Tfr in busta paga: 10 cose da sapere
Cos'è, come funziona oggi e come funzionerà a partire da aprile il trattamento di fine rapporto
E' arrivato con un mese di ritardo, ma comunque è arrivato. Da venerdì 3 aprile, i lavoratori dipendenti italiani (con più di 6 mesi di servizio alle spalle) hanno la possibilità di farsi versare sulla busta paga il Tfr (trattamento di fine rapporto), cioè le quote di salario accantonate ogni anno per la liquidazione. Dopo essere stato inizialmente messo in agenda per il primo di marzo, il Tfr sulla busta paga ha subito uno slittamento di 30 giorni. Colpa di alcuni intoppi burocratici che hanno impedito alle aziende, in assenza di regole chiare, di pagare le prime quote già sugli stipendi di marzo. A parte i dettagli tecnici, resta aperto un interrogativo: come comportarsi di fronte alle novità in arrivo? Prima di rispondere, è bene conoscere dieci cose importanti. Eccole.
Di cosa stiamo parlando
Il trattamento di fine rapporto (Tfr) è una quota di stipendio pari al 6,9% della retribuzione lorda, che viene accantonata ogni anno dai lavoratori per farsi la liquidazione o per costruirsi una pensione di scorta privata, integrativa di quella pubblica. All'accantonamento di base, si aggiunge un ulteriore quota dello 0,5% (per un totale del 7,4%) che serve per alimentare un fondo di garanzia dell'Inps, il quale assicura sempre il pagamento del Tfr ai lavoratori, anche quando un'azienda fallisce.
Come si rivalutano le quote
I soldi accantonati per la liquidazione vengono rivalutati ogni anno di una quota fissa dell'1,5%, più i tre quarti del tasso di inflazione. Esempio: se l'aumento dei prezzi è del 2%, il Tfr maturato cresce in valore del 3% (1,5% fisso, più un altro 1,5% che corrisponde appunto ai tre quarti dell'inflazione). Se il Trattamento di fine rapporto viene destinato alla previdenza integrativa, la rivalutazione dipende invece dal rendimento del fondo pensionistico scelto.
Come viene tassato
Quando viene riscattato sotto forma di liquidazione, il trattamento di fine rapporto viene tassato con un meccanismo un po' complicato, che tiene conto dell'aliquota media applicata sullo stipendio del lavoratore negli ultimi 5 anni (in molti casi il prelievo è del 23%). Se il Tfr viene viene destinato alla previdenza integrativa, c'è invece una tassazione ultra-agevolata che arriva sino al 15% della rendita maturata e scende progressivamente sino al 9%, man mano che aumenta la lunghezza del piano di risparmio realizzato dal lavoratore. Se il dipendente si fa invece liquidare il Tfr sulla busta paga, gli incrementi di stipendio subiranno invece la tassazione ordinaria, cioè saranno soggetti all'irpef e dunque penalizzati dal punto di vista fiscale.
Più tasse da pagare
Non va dimenticato che l'irpef è un'imposta progressiva, con delle aliquote che variano tra il 23 e il 43% e crescono all'aumentare del reddito. Gli aumenti di stipendio generati dal trasferimento del Tfr in busta paga faranno dunque pagare molte più tasse ai lavoratori, di quelle che versano oggi tenendosi invece la liquidazione nelle forme tradizionali. Esempio: se un dipendente guadagna 1.500 euro netti al mese e si fa pagare sul salario anche il Tfr, gli aumenti ottenuti saranno tassati al 27%, cioè con l'aliquota marginale dell'irpef prevista per quello scaglione di reddito. L'aumento in busta paga lordo ottenuto, pari a circa 130 euro al mese, scenderà a circa 90 euro al netto delle tasse. Tenendo il Tfr così com'è o destinandolo ai fondi pensione, invece, lo stesso dipendente pagherebbe 100 o 200 euro in meno di tasse all'anno.
Dove si trova oggi il Tfr
Se il lavoratore aderisce alla previdenza integrativa, i soldi del Tfr vengono versati direttamente dall'azienda al fondo pensione. Se invece il lavoratore mantiene la liquidazione nelle forme tradizionali, gli accantonamenti oggi vanno all'Inps, ma solo se l'impresa ha più di 50 addetti. Nelle piccole aziende con un organico fino a 49 dipendenti, i soldi restano nelle casse della stessa impresa.
Quanto vale il tesoretto del Tfr
I flussi del Tfr accantonati ogni anno dai lavoratori italiani valgono nel complesso 27 miliardi di euro. Circa 10 miliardi restano nelle casse delle imprese, oltre 5 miliardi finiscono ai fondi pensione, mentre 12 miliardi vengono dirottati all'Inps (è il caso degli impiegati pubblici e dei dipendenti del settore privato assunti da aziende con più di 50 addetti).
I vantaggi di averlo in busta paga...
Partendo dal presupposto che comunque si tratta di soldi già del lavoratore (sono solo accantonati), l'anticipo di una parte del Tfr sulla busta paga provocherà di sicuro un aumento di stipendio per milioni di lavoratori, anche se non bisogna aspettarsi grandi cifre. Per chi guadagna 1.500 euro netti al mese, ad esempio, il riscatto del del trattamento di fine rapporto annuo dovrebbe comportare un incremento del salario di oltre 90 euro mensili.
...e gli svantaggi
Chi sceglie di incassare subito il Tfr deve essere consapevole che avrà una liquidazione o una pensione integrativa più bassa a fine carriera. In linea di massima, chi guadagna 1.500 euro netti al mese e si fa liquidare per 36 mesi sullo stipendio il trattamento di fine rapporto, perderà almeno 5-6mila euro di liquidazione e circa 35-40 euro al mese di pensione integrativa.
I problemi per le imprese
Le piccole imprese con meno di 50 addetti oggi trattengono per sé le quote del Tfr spettanti ai lavoratori, con l'impegno di pagarle al dipendente molti anni dopo. Nel breve periodo, dunque, gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto rappresentano per le micro-aziende un serbatoio di denaro, che rimane nelle loro casse e può essere utilizzato per la gestione ordinaria. Dunque, se una parte Tfr verrà trasferito sugli stipendi, molti piccoli imprenditori potrebbero trovarsi a corto di liquidità. Per risolvere il problema, il governo ha stretto un accordo con l'Abi per cui le banche erogheranno prestiti alle aziende senza nessun onere aggiuntivo per quest'ultime. I prestiti sono garantiti dallo Stato che ha accantonato a questo scopo 100 milioni di euro.
Chi resterà escluso
La possibilità di avere il Tfr in busta paga potrebbe sarà preclusa ad alcune categorie di lavoratori. È il caso di milioni di dipendenti pubblici che non hanno il Tfr ma un'altra indennità di buonuscita: si chiama Tfs (trattamento di fine servizio) e si calcola con modalità differenti.