La rivincita di Ernia è una bella storia di musica
Tra i nomi nuovi del rap italiano c'è anche lui. Da solista macina milioni di views, sei anni fa cantava in gruppo con un certo Ghali...
Al primo impatto il suo nome d'arte può far sorridere ma le cinque lettere che ha scelto nascondono invece una storia chiara e convincente, come la sua musica.
Ernia, al secolo Matteo Professione, è il nuovo protagonista della scena rap italiana. Milanese, classe 1993, ha appena pubblicato Come Uccidere un usignolo/67, un doppio album contenente 16 canzoni e prodotto da Thaurus e Universal.
Tra le collaborazioni anche quella di Guè Pequeno, il primo a puntare sul vecchio gruppo di Ernia, i Troupe D'Elite, una delle prime realtà della trap italiana dove cantava anche Ghali.
Domanda d'obbligo, come nasce il tuo nome d'arte?
"Tanti rapper si battezzano da soli, a me invece il nome è stato dato. È stata una mia compagna di classe a scuola: io la chiamavo ernia perché aveva un'ernia, lei iniziò a fare lo stesso. Il nome mi è rimasto..."
In quanti ti fanno la battuta sull'ernia del disco e sul disco di Ernia?
"Troppi, ormai è vecchissima".
Come è nato questo album?
"Volevo fare un album personale e così è stato. È un disco mio e mio soltanto, in un mercato inflazionato volevo portare qualcosa che fosse unico e non una copia da ripetere. Sono andato controtendenza, alcuni brani forse sono troppo rap per questo momento storico ma ho fatto ciò che mi piaceva."
La tua carriera era iniziata con i Troupe D'Elite insieme a Ghali. Cosa è successo?
"È successo che dopo tutti hanno iniziato a fare quello che noi facevamo già nel 2012. Quando siamo usciti con la prima trap, brani molto effimeri e leggeri, siamo stati massacrati. Tutti erano ancora troppo impegnati a darsi un tono che non aveano, tanti hanno iniziato a fare i prof. Tempo quattro anni e hanno iniziato tutti a fare trap..."
Uno tra i primi a puntare su di voi fu Gué Pequeno, presente anche nel tuo disco. Che rapporto hai con lui?
"Gué è Gué. Ci ha scoperto e ci ha spinto, ci ha difeso nel momento in cui alcuni colleghi più o meno illustri ci hanno dato contro. Io sono un fan di Gué quindi averlo nel disco non può che essere un onore. Avere una sua collaborazione è un traguardo. Nell'album canto anche con Rkomi che è un mio grande amico e con Mecna, altro artista che stimo molto".
Qual è la parte del tuo lavoro che ti piace di più?
"Il live, è la cosa a cui dedicherei tutto il mio tempo. Il concerto è un traguardo, è per i live che facciamo questo lavoro. Chiudere un accordo per una serata è il concretizzarsi di tutto il resto, la parte più importante. Quella che soffro di più è invece la scrittura, una cosa che mi impegna molto. A volte vado nel panico: ricerco molto le parole, tuttavia cerco di semplificare il mio pensiero e questo spesso mi snerva"
Tra le critiche più forti alla nuova generazione del rap c'è quella di fare live non di qualità. Cosa ne pensi?
"Credo ci siano diversi tipi di show, anche in base ai soldi che si hanno a disposizione. Noi facciamo ancora solo i club, se penso ai concerti più belli in Italia al primo posto ci metto sicuramente quelli di Salmo. Il tour di Hellvisback è stato forse il più bello del rap italiano. Molti miei colleghi della mia età fanno il playback, io sono un po' contrario ma solo perché ho imparato a fare i live. In un concerto ci sta di sbagliare, il pubblico lo sa. Deve essere l'attitudine a coprire l'errore. La verità è che in tanti hanno un pubblico con un'età molto bassa e a loro dei live frega poco, vogliono la foto e la canzone da cartone pomeridiano."
Musica, canti solo o ti incurioscono anche gli strumenti?
"A me piace comunicare con le parole, non ho mai sentito la necessità di far altro, per esempio di imparare a suonare uno strumento. Anzi, tutt'oggi quando vado a registrare guardo il computer come se fosse un miracolo ma non ho la più pallida idea di cosa accada. La mia forma prioritaria di comunicazione sono le parole e su quello mi concentro. Per questo la scrittura è una parte sofferta della mia musica: cerco di scrivere in italiano corretto, peso i concetti con le pinze e mi diverte farlo."
Perché hai scelto come titolo "Come uccidere un usignolo"?
"Mi è venuto naturale, è stata una scelta immediata. Mi ha conquistato un paragone del romanzo di Harper Lee, "Il buio oltre la siepe" che ha come titolo originale appunto To Kill a Mockingbird (Uccidere un usignolo). Volevo un paragone che facesse riferimento alla rivalsa, alla mia rinascita dopo il periodo dei Troupe d'Elite. Internet aveva sparato a zero su di noi, non si capiva il perché di tanta rabbia. Avevamo anche una ragazza nel gruppo, c'è stato maschilismo gratuito e cattiveria. Ad oggi non ne capisco ancora i motivi: se una cosa non ti piace non seguirla e basta!"