Enrico Ruggeri: “Quarant'anni fa il punk cambiò tutto per sempre" - Intervista
Il cantante è stato uno dei primi in Italia a intercettare la portata di quella rivoluzione epocale. Che non risparmiò nessuno. Tranne David Bowie, Lou Reed e Iggy Pop...
Quarant'anni fa il PUNK. Basta la parola per richiamare alla memoria la più grande rivoluzione musicale e di costume del mondo occidentale dopo la stagione del flower power. Un lampo che in pochi mesi illuminò tutto il mondo cambiando le regole musicali, quelle del del business discografico, ma anche della moda intesa nella sua accezione più ampia.
Nel 1976 escì uno dei 45 giri più potenti e corrosivi di sempre: Anarchy in the U.K dei Sex Pistols. Da allora nulla fu più come prima...
In Italia uno dei primi a intercettare la portata di quell'onda inarrestabile fu Enrico Ruggeri, capelli biondi platino e una band di culto: i Decibel.
"Questi 40 anni sono passati velocemente, è vero, ma alla fine sono rimasti. Le canzoni che ascoltavano i sessantenni quando ero bambino erano diverse. Penso a Nilla Pizzi, a Tom Jones o a Frank Sinatra. Adesso, uno che ha 60 anni è nato con il punk. A casa di mio figlio ci sono moltissimi cd che sono nella mia collezione: Sex Pistols, Clash, Black Sabbath, Alice Cooper" racconta.
Il punk come rivoluzione: "Lo fu a tutti gli effetti e io ci sono cascato dentro in pieno. Cambiò tutto anche il modo di rapportarsi allo strumento. Fino a quel momento, io che ero un bassista, ero portato a credere che non ce l'avrei mai fatta, che non sarei mai diventato come Chris Squire degli Yes. La musica era appannaggio di gente da conservatorio. Poi arriva il punk con i suoi tre accordi. All'improvviso fecero irruzione nella scena musicale altri ragazzi che suonavano come me, con la differenza che avevano energia e cose da dire. E tanta rabbia, quella di chi si trovava nel mezzo dei Settanta consapevole del fallimento del '68. Il punk fu un pugno in faccia. Da quel movimento nacquero poi tanti filoni sonori: dagli Ultravox a Joe Jackson, da Patti Smith, ai Police".
Il look e l'iconografia: "Quei ragazzi salivano sul palco senza capelli lunghi, senza barba, senza chitarre acustiche. Il motto era "Vengo dalla strada e vi voglio scandalizzare". Prima di essere famoso, giravo con i capelli biondo platino per corso Vittorio Emanuele a Milano. Un giorno ci fu un tamponamento perché un automobilista si distrasse per fissarmi. Non c'era Internet, si andava a Londra e si assorbiva tutto. A Sanremo i Decibel sembrarono dei marziani per merito della non informazione".
Tutto da buttare? "No, il punk spazza via tutto ma si tiene David Bowie, Lou Reed e Iggy Pop. Mi fa impressione pensare che dei tre, oggi, ce ne sia vivo uno solo La sera che è morto Lou stavo cantando e in scaletta c'era Sweet Jane. David Bowie se n'è andato con un disco meraviglioso che fa da testamento. E con un video premonitore, quello di Lazarus, che adesso si fa fatica a guardare".
Il disco Sono stato punk prima di te: "L'ho inciso qualche anno fa inserendo sette cover. Mio figlio Pico mi consigliò di farlo per ricordare chi era stato punk davvero a quei tempi. Le mie canzoni essenziali dell'era punk? London Calling dei Clash, Beat on the Brat dei Ramones, Psycho Killer dei Talking Heads, I want to be a machine degli Ultravox".
Sanremo 2016: "Il primo amore non si scorda mai ha un inciso da pogo... Anche quest'anno al Festival c'erano 17 lenti su 20 canzoni. Passano gli anni e le edizioni, ma alla fine la mia Mistero resta l'unico pezzo rock ad aver vinto il Festival. Nel nuovo album, Un viaggio straordinario, ci sono quattro remake di Bowie: Diamond Dogs, Life on Mars, All the young dudes, The Jean Genie. Tutti devono qualcosa a lui, era coraggioso cambiava sempre pelle, anche quando era meno opportuno farlo...".