La guerra del gas in un anno è costata all’Europa 1.000 miliardi di euro
E, secondo gli analisti, il peggio deve ancora venire in un contesto in cui l’UE non ha capito che il vero problema è quello del risparmio energetico
La vera grande potenza sconfitta nella guerra del gas alla fine di un 2022 di lacrime e sangue è una e una soltanto: l’Europa. La sua incapacità di attuare scelte politiche ed economiche all’altezza di un’emergenza straordinaria ha messo a repentaglio l’economia stessa del vecchio continente con un conto che – finora - vale circa 1.000 miliardi di euro spesi per affrontare il caro energia a colpi di sussidi e sovvenzioni. E il prossimo anno le cose potrebbero andare ancora peggio. Una sentenza molto pensante quella che si evince analizzando i risultati dello studio condotto dalla rivista Bloomberg. Il magazine ha provato a fare i conti in tasca all’UE analizzando l’impatto del caro energia sui bilanci dell’alleanza e le somme sono tutt’altro che confortanti. Nonostante si sia giunti a un accordo sul price cap del prezzo dell’energia fissato a 180 euro Mwh si prevede che le bollette continueranno ad aumentare per tutta una serie di fattori concatenati che potrebbero determinare un contesto recessivo che si protrarrà fino al 2026.
Gli errori dell’UE
Uno dei fattori chiave è quello inerente alle riserve di gas. L’Europa si è dimostrata in grado di stoccare una buona quantità di gas (nonostante i prezzi record dellla scorsa estate) e di riempire le riserve per affrontare l’inverno e, complice un autunno estremamente mite, il sistema energetico europeo finora ha retto. Il problema è che proprio in questo momento il Vecchio Continente sta affrontando la prima vera ondata di gelo dell’anno e l’autorità di regolamentazione della rete tedesca ha avvertito che bisogna risparmiare più gas.
L’Ue è riuscita a ridurre la domanda di gas di 50 miliardi di metri cubi in un anno, ma per il 2023 serve un’ulteriore stretta da 27 miliardi di metri cubi nel 2023, dato che presuppone che le forniture russe scendano a zero e le importazioni cinesi di Gnl tornino ai livelli del 2021.
Basta con sussidi e sovvenzioni: i costi sono insostenibili
Inoltre fino a ora i Governi sono stati in grado di aiutare le aziende e i consumatori ad assorbire gran parte dei rincari record erogando oltre 700 miliardi di dollari di aiuti. Una cifra monster che con i tassi di interesse in aumento e le economie probabilmente già in recessione gli Stati nazionali non saranno in grado di sostenere dando un duro colpo a famiglie e imprese.
Il punto è che la capacità fiscale degli Stati è già al limite. Circa la metà dei paesi membri dell’Unione Europea ha un debito che supera il limite del blocco del 60% e procrastinare oltre l’indebitamento sarebbe folle.
Il futuro prossimo
Cosa succederà quindi ora? Nord Stream (il principale gasdotto che porta dalla Russia all’Europa) è stato sabotato a settembre azzerando praticamente le forniture e pertanto il rifornimento di stoccaggio sarà impegnativo e intaccherà anche le riserve per l’anno prossimo. Entro il 1 febbraio – secondo le disposizioni dell’UE - i serbatoi dovrebbero essere pieni almeno al 45% per evitare l’esaurimento entro la fine della stagione di riscaldamento e se l’inverno sarà mite, l’obiettivo è quello di lasciare i livelli di stoccaggio al 55% per allora.
Il nodo del Gnl
C’è poi il nodo del Gnl (il gas naturale liquefatto) con la Cina che ha ripreso a importarne parecchio (+7%) vista la fine delle restrizioni Covid e la prospettiva di una imminente ripresa economica. Anche il Giappone – primo importatore mondiale di Gnl – sta aumentando la richiesta di gas liquefatto e sta addirittura valutando la possibilità di istituire una riserva strategica, con il Governo che cerca anche di sovvenzionare gli acquisti, tutto ciò, ancora una volta, a scapito delle possibilità d’importazione europea.
Evitare il disastro annunciato per il 2023 è ancora possibile e l’AIE, autorità per l’energia, ha fornito una serie di raccomandazioni all’UE per affrontare il culmine della crisi in maniera razionale e oculata.
Ecco come evitare il disastro
La manica larga in tema di aiuti e sovvenzioni a fondo perduto infatti ha fatto sì che aziende e famiglie non andassero alla radice del problema dello sperpero energetico e del cattivo uso delle rinnovabili. Perché ormai non si tratta più di dare soldi o aiuti per finanziare i consumi, ma di spiegare e fomentare politiche che quei consumi li riducano.
L’AIE, conti alla mano, ritiene che sia necessario un investimento totale di circa 100 miliardi di euro per ulteriori azioni che riempiano il gap di 27 miliardi di metri cubi nel 2023. Circa la metà servirà per i miglioramenti dell’efficienza, principalmente per gli edifici e il 40% per energie rinnovabili. Il resto sarà per impianti a pompa di calore, biometano, e altri progetti.
Da novembre 2021 gli Stati membri dell’Ue hanno mobilitato circa 330 miliardi di euro in pacchetti urgenti e rivolti alla protezione dei consumatori da prezzi elevati, con costi di bilancio che si più o meno del 2% del Pil in alcune grandi economie, un paradosso che si deve fermare perché il risparmio energetico è l’unica chiave per sdoganarsi davvero da qualsiasi forma di dipedenza sul fronte dell’energia.