli asili? Non vi dice forse “guardi che bel quartiere, 2 mila euro al mese sono persino regalati!”. Semplicemente, in un mercato di canoni liberi, pagate di più l’affitto di case che godano dei servizi pubblici. E siccome il rapporto di forza tra proprietario e inquilino generalmente non è ribaltabile l’inquilino, pagando la TASI, rischierebbe di pagare i servizi due volte: una volta al Comune e l’altra al Proprietario che dubito rinuncerà alla sua affabilità per strappare il doppio di affitto per una casa a New York City invece che nel deserto dell’Arizona.

Chiaro? Noi da inquilini quei servizi già li paghiamo. Soprattutto in un Paese che tartassa gli inquilini rispetto ai proprietari non facendo niente per ridurre il gap tra locazioni e stipendi.

Letta (o chi verrà dopo di te), io la TASI non la pago.

 

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Paolo Landi