TFR vecchio alle aziende, TFR nuovo in busta paga
L'eliminazione del Trattamento di Fine Rapporto è una buona idea da perseguire fino in fondo
SPOILER: alla fine di questo post propongo di trasformare accantonamento TFR in aumento di stipendio permanente del 6,9%.
Credo che stavolta il governo Renzi abbia avuto una buona idea, utile sia a spingere la crescita del PIL tramite maggiori consumi sia a riparare una stortura della nostra legislazione del lavoro già altrove sotto riesame con il Jobs Act.
Cominciamo facendo un ripasso sul TFR:
- Il TFR equivale al 6,9% del salario lordo mensile di un dipendente, non si configura come trattenuta sul salario (come ad esempio la trattenuta IRPEF o quella INPS a carico del lavoratore) ma come onere aziendale che si paga "on top" (in aggiunta) alle spettanze, come il contributo INPS dell'azienda o altri oneri sociali/benefit. L'accantonamento mensile TFR per l'azienda è dunque quota del "costo del lavoro"
- Quando si viene assunti si negozia il salario lordo che non include il TFR. Che ci sia un accantonamento TFR è un valore percepito solo in parte dal lavoratore. Questo è importante capirlo perché l'effetto ricchezza del TFR è minimo. Non si consuma di più oggi facendo conto del TFR, se non in minima parte
- Non so cosa pensasse il legislatore quando nel 1927 (!) istituì questo accantonamento che venne poi riformato nella forma odierna nel 1982. A oggi il TFR si configura come una specie di ammortizzatore sociale interno, a carico delle aziende, di cui il dipendente beneficierà al momento del fine rapporto che potrebbe coincidere traumaticamente con un licenziamento (dove almeno svolgerebbe il suo ruolo di ammortizzatore) o semplicemente con l'inizio della pensione.
Tutte queste caratteristiche portano a definire il TFR come un amortizzatore sociale rivolto solo a una quota della popolazione (i famosi impiegati regolari tristemente famosi agli occhi dei senza tutele) dove l'azienda è forzata a contribuire al 100% dello stesso ammortizzatore senza però avere l'obbligo di versarlo al lavoratore; in questo modo si va ad accrescere la quota di risparmio nazionale.
Con le sue specifiche il TFR si presenta, nel momento economico odierno, come obsoleto e controproducente perché:
- forza risparmio nel momento in cui si avrebbe bisogno di maggiori consumi
- è iniquo perché spetta a meno della metà della popolazione attiva e ancora una volta per niente ai precari
- obbliga le aziende a remunerare il TFR accantonato con uno spread dell'1,5% + 0,75% inflazione. Non è detto che questo risparmio obbligatorio serva alle aziende e sia più efficiente di raccogliere risparmio quando serve e non per obbligo
- è quasi un doppione della previdenza complementare ai fini della pensione fino a perdere qualunque originalità economica nel caso venga distribuito solo al momento del pensionamento
E' mia opinione che l'abolizione del TFR sia politicamente facile da mettere in atto e che le polemiche attuali dipendano solo dalla difficile gestione del pregresso per le aziende: restituire tutto il TFR accumulato sarebbe uno shock finanziario di svariate decine di miliardi che andrebbero liquidati immediatamente ai lavoratori con rischio chiusura per molte aziende mentre allo stesso tempo forzare la banca a prestare soldi ad aziende magari già sull'orlo della bancarotta rischierebbe di spostare le perdite altrove subendo comunque lo shock a livello sistemico. Le polemiche dal lato del lavoratori mi sembrano deboli e dovute a scarsa informazione: come scrivevo sopra il TFR non può essere affrontato con l'approccio "giù le mani dai miei soldi", è vero che si tratta di un diritto maturato ma quei soldi non vengono trattenuti ai lavoratori, anzi le tasche del dipendente vengono riempite con un benefit sociale aggiuntivo di cui bisognerebbe essere grati, restando flessibili sulla modalità di erogazione (pregando anzi che duri e sapendo che autonomi e precari non lo ricevono nemmeno di striscio).
Per tutti questi e altri motivi mi sembra di poter affermare che L'abolizione tout court del TFR sia una buona idea da cogliere al volo con un colpo secco, senza ripensamenti e annacquamenti che rischiano di far perdere l'opportunità di sfruttarla per rilanciare davvero i consumi e la domanda interna.
Nella transizione da mondo con TFR e mondo senza TFR vanno gestite solo due emergenze: lo shock finanziario per le imprese di restituire il TFR accumulato fino al 2014 e il fatto che dopo il 2014 ai lavoratori vada data una compensazione di un diritto acquisito (per quanto questo termine mi faccia orrore) rimanendo intatto il trattamento del loro salario con inclusi gli oneri sociali a carico azienda.
Può dunque essere la soluzione meno difficile di quanto si creda?
PRIMO PILASTRO MONDO SENZA TFR: il TFR accumulato fino al dicembre 2014 rimane congelato nelle imprese. Non va restituito nemmeno in via progressiva come vorrebbe fare il governo, bensì liquidato al momento dell'uscita lavoratore e rivalutato annualmente con le vecchie regole. Non facciamoci venire mal di testa su come rimpiazzare quella voce di bilancio delle imprese, lasciamolo tutto lì dentro e non complichiamoci la vita con fughe in avanti rischiando di mandare migliaia di aziende gambe all'aria e qualche banca con loro.
SECONDO PILASTRO MONDO SENZA TFR: a partire dal 1 gennaio 2015 il 6,9% del salario non viene più accantonato come TFR bensì messo nel compenso lordo come aumento di salario automatico. Un aumento di quasi il 7% di salario nominale per tutti i dipendenti italiani, che ne faranno quello che vogliono, decideranno loro se spenderlo o rispiarmarlo in fondi pensione integrativi o altre forme a lungo termine.
Ecco perché questa cosa dovrebbe andare bene (più o meno) a tutte le parti coinvolte
PER LO STATO: il TFR sbloccato andrebbe ad aumentare i salari nominali del 6,9% per un controvalore attuale di 27 miliardi di accantonamenti. L'effetto shock positivo sui consumi dovrebbe essere garantito anche se i lavoratori decidessero di risparmiarne una parte (ritengo che l'effetto ricchezza sarebbe ben maggiore rispetto al TFR congelato e che il beneficiato ne spenderebbe sicuramente una parte consistente, sopt ai salari più bassi). In più lo Stato riceverebbe un'aliquota fiscale importante di questi 27 miliardi: applicando un'aliquota media del 23% sarebbero almeno 6 miliardi di euro di maggior gettito IRPEF
PER IL LAVORATORE: una volta spiegato che il TFR è un benefit e non un furto il fatto di trasformarlo da accantonamento permanente in salario immediato potrebbe essere digerito con una certa facilità. L'effetto ricchezza percepita (un aumento automatico del 7% stipendio) porterebbe a spendere e ad accrescere parzialmente il proprio ottimismo complessivo. Se poi il lavoratore vuole destinare tutto il maggior stipendio a previdenza complementare iNPS potrà beneficiare delle relative deducibilità fiscali riducendo il maggior costo in imposte del TFR tutto in busta paga dal 2015 in poi
PER LE AZIENDE: una volta stabillito che il TFR accumulato fino al 2014 rimane dov'è le aziende non hanno più nulla da perdere con l'eliminazione TFR essendo i vantaggi di autofinanziamento scarsi in un modo di tassi interesse vicini allo zero. Trasferire il TFR in un aumento di salario non impatterebbe significativamente il costo del lavoro per unità lavorativa se non per gli effetti composti degli oneri sociali (quota INPS a carico azienda come quota del lordo). Lo Stato potrebbe approfittare dell'eliminazione del TFR e dei 6 miliardi di maggior gettito (vedi sopra) per abbattere di ulteriore 30% l'IRAP a carico delle imprese chiudendo così il cerchio dei benefici che ho cercato di prefigurare in questo post.
DISCLAIMER: oggi 17 miliardi di TFR su 27 vanno all'INPS e Fondi Pensione e quindi bisogna capire se l'INPS sta dentro in questo schema. Ma credo che se eliminazione del TFR sta bene per Stato, lavoratori e aziende allora dovrà andare bene anche all'INPS e simili.