Terremoto: quanto costa mettere in sicurezza l'Italia
Per trasformare l'Italia nel Giappone d'Europa sono necessari da 25 a 40 miliardi di euro: sono le stime fatte dai governi negli ultimi 15 anni
In Italia il 40 per cento dei comuni può essere colpito dai terremoti, ben 29.000 chilometri quadrati di territorio sono a rischio alluvione e il 70 per cento dell’intero patrimonio abitativo deve essere ristrutturato per migliorare la sicurezza. Percentuali che non dovrebbero sorprendere il Parlamento: sono contenute nella mozione sulla difesa del suolo approvata il 22 ottobre 2014.
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Gli italiani, detto altrimenti, vivono sopra una bomba ad orologeria che potrebbe esplodere da un momento all’altro: sotto forma di terremoti, alluvioni ed eruzioni vulcaniche - siamo il paese europeo continentale con il maggior numero di vulcani attivi o quiescienti (come il Vesuvio). Ma sono anche i primi a vivere incrociando le dita: solo l’1% dei 33 milioni di case sono coperte da una polizza contro terremoto e calamità naturali.
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Cosa mettere in sicurezza
I giapponesi, ripetono gli esperti, sanno come si fa: un sisma come quello registrato ieri tra Lazio, Umbria e Marche si verifica una volta al mese senza le drammatiche conseguenze che abbiamo visto in questi giorni ad Amatrice (Rieti) ed Arquata del Tronto (Ascoli Piceno) e negli ultimi dieci anni anche a L’Aquila e Finale Emilia (Modena). Ma hanno investito parecchio in decenni: il solo sistema di monitoraggio e allerta terremoti, che sfrutta la tecnologia satellitare, è costato oltre 1 miliardo di dollari.
E, quindi, passiamo al pubblico: quanto costerebbe alle casse dello Stato mettere in sicurezza l'Italia per trasformarla nel Giappone d'Europa? Le cifre sono importanti, anche perché la natura sa essere particolarmente violenta nel nostro paese. Basta dare una sbirciata al primo rapporto Ance-Cresem sul tema, pubblicato nell’ottobre del 2012, quattro mesi dopo il terremoto dell’Emilia: le aree a elevato rischio sismico interessano il 36% dei comuni dove risiedono circa 22 milioni di persone e 5,5 milioni di edifici, tra residenziali e commerciali.
Il pericolo alluvioni - aree a elevata criticità idrogeologica - è ancor più esteso: interessa l’89% dei comuni, ma un numero inferiore di persone (5,9 milioni) ed edifici (1,2 milioni).
Frane e alluvioni, vittime e milioni di danni
Stime da capogiro, ma mai spese
Oggi si torna a parlare su più fronti di un piano per la manutenzione del territorio, con l’obiettivo di salvare vite umane, ma che sia in grado di rilanciare l’edilizia creando sviluppo e occupazione. Se ne parlava anche quattro anni fa. Corrado Clini, allora ministro dell’Ambiente del governo Monti, disse che per mettere in sicurezza l’Italia sarebbero stati necessari 24 miliardi di euro in vent’anni, pari a un investimento di 1,2 miliardi l’anno, una stima poi aumentata a 40 miliardi in 15 anni. Nulla di fatto.
Il rapporto Ance-Cresme, allora, ricordò tuttavia che nei quattro lustri che vanno dal 1991 al 2011, un ventennio in cui l’Italia ha vissuto il dramma del terremoto nelle Marche e in Umbria nel 1997, quello in Molise nel 2002 e il terremoto che distrusse L’Aquila nel 2009, il nostro Paese ha speso solo 10 miliardi di euro per interventi di manutenzione del territorio, meno di 500 milioni l’anno, in gran parte finiti ad altro.
Sul fronte alluvioni, nel novembre 2002 (governo Berlusconi) il predecessore di Clini, Altero Matteoli, annunciò un maxi piano da 40 miliardi di euro in dieci anni per azioni di prevenzione. In realtà si è poi speso molto meno.
Ora c’è chi propone di utilizzare i 10-15 miliardi di euro della flessibilità concessi dalla Ue per riqualificare gli edifici in chiave antisismica: la metà di quanto richiesto nell’ottobre 2009 dall’allora capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, almeno 25 miliardi per mettere in sicurezza il territorio. Cinque mesi prima, dopo il terremoto, era stato emanato un nuovo provvedimento per dare maggiore impulso alla prevenzione sismica: 1 miliardo di euro in 7 anni.