Follia Ue, ecco la tassa sulle «flatulenze»
Gli allevatori in Danimarca pagheranno per le «emissioni» di metano del bestiame, ovviamente in nome dell'ambiente
Signore e signori eccoci alla Tasse sulle Flatulenze. In nome della politica green europea in Danimarca gli allevatori di bestiame dal 2030 saranno tassati per le “emissioni” di metano di mucche, pecore e maiali. È il primo Paese al mondo che decide di affrontare il cambiamento climatico anche in questo modo. La Danimarca conta un milione e mezzo solo di mucche (dati Statistic Denmark 2022). Fatti due conti, a grandi linee, non siamo lontani dai 400 milioni di euro di proventi (solo per le mucche).
Copenaghen ha l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra del 70% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. E la nuova tassa rientra in questa politica. Così gli allevatori dovranno pagare 300 corone (circa 40 euro) per ogni tonnellata di anidride carbonica equivalente prodotta dai loro capi di bestiame. La tassa salirà poi a 750 corone (circa 100 euro) entro il 2035. È però prevista una detrazione del 60% sull’imposta sul reddito; quindi, il costo effettivo sarà all’inizio di 120 corone (circa 16,9 euro) per tonnellata, salendo poi a 300 corone (circa 40 euro) nel 2035. Nel pacchetto del governo sono previsti incentivi per gli agricoltori per ridurre le emissioni e la detrazione fiscale del 60% dovrebbe essere garantita per i primi due anni.
Una mucca danese produce in media 6,6 tonnellate di CO2 all’anno (un po’ meno i maiali e le pecore). Contando le mucche danesi si arriva a proventi milionari che, almeno nel primo periodo, saranno utilizzati per sostenere la transizione verde del settore agricolo, stando alle rassicurazioni del governo di Copenaghen. Quello che ancora non è chiaro è come verranno misurate le “emissioni” (flatulenze e rutti) dei singoli animali. Si possono fare delle stime (quelle 6,6 tonnellate medie prese come parametro), ma c’è da scommettere che gli allevatori, davanti a una cartella esattoriale, pretenderanno un conto preciso.
Prima della Danimarca ci aveva provato la Nuova Zelanda, con una proposta di legge che prevedeva la tassazione di tutte le emissioni di bestiame a partire dal 2025, Ma la forte opposizione di agricoltori e allevatori, unita al cambio di governo, ha congelato per ora la nuova tassa.
Quello che è certo è che gli allevamenti sono tra i principali responsabili del cambiamento climatico. Sono tanti gli studi che lo confermano. Secondo il Centro comune di ricerca della Commissione europea il settore zootecnico è causa dell’80% delle emissioni di ammoniaca nell’aria e di azoto nell’acqua. Il Programma ambientale dell’Onu sostiene che mucche, capre e maiali rappresentano il 32% delle emissioni di metano causate dall'uomo. E si sale al 40% in Italia. Nel nostro Paese gli allevamenti intensivi sono la seconda fonte di polveri sottili dopo il riscaldamento (dati Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca). Gran parte delle emissioni nel mondo proviene dal metano, prodotto proprio da flatulenze, rutti e letame delle mucche.
Nell’Unione Europea ci sono 143 milioni di capi di bestiame (Eurostat). In cima alla classifica c’è la Spagna, seguita da Francia e Germania. E l’Italia? Quarta posizione, con oltre 6milioni e mezzo di bovini, otto milioni e mezzo di maiali o otto milioni abbondanti di pecore e capre. In Danimarca allevatori e agricoltori sono sul piede di guerra per la nuova tassa green. Cosa succederebbe in Italia, dove ci sono 11 mucche ogni 100 abitanti (con numeri in crescita)? È facilmente prevedibile.