In Francia la scuola elementare inizia a 3 anni: un'idea da copiare
L'Italia dovrebbe seguire questa buona idea di Macron, che allarga l'orizzonte dei bambini
Ho una nipote nella stanza di là che studia Heidegger. Lo capisce? Meglio di me. Abbiamo discusso di trascendenza e immanenza, e lei fa ragionamenti più forti dei miei, possiede categorie mentali più moderne. S'è iscritta a Filosofia, ha fatto tre esami, tutti e tre trenta e lode. Non l'avevo previsto. Mi son chiesto: "Poteva iscriversi un anno prima?". Ma certamente: avrebbe capito un anno prima quel che capisce adesso, il suo cervello s'è sviluppato prima che io me n'accorgessi. E io non sono un'eccezione. In tutte le famiglie succede così.
La scuola italiana svaluta la conoscenza dei bambini
I nostri figli e i nostri nipoti sono, quanto a capacità ragionativa, più avanti di quanto noi supponiamo. A un anno di età, uno e mezzo, due, fanno scoperte rivoluzionarie. Noi non abbiamo neanche un'idea di quanto plastico e malleabile sia il loro cervello. A un anno e mezzo questa mia nipote guardava la cassetta di Cenerentola. C'era il Re che voleva fare un ballo a corte perché il principe trovasse moglie. In una scena annunciava l'intenzione: "Domani faremo un ballo a corte". Nella scena successiva si svolgeva il ballo. La piccola strabuzzò gli occhi e disse: "Perché adesso è domani". Aveva scoperto il tempo nel cinema. Fino a quel momento era convinta (cercate di capirmi) che, se il Re fa un ballo domani, noi spettatori dobbiamo aspettare a casa nostra che venga domani per vedere il ballo. Adesso sa che il tempo nell'arte è diverso dal tempo nella realtà, così come lo spazio.
La nostra scuola sfrutta questo anticipo nella comprensione dei bambini? No, per niente. Facendo partire la scuola dai sei anni trascura e svaluta la conoscenza dei bambini. La sfrutta la Francia, dove in questi giorni il presidente Macron ha annunciato la volontà di far cominciare le scuole elementari all'età di tre anni. Non abbiamo avuto noi quest'idea, ed è una colpa. Ma potremmo copiarla, se non la copiamo sarà un'altra colpa.
Copiare le cose che funzionano è una forza
Tutte le cose che da noi non funzionano e in qualche paese estero sì, potremmo copiarle, a partire dalla legge elettorale. Quando il Giappone col suo progresso galoppava, copiava a tutto spiano. Ho fatto un viaggio una volta su un'auto della Rai, da Roma a Milano, l'auto era un'Alfa e trasportava anche un altro ospite, un giapponese, che nell'abitacolo fotografava il volante, il cruscotto, lo stemma del Biscione, finché l'autista lo bloccò: "Ma non vorrete copiare anche il simbolo di Milano?".
Copiare è una forza, specialmente se migliori quello che copi. I nostri asili sono perfetti per fare scuola, dimenticate le maestre che picchiano i bambini. Sono poche sadiche. Lo stare insieme eccita il cervello ed è già di per sé didattico. I bambini imparano anche solo guardandosi. Bambini di diverse lingue userebbero per forza una lingua comune, che sarebbe l'italiano. Una nuova società comincia dall'asilo, come una nuova casa dalle fondamenta. Ora come ora, i nostri asili sono depositi d'intelligenze inutilizzate. Tre anni sprecati. Noi trattiamo i bambini da bambini, in realtà sono ometti.
(Articolo pubblicato sul n° 16 di Panorama, in edicola dal 5 aprile 2018, con il titolo "L'esperimento")