Tutti gli impegni economici della manovra 2019
Per coprire la riforma delle pensioni e il Reddito di Cittadinanza, tornano le clausole di salvaguardia. Che possono fa aumentare l'iva nel 2020
Sembrava ormai sparito per sempre e invece tornerà anche nei prossimi anni. E’ lo spettro di un aumento dell’iva (imposta sul valore aggiunto), la tassa che colpisce quasi tutti i beni e servizi di consumo venduti in Italia. Per ottenere il via libera dall'Europa sulla riforma delle pensioni, sul Reddito di Cittadinanza e sulla manovra economica del 2019 , il governo Conte si è infatti impegnato a raggiungere determinati obiettivi di bilancio per gli anni successivi al prossimo, cioè dal 2020 in poi. Qualora i target concordati non verranno centrati, scatterà un aumento automatico dell’iva di due o tre punti percentuali. Nel confronto con l’Europa, l’esecutivo ha dunque adottato una prassi che ormai è diventata una costante dal 2011 a questa parte.
Copione già scritto
Negli ultimi 7 anni, infatti, i governi italiani hanno ripetutamente concordato con l'Europa le tanto discusse clausole di salvaguardia. Si tratta di accordi con cui il nostro Paese, in cambio di un po' di flessibilità nelle politiche di bilancio rispetto agli impegni presi con le autorità di Bruxelles, ha fissato per gli anni successivi degli aumenti automatici delle imposte o dei tagli alle agevolazioni fiscali.
Il primo ad adottare le clausole di salvaguardia è stato 7 anni fa l'ultimo governo Berlusconi, che ha preventivato eventuali incrementi dell'iva fino al 2020, come coperture d'emergenza nel caso di mancati tagli per gli anni successivi. Poi, i governi che si sono succeduti dal 2011 in avanti, da quello di Monti a quello di Renzi passando per l'esecutivo guidato da Enrico Letta, si sono trovati a dover gestire ogni anno gli impegni presi con le clausole di salvaguardia e a cercare di sterilizzarli tagliando la spesa proprio per evitare l'aumento dell'iva.
Aliquote pronte a scattare
Nel 2012, il governo Monti ha fatto alcuni tagli per evitare che l'iva salisse subito dal 21 al 22%. L'incremento dell'imposta non è stato però eliminato del tutto ma spostato un po' in avanti ed è scattato automaticamente nell'ottobre del 2013, quando al governo c'era ormai Enrico Letta. Poi è arrivato l'esecutivo di Matteo Renzi che, durante il suo mandato, ha sterilizzato alcune clausole di salvaguardia ma ne ha concordate anche di nuove, per avere in cambio un po' di flessibilità dall'Europa sulla manovra del 2016.
Ora è la volta del governo Conte, che ha appunto ripreso in mano un copione già visto. Dopo aver sterilizzato le clausole di salvaguardia del 2019, l’esecutivo ne ha dunque introdotte di nuove per 9,4 miliardi nel 2020 e per 13,2 miliardi nel 2021. Nello specifico, se non verranno centrati determinati obiettivi sul deficit di bilancio, l’aliquota ridotta dell’iva, quella che colpisce determinati beni alimentari, salirà dal 10 al 13%. L’iva ordinaria, invece, sarà incrementata al 25,2% nel 2020 e al 26,5% nel 2021. E' una sorta di cambiale già firmata, ma c'è ancora un po' di tempo per evitare che diventi efficace.