Elon Musk al Global Citizen Awards
(Ansa)
Tecnologia

Elon Musk, il Messia inquietante

In politica, controcorrente in ambito internazionale, appoggia Giorgia Meloni e Donald Trump. Poi, c’è il suo «prometeico» programma di esplorazioni spaziali ed espansione della mente. E su questo futuro ultra-tecnologico i timori sono legittimi.

Mostra coraggio e magari suscita simpatia il baldanzoso Elon Musk, che contro tutto e tutti sostiene Donald Trump e scende al suo fianco per la riconquista della Casa Bianca. Desta ammirazione il suo schierarsi contro l’establishment, il mainstream e la sinistra globale. E agli italiani di centrodestra piace il suo feeling con Giorgia Meloni, fino a sospettare una love story. La prova galeotta è tutta in una foto in cui Giorgia guarda rapita dal basso, coi suoi occhioni da fiaba, il prode Musk. In sintesi, Melon Musk. Ma accanto al Musk che si schiera nella contesa politica del presente, c’è un Elon che si occupa del futuro con l’idea di cambiare l’umanità passando al transumano, conquistare lo spazio, trasferire all’intelligenza artificiale attività che sono finora state appannaggio e segno dell’intelligenza umana e naturale. Fino a promettere un’immortalità biotech.

Eccolo il Musk ardimentoso navigatore dello spazio alla conquista di Marte e dei pianeti più remoti; eccolo il Salvatore del mondo dal disastro planetario attraverso un patto faustiano in cui l’umanità muta corpo, anima e mente per attraversare le tempeste; eccolo, l’intrepido mago Elon ricercare l’elisir di giovinezza perenne, modificando geneticamente e bionicamente l’umano e il naturale. «Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie», cantava Franco Battiato ne La cura; Elon Musk pensa di farlo sul serio...

Fascinoso e tremendo, non c’è che dire, se non è velleitario e illusionista. Quando un uomo, da solo, promette di sostituirsi al Destino o al Divino, alla Natura e ai suoi limiti, senti odore di sovrumanismo, cioè di Nietzsche in versione tecnologica. Chi disporrebbe delle chiavi di questa mutazione, chi sarebbe il regista, dove andrebbe a parare un progetto del genere e in mano a chi? A che punto è il progetto muskiano che prevede la connessione tra gli smartphone, i dati digitali e la corteccia cerebrale, creando una vera e propria telepatia, un flusso costante tra l’uomo e la macchina? Fu battezzato Neural Lace, una specie di bluetooth neuronale in cui collegare il cervello ai pc, cioè all’intelligenza artificiale. Ciò procurerebbe un’espansione infinita di memoria e di dati a disposizione; ma che fine farebbero la mente umana, l’anima, l’identità di un soggetto, ridotto a essere un porto in cui approdano e salpano dati, quasi una stazione postale di passaggio?

Se a coltivare il suo sogno è un visionario solitario, un poeta o un ricercatore nel suo laboratorio, resta nell’alveo innocuo della letteratura o nell’ambito cauto della sperimentazione. Ma se a promettere il cambiamento è l’uomo più ricco del mondo, un imprenditore di grandi marchi in ambiti disparati e interconnessi, che dispone di un impero nel campo dei trasporti, delle comunicazioni, della ricerca scientifica e neurologica, delle imprese spaziali, allora il discorso prende una piega diversa, anche pericolosa.

Musk, secondo Forbes, è l’uomo più ricco del mondo, padrone di una compagnia aerospaziale, di una società automobilistica, di Twitter che ha ribattezzato X, dispone di sistemi di trasporti spaziali avveniristici, di laboratori all’avanguardia nell’Intelligenza artificiale e nella neurotecnologia che, secondo le leggende fiorite in questi ultimi anni, puntano a immettere nel cervello un chip che può servire sì per correggere malformazioni anche gravi ma può anche ridurre gli umani ad alieni, totalmente eterodiretti, telecomandati. Anche al di là delle sue intenzioni, il progetto potrebbe sfuggirgli di mano, come all’apprendista stregone. Facile l’ironia del tipo «Fascisti su Marte», ma qui c’è poco da scherzare. Tanto più che non parliamo di imprese compiute da stati e unioni di stati, organismi e alleanze internazionali, ma da un singolo Prometeo scatenato. Chi ci assicura che il suo progetto titanico non sia al di là del bene e del male, mosso dalla volontà di potenza che facilmente degenera in delirio di onnipotenza? Dove finirebbero la Natura e l’Umano, con i loro limiti e le loro identità, la cultura, la religione e la tradizione? Dove finirebbe l’anima, che lui definisce la traccia digitale lasciata da un essere umano e riducibile a dati scaricabili e trasferibili; che posto avrebbe la nostra vita spirituale e la nostra intelligenza critica in questa ebbrezza tecnologica ed escatologica? E sul piano politico è compatibile questo suo progetto col mondo conservatore a cui si rivolge negli States come in Italia? Vero è che è esistito il filone del «modernismo reazionario» descritto da Jeffrey Herf ma ciò non dissipa l’inquietudine, anzi...

Il precedente nostrano è il futurismo. In un romanzo scritto nel 1909 in francese da Filippo Tommaso Marinetti, Mafarka il futurista, il protagonista vuole creare l’uomo nuovo, sogno condiviso nel primo Novecento da americani, russi e italiani, cioè capitalisti, comunisti e fascisti. E lo vuole creare «senza il concorso e la puzzolente complicità della matrice della donna», ma con l’ausilio delle macchine. Visionario anche lui, ma era solo letteratura.

Insomma, come comportarsi con Musk e i suoi progetti? Torno a terra e ricorro alla saggezza contadina. Gloria, una prode maremmana che coltiva la terra, usa un verbo antico delle sue parti: bisogna scattivare la frutta e la verdura, cioè eliminare le parti brutte o marce. Così bisognerebbe fare con la tecnologia. Si dovrebbe «scattivare» Musk e il suo progetto... Ma chi sarebbe in grado di farlo, oltre Gloria?

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Marcello Veneziani