Tutto quello che c'è da sapere sulla criptovaluta Ripple
Lo scorso anno è cresciuta del 36.000 per cento e ha attirato l'attenzione delle principali banche al mondo. Ecco chi l'ha creata e come funziona
Non è il bitcoin ma ripple la criptovaluta che è cresciuta di più nel 2017: in 12 mesi il suo valore è salito di oltre il 36.000 per cento, passando da sei centesimi a 3,6 dollari, il massimo storico toccato il 4 gennaio, rispetto all'impennata dell'1.638 per cento della capostipite delle valute elettroniche.
Prima per crescita, ripple è però la terza per capitalizzazione (attorno a 80 miliardi di dollari) dopo bitcoin (circa 250 miliardi di dollari) ed ethereum (circa 90 miliardi). Nota fino a metà 2017 solo a informatici e trader, è diventata un fenomeno mondiale solo pochi mesi fa, attirando a sé soprattutto l'attenzione degli istituti finanziari "tradizionali".
Il vero nome è XRP
In verità, il nome della criptovaluta è XRP. Ripple è il nome della piattaforma che ospita la valuta, utilizzata per trasferimenti di denaro sicuri, a costi bassissimi, in qualsiasi valuta e in tempo reale. Questa tecnologia, che si basa su un protocollo Internet open-source, un libro mastro digitale (blockchain) e appunto una valuta nativa (XRP), piace soprattutto alle banche che utilizzano ancora oggi sistemi più antiquati. Proprio l’interesse di oltre 100 istituti, tra cui colossi come Santander e Crédit Agricole, per la tecnologia Ripple ha fatto schizzare in alto il valore dell'XRP alla fine dello scorso anno.
Gli ideatori
Ripple è una creatura di Chris Larsen e Jed McCaleb, fondatori di OpenCoin (ora rinominata in Ripple Labs), una start-up di San Francisco. Larsen e McCaleb, visto che tramite la loro società controllano circa il 61 per cento degli XRP in circolazione, sono diventati anche due degli uomini più ricchi degli USA.
La differenza con il bitcoin
Il bitcoin può essere creato attraverso il cosiddetto "mining" (fino a un massimo di 21 milioni di bitcoin in circolazione; ad oggi siamo a quota 17 milioni), mentre il ripple no: stando alle regole del protocollo, di XRP ce ne sono in circolazione 100 miliardi e non uno in più può essere aggiunto. L'intera scorta è stata emessa nel 2012, ma oltre la metà è ancora in mano a OpenCoin, che li rilascia sul mercato un po' alla volta: a oggi in circolazione se ne contano 38 miliardi.
Punti di forza e debolezza
Non essendoci il "mining", che richiede un alto consumo di energia (a ogni operazione in bitcoin corrisponde un consumo di 100kWh), XRP è più "ecologico". Per ottenerlo, l'unico modo è acquistarlo, come fosse una valuta "reale". Inoltre, a differenza del bitcoin e di ethereum, che nascono anche con l’intenzione di rimpiazzare banche e istituti finanziari, la tecnologia Ripple mira a collaborare con gli istituti.
Il punto di debolezza è che per ora non è impiegata per i pagamenti: la piattaforma Ripple, infatti, è utilizzata dagli utenti per trasferimenti in tutte le valute. Per questo OpenCoin starebbe correndo ai ripari cercando di diffondere una nuova tecnologia che utilizza solo XRP per gli scambi.