Buone notizie: la tassa di soggiorno è diventata un tesoro da 700 milioni per città e comuni
Il boom del turismo, soprattutto straniero, ha portato nel 2023 al +10% con una cifra complessiva record sopra i 700 milioni
La tassa di soggiorno costituisce un vero e proprio tesoretto italiano. Nel 2023 infatti per la prima volta è stata superata quota 700 milioni (702 per la precisione) con una crescita rilevante del 10%. Crescita legata al grosso successo del turismo in tutta la penisola ed al fatto che la platea di comuni che chiedono la «gabella» a chi pernotta lontano da casa sta anch'essa aumentando.
Sono 1.013 infatti i Comuni che nel 2023 hanno incassato imposte dai turisti, con una crescita costante ed inarrestabile. Secondo un’indagine dell’osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno si tratta di un dato record giustificato non solo dall’aumento del numero dei comuni che oggi aderiscono all’iniziativa, ma dovuto anche all’aumento degli importi richiesti ai turisti. Ad oggi, la tassa di soggiorno può arrivare fino a 5 euro ad eccezione di città come Roma e Venezia e per i comuni capoluogo di provincia con elevata presenza turistica, dove l’importo massimo è fissato a 10 euro. Se nel 2011, con la reintroduzione dell’imposta, aderirono all’iniziativa soltanto in 11 comuni, poi nel 2017 e 2018 si è passati da 746 a 901 fino ad arrivare ai 1.013 attuali. Tra le città avvantaggiate dall’arte e dalla cultura c’è senza dubbio Roma che solo con gli incassi del primo semestre del 2023 ha toccato i 61 milioni di euro. A seguire, sempre nello stesso periodo, Milano con 28,9 milioni di euro, Firenze 24,7 milioni di euro, Venezia 15,1, Napoli 7,4, Bologna 5,8, Torino 4,7, Verona 2,4 e Matera che sfiora i 2 milioni (fonte: Osservatorio). Sono tante le città in cui durante il 2024 si pagherà una tassa 10 euro a persona. Infatti, oltre a Roma, in città come Rimini, Firenze, Venezia e Pisa, dove l’afflusso turistico supera di 20 volte quello dei residenti, è stato permesso di alzare il tetto massimo della tassa di soggiorno proprio a 10 euro. Un dato questo, che emerge nella mappatura geografica realizzata dall’Osservatorio in cui il centro Italia si aggiudica la quota più consistente con il 37 per cento degli incassi della tassa – pari a 258 milioni di euro – seguita dal nord-est con il 18 per cento (126 milioni di euro) e infine dal sud con l’11 per cento (79 milioni di euro) e le isole con il 6 per cento (43 milioni di euro).
E’ importante chiarire che la tassa di soggiorno è così definita erroneamente. Si tratta, invece, di un’imposta, e dunque di un tributo a carico dei contribuenti che soggiornano in strutture ricettive nei Comuni che hanno istituito l’imposta nata come tassa nel lontano 1910 e applicata all’epoca soltanto nelle stazioni balneari e termali.
In seguito, con il Regio decreto del 1938, la tassa diventò un’imposta rimasta attiva fino al 1988, quando si scelse di abolirla per ridurre i costi del turista e aumentare le presenze turistiche in Italia anche in vista dei mondiali di calcio del 1990. Tuttavia l’abolizione della tassa non portò ai risultati sperati, infatti i dati mostrano che se nel 1988 si registrano 188.371 presenze turistiche, poi nel 1989 ce ne sono 187.301 (fonte dati ISTAT). La imposta di soggiorno fu reintrodotta solo nel 2011, quando a seguito del federalismo fiscale comunale, con la legge n. 42/2009 si puntò a dare maggiore autonomia agli enti locali. Lo scopo dell’imposta di soggiorno è proprio quello di riscuotere somme di denaro necessarie a incrementare gli investimenti turistici senza impattare sulla tassazione dei residenti. La legge nazionale fissa soltanto pochi principi generali legati alla destinazione del ricavato riservato a investimenti turistici e le soglie di pagamento da applicare ai turisti. Per questo, esiste un elevato grado di personalizzazione a livello locale dei parametri sull’imposta e quindi è il comune che decide le tariffe, le esenzioni e le scadenze dell’imposta di soggiorno. Per questa ragione, esiste una forte disparità di tariffe applicate dai comuni, ma i dati in crescita mostrano che per alcune città italiane l’incasso del tributo è un vero e proprio tesoro. E allora, come sono destinati i soldi raccolti dalle imposte di soggiorno?