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Immagine del film "Roubaix, une lumière" (Foto: Shanna Besson)
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I 10 film francesi più belli del 2020

Al primo posto Roubaix, une lumière, un film cupo ma pieno di umanità, specchio di questo anno faticoso. E poi tante commedie e anche affreschi di mondo arabo visto con sguardo di donna

Ecco il meglio dei film francesi usciti nel 2020 in Italia. È stato un anno faticoso, anche per il cinema, segnato dal Covid, ma la truppa di titoli francesi, al solito, non si è tirata indietro. Al primo posto un film cupo ma pieno di umanità, casualmente specchio di questo anno agli sgoccioli.

1) Roubaix, une lumière - Roubaix, una luce di Arnaud Desplechin

Un polar implacabile nel suo racconto buio e lineare, così aderente al vero. A Roubaix, la sera di Natale, un commissariato di polizia vive la sua routine di denunce, arresti, indagini. Il capo è un carismatico e umanissimo Roschdy Zem (premio César per questa interpretazione). E poi un delitto e due tossiche dal rapporto ambiguo come testimoni: Léa Seydoux, torbida e incosciente, e Sara Forestier. Desplechin trascende il thriller per esplorare gli abissi dell'animo umano.

2) Doppio sospetto di Olivier Masset-Depasse

Titolo originale: Duelles. Noir franco-belga, vincitore di sei premi Magritte (gli Oscar del cinema belga). Scenografie ed abiti anni '60 accattivanti, per un thriller psicologico e drammatico che verte su un'amicizia femminile strettissima, come la morsa di un serpente. Spesso inquieta, tra sospetto e paranoia, pur crescendo poco in potenza. Sul finale perde di plausibilità. Con Veerle Baetens dello strappalacrime Alabama Monroe - Una storia d'amore e Anne Coesens.

3) I miserabili di Ladj Ly

Titolo originale: Les Misérables. Premio della giuria al Festival di Cannes 2019, è un affresco molto realistico delle condizioni di vita di città e periferie, un magma umano brulicante dove nessuno è totalmente colpevole o totalmente innocente. È stato osannato dalla critica, ma ha i suoi lunghi momenti già visti e poco appassionanti.

4) Una intima convinzione di Antoine Raimbault

Titolo originale: Une intime conviction. Dall'ossessione di Raimbault per il caso Suzanne Viguier, è nata un'ossessione cinematografica che segue il processo a Jacques Viguier, riportando scrupolosamente ciò che è stato detto nelle udienze e nelle intercettazioni telefoniche: il 27 febbraio 2000, in Francia, Suzanne Blanch, moglie di Jacques Viguier, professore di diritto all'Università di Toulouse, scompare e il primo sospettato è il marito, accusato dell'omicidio della moglie, pur senza cadavere. Un processo durato dieci anni, concluso con l'assoluzione di lui. Il regista sceneggiatore, al suo primo lungometraggio, ha aggiunto un personaggio di fantasia, quello interpretato da Marina Foïs, ossessionato come lui dal caso e dal dimostrare l'innocenza di Viguier, che tutti accusano.

5) Una classe per i ribelli di Michel Leclerc

Titolo originale: La lutte des classes. Gradevole commedia che si fa beffe delle contraddizioni di certa sinistra contemporanea, garantisce scoppi di risa, divertiti. Protagonisti due genitori idealisti (Leïla Bekhti e Eduard Baer) che si trasferiscono nella banlieue parigina: loro figlio si ritroverà unico «bianco» in una classe multiculturale. Quell'eterogeneità sociale in cui avevano sempre creduto li farà cadere in non poche incoerenze. Le loro zone d'ombra, inaspettate, aprono a situazioni davvero spassose.

6) Non conosci Papicha di Mounia Meddour

Titolo originale: Papicha. Opera prima della regista algerina francese, ispirata – purtroppo – a fatti realmente accaduti. Mounia ha vissuto in prima persona il decennio nero dell'Algeria. Ad Algeri, anni '90, un'adolescente vitale e piena di aspirazioni normali (studiare, vestirsi con jeans e maglietta, diventare stilista), deve sbattere contro una recrudescenza violenta e brutale di fondamentalismo islamico che vuole le donne sottomesse, mute, ammantate da capo a piedi. È un film d'esordio con tratti ingenui, ma anche scene che emozionano: l'irruzione durante la sfilata è un pugno in faccia.

7) Un divano a Tunisi di Manèle Labidi

Titolo originale: Un divan à Tunis. Commedia che vuole alternare spruzzate comiche e folli a profondità e riflessione, anche se quest'ultimo intento è poco riuscito e ricade in stereotipi. La psicoanalista disinvolta ed autonoma interpretata dalla bellissima Golshifteh Farahani torna in Tunisia, dopo essere migrata a Parigi, e apre uno studio di psicoanalisi in un sobborgo popolare di Tunisi, un ambiente non propriamente favorevole: tra i suoi clienti, sorpresi dalla novità, c'è chi scambia Freud per un fratello musulmano dalla lunga barba e chi confonde le sedute a pagamento con «servizi a pagamento».

8) L'hotel degli amori smarriti di Christophe Honoré

Titolo originale: Chambre 212. Commedia sentimentale e psicologica che infastidisce e affascina, seduce e annoia. Chiara Mastroianni, invece, ammalia senza sensazioni contraddittorie (premio migliore attrice a Cannes nella sezione Un certain regard): all'ennesimo tradimento, vissuto senza il minimo rimorso, il suo personaggio lascia il tetto coniugale per trasferirsi nella stanza 212 dell'hotel di fronte casa. Inizia così un balletto di ripensamenti sugli amori passati, sugli amanti, su ciò che poteva essere e non è stato, in una messa in scena teatrale bizzarra e surreale, che a volte fa sorridere, a volte si accartoccia su di sé.

9) Alice e il sindaco di Nicolas Pariser

Titolo originale: Alice et le maire. Senz'altro audace il punto di vista di Pariser, che inquadra l'impotenza del mondo politico, incastrato tra teoria e azione, con la filosofia che prova ad entrare nelle stanze delle decisioni. Fabrice Luchini, sindaco demotivato, e Anaïs Demoustier, studiosa brillante, sono i suoi sottili protagonisti, che tengono alta l'attenzione per buona parte del film, ma nulla possono, sul finale, contro una certa noiosità.

10) Imprevisti digitali di Gustave Kervern e Benoît Delépine

Titolo originale: Effacer l'Historique. Tre vicini di casa (Blanche Gardin, Denis Podalydès, Corinne Masiero), persone normali abbastanza sopraffatte dalla vita e dalle bollette, fanno i conti anche con le loro idiosincrasie digitali. E, chi per cancellare un video sexy dalla Rete, chi per aumentare le recensioni positive su Uber, lanciano la sfida ai giganti di internet. Orso d'argento al Festival di Berlino. Commedia in cui si ride poco e ogni tanto perde di ritmo, ma che fotografa la contemporaneità delle persone comuni alle prese con le paludi della tecnologia.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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