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Figli: finalmente la commedia italiana giusta

Cortellesi e Mastrandrea in un film che racconta con il giusto spirito la generazione dell'Italia a crescita zero. Da oggi nelle sale

Eccoci, noi quarantenni cresciuti con le tante belle speranze degli anni Ottanta e schiacciati da partite Iva, malattie e ferie non pagate, pensione come mitico Eldorado. Eccoli, affrescati con sagacia stilistica e ironia ridanciana in Figli (dal 23 gennaio al cinema), commedia intelligente e divertente dallo sguardo contemporaneo, da vedere. Finalmente un bel film italiano adatto a ogni tipo di pubblico: per adulti e ragazzi, per genitori sposati ma anche per single, divorziati e senza prole, per intellettuali ma pure per chi preferisce Checco Zalone a Marco Bellocchio.

L'Italia a crescita zero

Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, disperati e comici, sono lo specchio attualissimo delle difficoltà di quella generazione di mezzo cresciuta quando ancora l'Italia andava alla riscossa, ora accartocciata nei meccanismi di una recessione perenne, scoppiata a livello internazionale con la crisi finanziaria del 2008, in Italia diventata asfittico status quo. Compagni di vita, già genitori di una serena bimbetta, Nicola (Mastandrea) e Sara (Cortellesi) sono alle prese con la nascita del secondo figlio. Terrorizzati di non farcela, in un Paese sempre più ostile. Perché, si sa, quando si parla di figli, oggi, non è vero che 1+1 fa 2, 1+1 fa 11.E i presagi funesti che attanagliano Nicola, procurandogli il fiato corto, ben presto si rivelano veritieri. "È anche un gesto eroico in questo Paese a crescita zero in cui nessuno fa più figli", prova a convincersi lui. "E ci sarà un motivo", lo schiaccia a terra lei.

La sceneggiatura di Mattia Torre

Le notti insonni, la figlia maggiore da portare a scuola e alle sue varie attività extrascolastiche, le chat di classe, le feste in maschera con i compagni della primogenita, il lavoro che impelle perché anche bollette e spese impellono, la pediatra guru (la più costosa che c'è, ovviamente, per scansare ogni senso di colpa e di inadeguatezza verso i figli)…

La sceneggiatura tocca ogni piega tragicomica della vita di un genitore di oggi, e lo fa con una lettura lucida e tagliente, ma con una leggerezza tutta da ridere. A scriverla è stato Mattia Torre, sceneggiatore morto l'anno scorso a 47 anni, già autore della dissacrante serie tv Boris e regista del successivo Boris - Il film. Lo script deriva dal suo stesso monologo I figli invecchiano e associa registro comico ad analisi profonda. La regia è di Giuseppe Bonito, al suo secondo film.
È rivelatorio quanto spassoso il confronto infuocato tra generazioni: da una parte ecco Sara e Nicola, affannati, frustrati, in deficit di sonno, sempre pronti a beccarsi a vicenda; dall'altra ecco la madre (Betti Pedrazzi) di lei, la suocera di lui, che si gode serenamente la vecchiaia e la pensione, questo sconosciuto, tra un corso di Pilates e un piccolo aiuto alla figlia nelle attività del pomeriggio della nipotina. Quando Sara e Nicola le chiedono di prestare un po' di tempo anche per il nuovo nato, scatta una vera e propria guerra generazionale. "Vi siete presi tutto", le urla Sara. "Vi siete presi il futuro, che sarete gli ultimi ad avere perché non morite neanche più".

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Una scena di "Figli"


Le trovate stilistiche

Quante volte, in situazioni di stress e ansia estreme, avete immaginato una fuga o un gesto liberatorio, che materializzate con la mente davanti a voi, pur non facendolo, stile Ally McBeal della scanzonata serie tv? Ecco, in Figli, Cortellesi e Mastandrea sognano continuamente evasioni o rese. Quando la disperazione e l'urto emotivo strabordano, eccoli correr via e buttarsi dalla finestra, finalmente: un immaginario più efficace di mille pianti o grida. Sono tante le trovate stilistiche che rendono Figli una piccola simpatica chicca. Per fortuna, i pianti esagitati del figlio neonato ci vengono risparmiati e, per convenzione, sono tradotti in estratti della Sonata 8 di Beethoven.
I momenti didascalici, invece, sono rappresentati su fondo bianco. Quella sera in cui, per la prima volta, Luca si prende cura da solo di suo figlio, come abitualmente e tutti i santissimi giorni fa Sara, quando lei rincasa ecco che lo vede con addosso una tuta da Superuomo. Realtà, percezione della realtà e inconscio si intrecciano con disinvoltura e in flusso armonico e piacevole. La cosa bella di questo distillato delle paure di molti? Uscendo dal cinema, nonostante quanto visto sia assolutamente e disperatamente vero, abbiamo addosso ancora il sorriso e pure la speranza.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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