Rincari estate 2021: dal caffè alla pizza tutto costa di più
La voglia di vacanza degli italiani deve fare i conti con un aumento generalizzato dei prezzi nelle località turistiche più gettonate
È un'estate difficile per gli italiani quella del 2021. Dopo oltre un anno di pandemia tutti hanno solo una gran voglia di staccare la spina e lasciarsi alle spalle crisi e problemi economici magari sorseggiando un mojito in riva al mare. Pochi però, potranno davvero permetterselo.
Codacons, infatti, evidenzia che il 38% della popolazione non potrà permettersi un posto al sole a causa delle conseguenze della crisi economica e sociale dovuta al Covid.
Un'estate all'insegna dei rincari
Per gli altri l'estate della ripartenza sarà anche quella dei rincari. Le ferie costeranno circa 100 euro in più a persona rispetto al 2020 e a pesare sui conti delle famiglie prima ancora di chiudere il gas e fare le valigie sarà ogni singola voce di spesa, nessuna esclusa.
Basti pensare che al momento della prenotazione di un pacchetto vacanza se si decide di scegliere l'opzione "rimborsabile in caso di impossibilità di viaggio dovuta al Covid" si potrebbe pagare anche il 100% in più rispetto alla tariffa base. Questo perché la cancellazione gratuita ha dei costi che tour operator e albergatori non riescono più ad ammortizzare sebbene nel 2020 proprio quello della cancellazione gratis sia stato l'escamotage più utilizzato dai servizi di booking per invogliare i pochi turisti a muoversi facendo slalom tra lockdown, restrizioni varie, tamponi e mascherine.
Le ragioni dei rincari
Già decidere di partire, quindi, implica la presa di coscienza del fatto che viaggiare costa più caro. Sia perché le nuove norme di igiene e sicurezza hanno fatto sì che l'intero settore terziario relativo a beni, servizi e turismo abbia dovuto compiere un enorme sforzo in termini di adeguamento alla ricezione e al passaggio del pubblico presso le proprie strutture sia perché, senza troppi giri di parole, rialzare i prezzi significa tentare di tamponare oggi le ferite economiche figlie della pandemia.
E se questo è vero per le grandi imprese tanto di trasporto quanto di soggiorno (le tariffe dei biglietti aerei sono aumentate in media del 15% e la corsa al rialzo della benzina sembra inarrestabile mentre i prezzi degli alberghi sono cresciuti del 9%) ancora più vero è per i piccoli esercenti e per il commercio al dettaglio. Andare in spiaggia tra luglio e agosto costa il 17% in più rispetto allo scorso anno con lettini e ombrelloni sempre più cari; ma anche prendere un caffè al bar o cenare in riva al mare è diventato un lusso, specie nelle località a maggior richiamo di turisti dove si registrano aumenti del 20, 25% su aperitivi e cene.
Anche nel caso dei servizi di ristorazione le congiunture vanno viste in ottica micro e in ottica macro economica.
L'aumento del costo delle materie prime
Da un punto di vista "macro" la premessa è che il cibo costa di più. Un dossier del FAO riportato dalla rivista Focus ha documentato come lo choc pandemico abbia portato a un forte aumento il costo delle materie prime base che vengono vendute a un prezzo del 27% maggiore rispetto al 2020 con punte del 75% sugli oli (soprattutto colza, soia e palma) e del 33% sui cereali. Fare la spesa, quindi, costa di più. Per tutti.
A questo, però, si aggiunge il ritocchino dei singoli esercenti che in maniera più o meno spudorata o elegante hanno rivisto il menù aumentando i prezzi.
I ritocchini dei prezzi
Un recente studio condotto nelle più note città di villeggiatura da parte di Consumerismo no profit ha documentato come da maggio a oggi, in concomitanza con l'allentamento delle misure di contenimento del virus, in tutta Italia i prezzi di bar e ristoranti siano lievitati. Addirittura subito dopo la fine dello stato di allerta molti listini prezzi venivano ritoccati a penna di percentuali che oscillano dall'1,5 all'1,7% dagli esercenti ansiosi di recuperare parte del mancato incasso figlio della pandemia.
Il dossier riporta dati e cifre di un aumento generalizzato del settore ristorazione che si attesta dal 5 al 10% con punte e picchi locali. Un anno fa, ad esempio, prendere un aperitivo al bar costava circa 10 euro, oggi con meno di 12 non si serve neppure un bicchiere di bianco caldo. Un espresso a meno di 1,20 al bancone è introvabile.
La mappa
Puglia e Campania, da quanto risulta dallo studio, sono le regioni dove i rincari si fanno sentire di più.
Un primo piatto servito a Lecce, Otranto o Ostuni può arrivare a costare anche 3 o 4 euro in più rispetto al 2020; a Gallipoli per un cocktail in spiaggia con bicchiere di plastica si spendono anche 12 o 15 euro. Un piatto di pasta a Cagliari costa 5 euro in più del 2020.
A Napoli con un caffè al tavolo arriva anche uno scontrino da 3,50 euro, mentre un semplice spritz con qualche stuzzichino costa 9 euro con un rincaro secco del 15%b rispetto al 2020.
Pizzerie e friggitorie hanno fatto lievitare i conti del 20% e i ristoranti del 15%.
Il caro prezzi non risparmia neppure i divertimenti extra. Se per concerti e discoteche bisogna ancora avere un po' di pazienza una giornata all'acqua park può costare davvero cara.
Servizi extra
Federconsumatori ha calcolato che una famiglia di 4 persone spende circa 200 euro per scivoli e gonfiabili in piscina con prezzi in salita dell'1,6% rispetto al 2019.
In questo caso i rincari sono "mascherati" dato che i biglietti in media costano circa il 7% in meno rispetto allo scorso anno. Ad aumentare sono stati gli "extra" dal noleggio dei gonfiabili, al caffè o panino a bordo piscina.
In molti casi, infatti, il divieto di introdurre cibo o vivande nel parco implica l'obbligo celato di sostenere spese in più che pesano sul bilancio finale di una giornata al parco.