Tobin tax: come arrivare primi e perdere
La tassa sulle transazioni finanziarie rischia di avere un impatto negativo a fronte di entrate fiscali previste per 200 milioni. Il problema è che l’Italia, muovendosi in anticipo, ha reso meno competitivo il nostro mercato.
Approvata con la legge di stabilità del 2013, l’introduzione dell’imposta sulle transazioni finanziarie, in pratica una versione italiana della Tobin tax, è stata rinviata di almeno due mesi con il «decreto del fare» varato dal governo nei giorni scorsi. Tale imposta, così come introdotta in Italia, colpisce le transazioni di azioni e strumenti finanziari partecipativi nonché alcuni tipi di derivati: gli investitori inizieranno a pagarla in ottobre. La nozione di imposta sulle transazioni finanziarie fu originariamente introdotta dall’economista americano James Tobin, insignito del premio Nobel, per scoraggiare la speculazione finanziaria che, privilegiando transazioni ad alta frequenza, accresce la volatilità dei mercati finanziari. Quasi 40 anni dopo, all’apice della recente crisi internazionale, il collasso dei mercati finanziari, il crac di grandi banche, l’intervento pubblico senza precedenti e le pesanti conseguenze sull’economia reale hanno richiamato la necessità di contenere gli eccessi speculativi del settore finanziario e di rafforzarne il senso di responsabilità verso il benessere collettivo.
Tuttavia, i primi tentativi formulati in sede G-20 si sono rivelati da subito infruttuosi grazie all’opposizione di Stati Uniti, Canada e Regno Unito, che hanno temuto ripercussioni eccessive per la competitività dei propri sistemi finanziari. Fallito sul nascere l’esperimento di coordinare l’imposizione a livello globale, in Europa, sotto la spinta della pressione speculativa, alcuni paesi hanno deciso di introdurre una versione nazionale della Tobin tax in attesa di una proposta messa a punto dalla Commissione nell’ambito di una eventuale, nuova procedura di cooperazione rafforzata tra 11 membri della Ue, tra cui Francia, Germania e Italia.
Eppure, non sono pochi gli elementi di perplessità legati all’iniziativa. Il suo carattere subregionale, o addirittura nazionale, rischia di creare elementi di ulteriore asimmetria nella competizione tra sistemi finanziari. Per i paesi sotto stress, come l’Italia, l’inclusione delle obbligazioni nello spettro delle transazioni colpite dall’imposta, come proposto dalla Commissione, avverrebbe in una condizione dei mercati obbligazionari sovrani particolarmente fragile. Infine, il gettito. Dalla Tobin tax all’italiana l’Assosim prevede proventi per circa 200 milioni, a cui andranno sottratte le mancate entrate dovute allo spostamento sull’estero di molte transazioni.
Quali prospettive? Sarà la Germania a dettare i tempi del dibattito e delle decisioni in questa materia. Adottata tatticamente l’idea della Tobin tax per ottenere l’appoggio socialdemocratico per l’approvazione e modifica dei trattati europei, è lo stesso governo tedesco che ora prende le distanze. Tutto rinviato all’autunno, dopo le elezioni. Anche in questo caso.
* direttore del Dipartimento di economia globale, Centre for international governance innovation, Canada