Violenza sulle donne e lavoro: il congedo previsto dal Jobs Act
Retribuito al 100% per 90 giornate. Disparità fra categorie di lavoratrici, finanziamenti insufficienti ai Centri Antiviolenza e mancanza di denunce fra i principali ostacoli all'attuazione
A ottobre 2017 erano ‘solo’ 150 le donne che, da luglio 2015, avevano usufruito del congedo dal lavoro previsto dal Jobs Act per le vittime di violenza.
Sicuramente poche rispetto alla portata di un fenomeno che, nella sua accezione più ampia, presenta numeri elevatissimi: secondo l’Istat (‘La Violenza sulle donne’, 2017), in Italia il 31,5% delle 16-70enni (pari a 6 milioni e 788 mila donne) ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale.
La norma prevista dal Jobs Act
La norma che prevede un congedo retribuito al 100% di 90 giornate lavorative per la donna vittima di violenza è contenuta nel dlgs 80/2015 (decreto attuativo del Jobs Act) all’articolo 24. “Sicuramente questa norma è un primo importante tassello di sostegno alle donne che hanno subito violenza — dice a Labitalia Pompilia Rossi, avvocata specializzato nel diritto di famiglia, della persona e dei minori — ma ci sono ancora molte criticità che vanno superate”.
I lati positivi sono che “con il Jobs Act la questione violenza sulle donne esce dalla settorialità in cui tutti noi siamo stati abituati a considerarla in questi anni e acquisisce una rilevanza sociale e trasversale a vari settori”, afferma Rossi.
Non per tutte
Ma ci sono ancora problemi. “Intanto, non tutte le lavoratrici possono usufruirne: la norma infatti — spiega l’avvocata — si applica, con modalità differenti, alle dipendenti del settore pubblico e privato e alle collaboratrici coordinate e continuative (a queste ultime spetta il congedo ma non l’indennità)”.
“Sono escluse invece del tutto — sottolinea Rossi — le lavoratrici domestiche come le colf, le badanti e le baby sitter. Un’esclusione grave, che, oltretutto, riguarda una fascia di lavoratrici particolarmente esposte a molestie e violenze”.
Percorso di recupero
I requisiti per l’assegnazione del congedo poi non sono chiari. “L’unica cosa certa — spiega Rossi- è che le donne devono essere inserite in un percorso di recupero di un Centro antiviolenza o di una casa di accoglienza, ma vista il Piano nazionale antiviolenza non è stato rifinanziato e molti Centri sono in difficoltà. Il Piano va rifinanziato subito”, chiede Rossi.
Le denunce mancanti
Infine, ricorda Rossi, “solo il 7% delle donne che hanno subito violenza, sporge denuncia”. Il motivo è chiaro. “Solo il 7% trova il coraggio per denunciare -spiega l’avvocata- e se per una donna già è difficile raccontare questa terribile esperienza a un magistrato o a un’autorità di polizia, figuriamoci come può essere difficile dettagliarla all’interno di un posto di lavoro, magari piccolo, dove tutti si conoscono”.
Insomma, il Jobs Act introducendo per la prima volta all’interno delle leggi sul lavoro la tutela delle donne vittime di violenza, “ha compiuto un primo grande passo in avanti, anche sul piano della tutela economica, ma ora bisogna correggere le criticità e soprattutto far arrivare i finanziamenti ai Centri Antiviolenza”, conclude Rossi.