Così la Guardia di Finanza ha scoperto il secondo covo di Matteo Messina Denaro
Controllo dei dati catastali ed altre analisi. Così gli uomini delle Fiamme Gialle hanno scovato il nascondiglio principale del super latitante
Un bunker all’interno di un appartamento situato nella stessa area di Vicolo San Vito a Mazara dove Matteo Messina Denaro aveva il suo quartier generale. Così gli uomini delle Fiamme Gialle e i magistrati della procura di Palermo avrebbero individuato un secondo nascondiglio dell’ex latitante numero uno. Si tratterebbe di un bunker realizzato dentro un’altra casa, a 300 metri proprio da vicolo San Vito. L’ipotesi che potesse esistere un altro luogo in cui il boss si nascondeva era cresciuta man mano che veniva perquisito il primo covo, in particolare alla luce di quanto ritrovato (e non ritrovato) all’interno. Si cerca infatti il cosiddetto “tesoro del boss” e, al momento non è ancora chiaro se si tratti del luogo in cui il capomafia custodiva documenti riservati, pizzini, soldi e informazioni che ora i magistrati cercano. Il bunker si trova a circa 300 metri dall'abitazione di vicolo San Vito.
Al secondo covo gli investigatori del Gico della Guardia di Finanza sono arrivati grazie all'analisi di alcuni dati catastali. Proprio lo screening su questa serie di informazioni, assieme ad un'analisi del contesto scaturita da un'attività informativa e investigativa, ha infatti consentito di localizzare il covo.
La proprietà è di Errico Risalvato, indagato e poi assolto, nel 2001, dall'accusa di associazione mafiosa. La casa si trova in via Maggiore Toselli, a Campobello di Mazara. Errico è fratello di Giovanni Risalvato, condannato a 14 anni per mafia, imprenditore del calcestruzzi.
Quella casa è stata acquistata dal prestanome Andrea Bonafede. Secondo gli inquirenti gli oggetti rinvenuti avrebbero fatto pensare a «una casa di villeggiatura». Pare siano stati trovati diversi abiti griffati, profumi e un frigorifero pieno di cibo. Trapela poi che siano state sequestrate ricevute di ristoranti, pillole per potenziare le prestazioni sessuali e profilattici.
Resta il mistero sul cosiddetto archivio di Totò Riina. Secondo i racconti di diversi pentiti ritenuti attendibili, come Nino Giuffrè, già braccio destro di Beppe Provenzano, Messina Denaro avrebbe recuperato almeno parte dei documenti conservati da Riina, portati via dopo la mancata perquisizione del covo del boss.