Franco Battiato avrebbe 80 anni: un genio senza eredi
La traiettoria imprevedibile di un artista unico e inimitabile che ha contaminato i generi, facendo incontrare sacro e profano, alto e basso, classica e pop
Una cosa occorre chiarirla subito: l'arte di Franco Battiato non si può ridurre ai suoi brani più noti e popolari: la discografia che ha lasciato ai posteri parla chiaro e spazia dalle sperimentazioni progressive rock ed elettroniche dei primi anni Settanta alla Messa Arcaica (che considerava una delle vette della sua carriera), lungo un percorso di album e canzoni che non sono inquadrabili in nessun genere musicale, ma che sono la realizzazione dell'incontro magico tra musica e spiritualità.
Se oggi fosse ancora qui tra noi, avrebbe ottant'anni. Era nato a Ionia, in Sicilia, il 23 marzo 1945.
La verità è che nessuno lo ha mai capito davvero Franco Battiato. Per una serie di ragioni che si possono riassumere in una: applicati a lui gli schemi convenzionali con cui si giudica un artista non sono mai stati un parametro adeguato. In primis perché le sue opere musicali non sono riconducibili ad alcuno schema. Battiato le convenzioni le ha sempre rigettate, così come ha sempre rigettato con uno sguardo di ironica compassione tutti quelli che per vari motivi si rivolgevano lui come un guru, un maestro che emanava luce.
Non era esattamente tipo da farsi adulare Franco Battiato e il rispetto che si è guadagnato nel corso degli anni stringendo intorno a sé un pubblico sempre più vasto, lo ha ottenuto con la musica, con le suggestioni che riusciva a creare, contaminando generi, facendo incontrare sacro e profano, alto e basso, classica e pop, diventando di volta in volta accessibile e mainstream, ma anche incomprensibile ai più. Non ci sono eredi del suo modo di fare musica, perché gli artisti come lui sono un'inafferrabile eccezione.
Ce lo ricordiamo tutti nel magico triennio 1979-1981 quando con tre dischi stupefacenti: L'era del cinghiale bianco, Patriots e La voce del padrone aveva cambiato volto alle classifiche facendo passare in radio il lato più surrealista e spiazzante della sua vocazione pop.
Se ne è andato in silenzio nel 2021 sciogliendo progressivamente i fili che lo legavano alla vita e circondato solo dagli affetti delle persone più care. In eredità lascia un patrimonio di album e canzoni che sono lì per emozionare quelli che c'erano quando le ha composte, quelli che verranno o che non erano ancora nati quando quelle meraviglie uscirono su vinili e cd.
Da Centro di gravità permanente a Up Patriots to arms, passando per Alexander Platz, Summer on a solitary beach, Gli uccelli, E ti vengo a cercare, Bandiera bianca, L'era del cinghiale bianco, La stagione dell'amore e poi ancora un'invettiva politica e sociale, un atto di amore verso l'Italia espresso con le parole più dure, quelle di Povera Patria. E infine, su tutte, La cura, una canzone d'amore universale, che non va commentata ma solo ascoltata. Ed eventualmente consigliata a chi non ha mai avuto la fortuna di imbattersi in tanta bellezza.