Pfizer e gli altri colossi che hanno (o hanno avuto) problemi con il fisco per miliardi di euro
L'inchiesta sul colosso del farma, con un presunto illecito sopra il miliardo di euro, riporta alla luce quello che è uno dei grossi problemi dell'evasione: i rapporti tra fisco e le grandi multinazionali
Mentre il Governo Meloni promette una serrata lotta all’evasione fiscale delle multinazionali scoppia il caso Pfizer. Il colosso farmaceutico è sotto la lente della Guardia di Finanza per evasione fiscale. L’indiscrezione partita dall’agenzia Bloomberg si riferisce ad una verifica delle fiamme gialle sulla società che avrebbe nascosto almeno 1,2 miliardi di euro, trasferendo denaro ad affiliate negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi per evitare le tasse sugli utili. La filiale italiana della società che si trova alle porte di Roma-scrive Bloomberg-avrebbe inviato il capitale a consociate estere collegate a Pfizer Production LLC e Pfizer Manufacturing LLC con sede nel Delaware.
L’indagine sulla multinazionale con sede a New York è iniziata a febbraio e riguarda gli anni 2017, 2018 e 2019, un fatto quindi antecedente all’emergenza Covid e che ci è stato confermato dalle nostre fonti ma non è stato ancora notificato alla Pfizer perché in fase di verifica. L'azienda farmaceutica Pfizer é la più grande società del mondo operante nel settore della ricerca, della produzione e della commercializzazione di farmaci e con il Covid ha raddoppiato i suoi incassi dichiarando 37 miliardi di dollari di profitti nel 2021 ottenuti dalla vendita dei vaccini contro il Covid-19.
Ma Pfizer non è l’unica multinazionale ad aver avuto guai con il Fisco. Infatti negli ultimi anni sono numerose le società scoperte a trasferire i loro capitali utilizzando sempre lo schermo di società con sedi in Paesi dell’Unione Europea ma a fiscalità privilegiata come Lussemburgo, Belgio e Olanda e Gran Bretagna.
«Le multinazionali per ridurre se non azzerare la tassazione, riescono a spostare i loro profitti in Paesi che garantiscono trattamenti favorevoli, anche se non tecnicamente Paradisi fiscali» commenta Marcello Ascenzi Commercialista e Revisore legale esperto di consulenza tributaria internazionale.
In che modo le multinazionali eludono il fisco?
«Le indagini della Commissione europea, sezione antitrust, hanno avuto il pregio di pubblicare le strutture attraverso le quali alcune multinazionali hanno risparmiato le imposte. Dalle verifiche della Commissione europea è emerso ad esempio il caso Apple, che attraverso una costruzione di società avrebbe avuto dall’Irlanda vantaggi fiscali per 13 miliardi di euro».
Qual è la soluzione?
«Il problema non è tanto la legalità o meno delle strutture societarie perché spesso ci troviamo davanti a pianificazioni conformi alle norme, bensì il risultato a cui giungono in termini di tassazione. Infatti alcuni gruppi societari riducono in maniera lecita la tassazione, a volte azzerandola (lo ha dimostrato la Commissione europea). Quindi risolvere il problema di una tassazione equa delle multinazionali non è facile visto l’interpretabilità delle norme vigenti e la facilità con cui grazie all’economia digitale si riesca a spostare facilmente redditi e patrimoni in cerca di risparmi fiscali. Ma oggi la ricerca dei grandi evasori deve essere la priorità al posto della caccia alle partite IVA dei piccoli imprenditori che con 25.000 euro di fatturato devono emettere fattura elettronica, perché considerati a rischio di divenire temibili evasori. Inoltre c’è da aggiungere che gli Stati stanno lavorando a sistemi di tassazione globale ma subentrano comunque interessi in gioco legati alla mercificazione delle imposte. Infatti alcuni Paesi garantiscono trattamenti favorevoli in cambio di posti di lavoro, know how che le multinazionali possono spostare, dando luogo a quella che qualcuno ha definito concorrenza tra Stati».
Cosa si sta facendo attualmente per arginare il fenomeno?
«La questione non è certo di poco conto e da diversi anni le organizzazioni internazionali tra cui OCSE, G20 e UE cercano di trovare regole comuni per arginare il fenomeno, troppo complesso per essere risolto dal singolo Paese.Nell’Unione europea oltre alle esigenze tributarie legate ad evasioni associate a comportamenti abusivi nella pianificazione fiscale, assume un ruolo centrale la tutela della concorrenza. In tale contesto la Commissione europea ha identificato una serie di tax ruling (accordi tra multinazionali e gli Stati UE), concessi da diversi Paesi dell’Unione astrattamente idonei a mettere in pericolo la concorrenza quindi il mercato e i piccoli operatori. Il problema non è solo il gettito del singolo Paese ma anche gli effetti sulla sua economia e sicuramente una accelerazione verso la soluzione aiuterebbe i bilanci del nostro Stato, nonché renderebbe più equo il mercato dei piccoli contro i giganti».
Il report dei grandi evasori dell’Agenzia delle Entrate
Apple
Alla fine del 2015 la Apple ha pagato al Fisco italiano 318 milioni di euro, l’intera somma contestata dall’Agenzia delle Entrate, a seguito di una complessa indagine condotta, in particolare, dal nucleo antifrode e dall’Ufficio Grandi contribuenti. La società di Cupertino ha, infatti, siglato un accertamento con adesione accettando tutti i rilievi formulati dall’Amministrazione italiana, creando un precedente importante a livello internazionale. La notizia di questo accordo ha fatto il giro del mondo e il successo del Fisco italiano ha trovato spazio anche sulle pagine del Financial Times, del Telegraph e del Guardian, di El Pais, di Le Monde, del Times e del New York Times che scrive “è la prima volta che un singolo Paese europeo si focalizza sulla struttura fiscale complessa della società”.
Nel 2017 l’Agenzia delle Entrate e Google hanno siglato un accertamento con adesione per gli anni di imposta compresi tra i il 2009 e il 2013. In base all’adesione, Google ha accettato di pagareoltre 306 milioni di euro, comprensivi anche degli importi riferibili al biennio 2014 e 2015 e a un vecchio contenzioso relativo al periodo 2002-2006. Gli importi sono complessivamente riferibili sia a Google Italy che a Google Ireland.
Amazon
A fine 2017, l’Agenzia delle Entrate e Amazon hanno siglato un accertamento con adesione per gli anni di imposta compresi tra il 2011 e il 2015. In questo caso, Amazon ha accettato di pagare 100 milioni di euro. Gli importi sono riferibili sia ad Amazon EU S.ar.l che ad Amazon Italia Services srl.
A novembre 2018 l’Agenzia delle Entrate e Facebook hanno siglato l’accertamento con adesione per chiudere la controversia relativa alle indagini fiscali condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, relative al periodo tra il 2010 e il 2016.Il percorso di definizione tra Agenzia delle Entrate e Facebook si è basato su una parziale riconfigurazione delle contestazioni iniziali, senza alcuna riduzione degli importi contestati, e ha dato luogo ad un pagamento di oltre 100 milioni di eurocomplessivamente riferibili a Facebook Italy Srl.
Mediolanum
A fine 2018 il Gruppo Mediolanum ha siglato con l’Agenzia delle Entrate l’accertamento con adesione relativo a contestazioni che hanno interessato i rapporti con la controllata Mediolanum International Funds Limited. Il percorso di adesione si è basato su una riconfigurazione delle iniziali contestazioni di esterovestizione, definendo la questione sul piano della rideterminazione dei prezzi di trasferimento per le annualità dal 2010 al 2013 e ha dato luogo a un pagamento di 79 milioni da parte del gruppo.
Kering
Il 9 maggio 2019, il gruppo Kering ha definito con l’Agenzia delle Entrate alcune contestazioni mosse alla propria controllata svizzera Luxury Goods International S.A. (LGI). La definizione, contraddistinta da un approfondito contraddittorio e da spirito collaborativo, ha riconosciuto che parte dei rilievi mossi in sede di verifica riguardano la sussistenza di una stabile organizzazione in Italia nel periodo tra il 2011 e il 2017. La definizione comporterà il pagamento di una maggiore imposta pari a 897 milioni di Euro, oltre a sanzioni e interessi per un totale di oltre 1,2 miliardi di euro.
Ubs
Nella prima metà del 2019 l’Agenzia delle Entrate ha chiuso l’accertamento con adesione con il gruppo Ubs che ha pagato quasi 102 milioni di euro. La sottoscrizione di atti di adesione da parte dell’istituto di credito elvetico si riferisce al periodo 2012-2017 e prende le mosse dalla complessa attività di indagine del Settore Contrato illeciti dell’Agenzia delle entrate, di concerto con la Procura della Repubblica di Milano. I rilievi riguardano la mancata dichiarazione di redditi di capitale e redditi di impresa oltre alle sanzioni per la violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale. L’accordo ha permesso, inoltre, di formalizzare la presenza in Italia di UBS per le successive annualità di imposta, con la relativa presentazione della dichiarazione e la garanzia di entrate tributarie costanti nel nostro Paese.
Netflix
Il 24 marzo 2022, la società Netflix International BV ha sottoscritto due accertamenti con adesione per il mancato versamento delle imposte dovute Ires e Irap nel corso del quinquennio 2015-2019. L’accordo è stato finalizzato in data 29 marzo 2022 con il pagamento da parte di Netflix di 55,8 milioni di euro, in un’unica soluzione. Le indagini condotte dai nuclei di polizia tributaria avevano infatti rilevato l’esistenza sul territorio italiano di una stabile organizzazione che, tuttavia, non era stata formalmente costituita dalla società che eroga servizi streaming in abbonamento in tutto il mondo.