Trump lancia la guerra dei dazi: 25% per Messico e Canada e 10% per la Cina
(Ansa)
Economia

Trump lancia la guerra dei dazi: 25% per Messico e Canada e 10% per la Cina

Reazioni dei Paesi colpiti e delle borse di tutto il mondo. Rischi per il Made in Italy che ha in Messico1800 aziende.


Trump dà il via alla guerra americana dei dazi. Il presidente eletto ha annunciato nella notte, con un post su Truth, che come prima mossa, appena insediato il 20 gennaio, firmerà l’ordine di dazi del 25% verso i vicini di casa (Messico e Canada) e verso la Cina, con ulteriore 10%. Questo, specifica, finché i tre Paesi non fermeranno flussi migratori illegali e traffico di stupefacenti (detto in poche parole fentanyl). Reazioni immediate sono arrivate da Pechino e da Ottawa e dai mercati con le borse asiatiche che hanno chiuso in rosso e le piazze europee in ribasso. E l’Italia? Colpire il Messico vuol dire danneggiare anche il Made in Italy.

L’annuncio punta a colpire i principali partner commerciali degli Stati Uniti, responsabili di circa un terzo del commercio totale del Paese. Nel post Trump giustifica la scelta dei dazi come necessaria per contrastare l'immigrazione illegale e il traffico di droga. Il presidente eletto ha accusato il Messico e il Canada di non fare abbastanza per controllare i confini, mentre ha puntato il dito contro la Cina per il presunto mancato rispetto degli impegni presi nel 2023 per fermare l'esportazione dei precursori chimici del fentanyl.

Le reazioni non si sono fatte attendere. La Cina, attraverso l’ambasciata a Washington, ha definito la mossa una "guerra senza vincitori", ribadendo che la cooperazione commerciale tra le due potenze è reciprocamente vantaggiosa. Anche il Canada ha risposto, sottolineando la solidità della relazione bilaterale e il proprio impegno per la sicurezza dei confini, evidenziando che il 60% delle importazioni energetiche statunitensi proviene da Ottawa. In Messico, il presidente della Camera bassa, Ricardo Monreal, ha definito la mossa una minaccia diretta alla stabilità economica del Paese. E sono arrivati anche immediati riflessi sui mercati finanziari. Il peso messicano ha perso il 2%, toccando i minimi da un anno, mentre il dollaro canadese è sceso dell’1,4%. Anche le borse asiatiche hanno risentito dell’annuncio, con Tokyo e Shanghai in netto calo e in ribasso anche le Piazze europee.

La politica dei dazi colpisce indirettamente anche l’Italia, via Messico. Sono 1800 le aziende tricolori che operano in Messico, con 300 stabilimenti creati per produrre, a costi minori, per il mercato americano principalmente. Nomi come Ferrero, Pirelli, Brembo, che hanno investito miliardi nella regione. La Ferrero, per esempio, produce nello stabilimento di San José 45mila tonnellate di Nutella e cioccolato Kinder ogni anno, di cui il 40% è destinato al mercato nordamericano. Situazione simile per Pirelli, che da Silao esporta 8 milioni di pneumatici verso gli Stati Uniti, e per Brembo, che ha appena investito 500 milioni di euro per ampliare il proprio impianto a Escobedo, da cui dipende un terzo del suo fatturato globale. C’è poi chi dal Messico non può più spostarsi. Campari dalla distilleria messicana fa partire la Tequila per tutto il mondo e nel Golfo del Messico Eni estrae 16mila di barili di petrolio al giorno che partono per il mercato globale (ma ha trivelle, comunque, anche negli Stati Uniti). Barilla, grazie alla sua fabbrica in Iowa, sarebbe al riparo dai dazi sulle importazioni messicane.

Le ripercussioni ci potrebbero essere anche per i consumatori americani. Dazi al 25% rischiano di provocare un’impennata dei prezzi al consumo negli Stati Uniti, alimentando l’inflazione e danneggiando le famiglie americane. Inoltre, i partner commerciali potrebbero adottare contromisure, aggravando ulteriormente il quadro economico globale.

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Cristina Colli