Trans-Pacific Partnership. Sei cose da sapere
Cosa possiamo intuire sul trattato segreto che potrebbe sconvolgere l'economia mondiale
Trans-Pacific Partnership
Stati Uniti, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Messico, Perù, Cile, Vietnam, Singapore, Brunei e Malesia hanno appena firmato l'accordo commerciale più ambizioso di sempre. Grazie alla Trans-Pacific Partnership questi dodici paesi, che rappresentano il 40 per cento dell’economia mondiale, hanno deciso di eliminare o ridurre una serie di barriere commerciali per facilitare le transazioni economiche all'interno del gruppo.
Come è nata questa alleanza
La Tpp non rappresenta certo un progetto nuovo. La sua prima versione risale a circa una decina di anni fa, quando includeva soltanto Brunei, Cile, Nuova Zelanda e Singapore. Nel 2008 gli Stati Uniti hanno deciso di rilanciare un accordo quasi insignificante per sostenere il loro "ritorno in Oriente" e l'ormai famosa strategia del Pivot to Asia. Dopo anni di negoziati, le dodici nazioni che hanno deciso di prendere in considerazione questo progetto sono arrivate ad un accordo, di cui, però, non si conoscono ancora i dettagli. La logica però è molto semplice: eliminando le barriere commerciali gli stati del Sudeast asiatico troveranno più conveniente rafforzare i rispettivi legami commerciali con gli Stati Uniti, che oltre ad aiutarli a crescere ridurrà anche la propria dipendenza dalla Cina, avendo a disposizione delle valide alternative.
Prospettive e obiettivi
Secondo stime americane il valore commerciale di questa alleanza sfiorerebbe i 300 miliardi di dollari. Del resto, il Tpp dovrebbe occuparsi dei settori più disparati: derivati del latte, medicinali, prodotti biologici, industria automobilistica, cinematografica, accesso a internet e protezione delle specie naturali, solo per citarne alcuni. Non solo, a detta dei rappresentanti statunitensi l'accordo aiuterà a creare nuovi posti di lavoro, potenzierà la crescita nei paesi coinvolti, e favorirà innovazione e sviluppo nell'intera regione pacifica.
Critiche
Le perplessità su questo trattato non arrivano solo da Pechino, che ne è stata esclusa. Anche negli Stati Uniti non tutti sono convinti dei suoi presunti vantaggi. Sindacati e ambientalisti in particolare temono possa favorire più i grandi nomi del business che le persone comuni, e molti analisti non sono nemmeno convinti dell'opportunità economica e strategica di lasciare fuori la Cina da un patto di questo genere. Persino il noto economista Joseph Stiglitz lo ha definito "un passo indietro" per la stabilità dell’economia mondiale e la credibilità del sistema americano.
Il nodo della Cina
C'è chi crede che gli Stati Uniti abbiano deciso di rilanciare questo progetto per costringere la Cina ad adottare condotte più in linea con quelle del resto del mondo, su temi come la tutela della proprietà intellettuale e la protezione degli investitori. Eppure, è stata proprio l'esclusione della Repubblica popolare a creare tanto scompiglio in Asia e a far durare i negoziati così a lungo.
Vantaggi strategici
Il Tpp nasconde importanti sfumature strategiche che non possono essere trascurate. Non è un caso che proprio il Giappone emerga come uno dei paesi più avvantaggiati dal nuovo accordo. Non è stato facile per Washington convincere Tokyo, ma l'inclusione del Sol Levante per gli americani è sempre stata fondamentale per almeno due motivi. Dare maggiore rilevanza all'accordo stesso, che è nato con l'intenzione di escludere Pechino, e per dare alle piccole potenze asiatiche un buon motivo per seguire il Giappone, e gli Stati Uniti, e non la Cina. Quindi meglio mostrarsi accomodanti, per il bene dell'alleanza stessa, e del futuro americano in Oriente.
Cosa sappiamo davvero della Tpp
Un ultimo punto da evidenziare è l'incertezza sui dettagli di quello che Washington sta sbandierando come l'accordo del secolo. Il patto è segreto, quindi, a dispetto delle stime che sono circolate, nessuno sa davvero quale sarà il suo impatto reale sull'economia globale. Secondo fonti cinesi, che tuttavia, visto il contesto, non sono più attendibili di quelle americane, il Tpp vieterebbe ai suoi membri di commerciare con nazioni che non fanno parte dell'alleanza. Se così fosse, non potremmo che dare ragione a Stiglitz e concordare sul fatto che dopo cinque anni di negoziati questi dodici paesi, più o meno volontariamente, abbiano fatto fare all'economia mondiale l'ennesimo passo indietro. Ma fino a quando non sarà possibile dare un'occhiata agli articoli, ogni giudizio rimarrà azzardato, e non verificabile.