Telecom Italia-Vivendi, 6 cose da sapere
I dettagli dell'offerta per Gvt, la controllata di Vivendi, le prospettive e le incognite per i piccoli azionisti
È stata una delle poche notizie sensibili della solitamente addormentata settimana ferragostana, anche se gli effetti sul listino sono stati finora nulli, quando non addirittura negativi. Ma l’attenzione di mercati e analisti verso l’offerta di Telecom Italia per Gvt, società brasiliana di telecomunicazioni e banda larga controllata dal gruppo francese Vivendi , resta alta. Ecco i dettagli dell’operazione, e gli scenari futuri che potrebbero derivarne.
La trattativa. Le indiscrezioni di stampa si sono rincorse a partire da fine luglio, ma soltanto nella giornata di ieri Telecom Italia, con una stringata nota, ha confermato che "sono in corso approfondimenti circa l'opportunità di presentare a Vivendi un’offerta di industrial combination che includerebbe l'integrazione delle attività brasiliane dei due gruppi". L'ex monopolista italiano, che appena 20 giorni fa aveva escluso l'opzione, ha comunque precisato che "nessuna offerta è stata a oggi finalizzata e che l'eventuale decisione di procedere è soggetta all'approvazione degli organi sociali", peraltro non ancora convocati. A giudicare dalle indiscrezioni, però, un cda straordinario potrebbe essere in effetti calendarizzato tra il 25 e il 27 agosto, subito prima dell’analogo appuntamento già fissato per Vivendi. Che al momento precisa di aver ricevuto una sola offerta, quella di Telefonica.
L’offerta. Telecom Italia, assistita da Mediobanca e Citigroup in qualità di advisor, valuterebbe Gvt circa 7 miliardi di euro. Un prezzo molto alto, pari a circa 10 volte il margine operativo lordo (ebitda) della società brasiliana, che nonostante vanti tassi di crescita a due cifre e una leadership di mercato con 150 città coperte dalla sua rete fissa e 700 abbonati alla banda larga (oltre a contare l’esclusiva sulla distribuzione dello streaming di Universal e Canal Plus nel Paese), non ha mai raggiunto l’utile netto. Ma il prezzo è necessario per battere l’offerta rivale da 6,7 miliardi tra cash e partecipazioni, presentata dagli spagnoli di Telefonica.
Il piano finanziario. A differenza della proposta spagnola, il deal messo a punto dalla società oggi guidata da Marco Patuano non prevede alcun esborso immediato di cash. L’offerta, infatti, prevede la fusione tra Gvt e Tim Brasil, controllata locale e vero gioiellino di Telecom Italia. Anche se, viste le differenti valutazioni, per mantenere la quota paritetica nella nuova joint venture Telecom dovrà iniettare in Tim Brasil nuovi capitali per circa 2 miliardi. Il resto del pagamento avverrà cedendo il 20% della società italiana (che ai prezzi di oggi vale circa 3,1 miliardi) a Vivendi che ne diverrebbe così il primo azionista.
Gli incroci pericolosi. Molti, ma non infrequenti nei salotti finanziari europei (e in quelli del settore tlc in particolare), gli intrecci di cariche e partecipazioni tra i protagonisti dell’affaire Gvt. Telefonica, per esempio, ha presentato un’offerta concorrente a quella di Telecom Italia, gruppo di cui però è anche - attraverso la newco TelCo - uno dei principali azionisti; la sua controllata sudamericana Vivo, per la quale da tempo si vociferava di possibili sinergie con Tim Brasil, diventa ora una rivale nella corsa alla joint venture con Gvt. Non è finita: Vincent Bolloré, numero uno di Vivendi, è da poche settimane anche secondo azionista e vicepresidente di Mediobanca, che ha assistito Telecom Italia e ne è a sua volta azionista.
Gli scenari di business futuri. Se Telecom Italia conquistasse Gvt, la francese Vivendi (oltre a ritrovarsi primo azionista del gruppo senza esborsi di denaro e senza pericolo di contestazioni da parte dell’Antitrust europea) vedrebbe spalancarsi, per i suoi contenuti media distribuiti via banda larga, un mercato dai margini di crescita ampi, dove la società italiana è ancora deficitaria (soprattutto per quanto riguarda cinema e sport, che invece sono il piatto forte di Canal Plus) ma può vantare una diffusione capillare a livello di utenze. In Brasile, invece, sinergie industriali e razionalizzazione dei costi potrebbero fare volare i margini operativi del nuovo player. Telecom, infine, ridimensionerebbe sia al suo interno sia sul mercato sudamericano la minaccia di Telefonica, partner a costante rischio di posizione conflittuale su più fronti. E potrebbe tornare rapidamente a incrementare ricavi, utili e flusso di cassa dopo un primo semestre non certo brillante .
Le incognite. Come evidenziano gli analisti di settore, tuttavia, i nodi da sciogliere restano parecchi, soprattutto a livello finanziario. È improbabile, per esempio, che gli azionisti di minoranza di Telecom Italia possano beneficiare di qualsiasi premio da takeover vista la riorganizzazione del controllo del gruppo e il mancato arrivo di denaro fresco. Proprio per questo motivo, anzi, non è da escludere, pur se improbabile nell’immediato, un nuovo aumento di capitale che porti il valore delle azioni in portafoglio a ridursi sensibilmente, visto che dei 2 miliardi da iniettare in Tim Brasil solo un quarto arriverebbero da risorse già disponibili. Non meno importante, viene meno la possibilità di un’eventuale cessione di Tim Brasil, che avrebbe reso possibile un’importante riduzione dei debiti e magari un dividendo straordinario.