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Glory - Non c’è tempo per gli onesti, al cinema – La recensione

La bella parabola dell’umile ferroviere Tsanko, da “eroe nazionale” a zavorra di Stato. Un vecchio orologio paterno che batte il tempo della vita

Quanto vale un orologio da polso? O quanto può valere? Moltissimo, probabilmente “tutto”, al polso di Tsanko Petrov (Stefan Denolyubov), ferroviere selvatico e solitario dalla folta barba, strozzato dalla balbuzie, povero ai limiti dell’indigenza, premuroso nel dividersi il cibo con i conigli che alleva nel suo misero orticello.

Modesto, integro e galantuomo Tsanko, protagonista di Glory, non c’è tempo per gli onesti (in sala dal 21 settembre, durata 95’) di Kristina Grozeva e Peter Valchanov (stesso cognome di Rangel, uno dei padri del cinema bulgaro ma nessuna parentela a quanto pare), apprezzati e premiati ai festival internazionali con The Lesson (2014), da tempo in sodalizio artistico e giovani prospettive nel nuovo corso del cinema bulgaro. Tanto perbene e retto, quest’uomo, che quando trova lungo la ferrovia  una montagna di banconote piovute chissà da dove, anziché intascarle e cambiar vita pensa bene di avvertire la polizia e rimettere tutto nelle mani dello Stato.

Il premio diventa un incubo digitale e “cheap”

E lo Stato che fa? Lo definisce “eroe della nazione” e lo premia. Teatro della cerimonia il Ministero dei Trasporti col ministro in persona (l’attore Ivan Savov) e soprattutto con la sua portavoce Julia Staikova (Margita Gosheva, già protagonista di The Lesson), donna senza scrupoli, arrivista e distratta, oltre a tutto impegnata in una difficile maternità surrogata, che finirà col diventare il suo incubo.

Perché il “premio” del ministero è un orologio da polso, digitale e molto cheap, stretto dal ministro attorno al polso di Tsanko, proprio là dove prima c’era il suo vecchio cronografo marcato “Gloria”, con la dedica del padre sulla cassa, che nel frattempo madame Staikova gli ha sfilato tenendolo con sé per lasciar posto al nuovo.

La battaglia di un umile “campione” diventato molesto

Soldi trovati, orologio perso. Difatti quando Tsanko, in preda all’ansia da smarrimento e alla smania di recupero (senza contare il rompicapo per capire come funziona la nuova patacca), chiede alla donna di restituirgli il suo amato “Gloria”, lei glie ne fa recapitare un altro uguale perché l’originale, semplicemente, non lo trova più.

E incomincia da qui la lunga, tenace e ossessiva battaglia del poveraccio – tra l’altro incapace di esprimersi compiutamente per via della balbuzie - per riavere il suo orologio: con la disperazione dell’umile campione per un giorno diventato, per il “potere” simboleggiato dalla cinica funzionaria, improvvisamente molesto. Soltanto per avere reclamato ciò che apparteneva alla sua più intima sfera affettiva.

L'attesa di un epilogo che sorprende e inquieta

Degli esiti, anche dolorosi e grotteschi, di questa bella parabola morale ?" candidata dalla Bulgaria all'Oscar per l'opera in lingua straniera - naturalmente si tace. Perché il film, a poco a poco, dilata i suoi spazi apprensivi e le sue tensioni spalancandosi all'attesa di un epilogo che sorprende ed inquieta.

Con due magnifici antagonisti nella struttura dei personaggi e nelle rispettive recitazioni di Denolyubov e Gosheva; e con un terzo elemento ugualmente protagonista, l'orologio ?Gloria?, capace di determinare gli eventi guidandoli in un efficacissimo percorso drammaturgico.

Già, perché quel cronografo ticchettante dall'aria vintage e un po' qualunque, con la sua incisione paterna e l'incedere ineluttabile ?" a suo modo misericordioso - delle vecchie lancette, regola l'esistenza di Tsanko come se egli stesso appartenga al movimento dei suoi ingranaggi.

Battendo il tempo della vita come l'ignoto piccolo ferroviere batte sulla rotaia il ferro della sua lunga chiave inglese saggiando il bullone da stringere. Perduto il ?Gloria? ?" e perduta in qualche modo anche l'effimera gloria conquistata ma non richiesta per un atto considerato normale ?" l'uomo smarrisce ogni riferimento nell'ostile quadrante digitale: proclamando la relatività del tempo fondata sulle variabili degli orologi che lo marcano.

Quella critica istituzionale nitida e tagliente

Un viaggio nell'oscurità dell'eroe di cartone. Un altro degli eroi che il cinema bulgaro ha rappresentato nella sua storia. Stavolta, però, senza gli orpelli o i trionfalismi celebrativi che ne determinarono i caratteri un po' bolsi e pomposi negli anni del regime, relegandolo ad una posizione non preminente tra le cinematografie dell'Est europeo.

Piuttosto una liaison con il passato che si realizza con una umanità, una profondità e una semplicità interpreti perfette dei caratteri di questa produzione: rinnovata sulle basi della sua solida scuola, affidata a giovani autori, incline allo sguardo sociale e al suo riflesso individuale.

Non senza attivare il dispositivo di una critica istituzionale piuttosto nitida e tagliente: specie nell'atteggiamento ?" ovunque abbastanza tipico, per la verità ?" di quel ministro, della sua portavoce, di tutto il ministero e in definitiva dell'apparato statale verso  l'invisibile Tsanko diventato improvvisamente visibile e, ahi noi, anche risibile. Perché trattato come un idiota e un seccatore da uno Stato che, senza meriti, prima si gonfia il petto con la sua onestà poi lo scarica come imbarazzante zavorra.

Per saperne di più

Ricerca: scoperti nel cervello i centri dell'onestà, si possono stimolare

I Wonder Pictures distribuzione, Ufficio stampa Echo srl Stefania Collalto, Lisa Menga, Stefania Gargiulo, Giulia Bertoni
Il momento cruciale: Tsanko (Stefan Denolyubov) ritrova sui binari una montagna di denaro. Che restituirà

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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