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(Ansa)
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Guerra in Ucraina: la controffensiva che verrà

Il gen. di corpo d'Armata Maurizio Boni analizza lo stato attuale del combattimento in Ucraina con un occhio alla primavera

Tra le analisi che si sono succedute nelle ultime settimane concernenti la situazione militare in Ucraina dopo un anno di conflitto, quella offerta ieri dal Washington Post merita particolare attenzione. Costituisce, infatti, una delle rare occasioni nelle quali il focus dell’analisi è incentrato sulle capacità operative delle forze armate di Kiev e sulla possibilità che queste possano realmente condurre la tanto aspettata controffensiva di primavera dovendosi difendere, nel contempo, dall’altrettanto attesa iniziativa delle truppe di Mosca.

Il contenuto di questa analisi, piuttosto pessimista ed effettuata con interviste “sul campo”, non ci stupisce affatto poiché descrive una situazione, ampiamente prevedibile e già in parte anticipata da alcuni analisti, speculare a quella dei russi oggetto di innumerevoli osservazioni, a partire dall’impressionante tasso di perdite (120.000) molto vicino a quello delle truppe impiegate nell’operazione militare speciale di Putin.

La “simmetricità”, per così dire, delle due situazioni è proprio l’aspetto che ha impedito sino ad ora il conseguimento di vittorie decisive sull’amplissimo fronte che contraddistingue questo conflitto.

Vittorie che dovrebbero essere basate su una “massa critica” di forze terrestri e aeree che non si è mai realizzata e che con molta probabilità non si realizzerà neanche nel futuro immediato. Per dare un’idea dovrebbero essere schierate in un settore del fronte come quello del Donbass, almeno il doppio della forza d’invasione russa (190.000 compresi i supporti), unitamente all’impiego di forze aerotattiche e di elicotteri d’attacco.

Vittorie che devono essere giudicate (non ci stancheremo mai di dirlo) sulla base del conseguimento degli obiettivi strategici che i due belligeranti si sono dati. Tra questi, per l’Ucraina la ricostituzione dei confini prebellici del 2014 e per la Russia, la conquista del Donbass unitamente al riconoscimento della Crimea e delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, la regione di Kherson e quella di Zaporizhzhya quale territorio russo.

A fattor comune, gli aspetti chiave delle carenze capacitive che influenzano lo sviluppo delle operazioni sono costituiti dalla carenza di soldati esperti (uomini e donne), nella qualità, quantità e tipologia del loro addestramento, nella disponibilità di mezzi da combattimento e del munizionamento. Ebbene nessuno di questi elementi è presente oggi sul campo di battaglia in misura tale da poter assicurare anche minimamente il conseguimento degli obiettivi appena citati.

Per i russi, quello che è risultato evidente nel corso del conflitto è una forte carenza di soldati, soprattutto per l’alimentazione delle unità di fanteria, causata da alcune scelte e compromessi operati da Mosca nel corso delle riforme avviate per trasformare in chiave moderna il proprio strumento operativo che ha penalizzato le forze terrestri. La forza d’invasione dell’operazione militare speciale comprendeva la grande maggioranza delle forze professionali russe ed è stata tutta spesa in un anno di combattimenti durissimi. Difficilmente i rimpiazzi riescono a garantire una capacità di combattimento pari a quella di un anno fa perché non bastano pochi giorni o settimane di addestramento per formare il soldato, poi il membro di una squadra/equipaggio, che poi agisce nell’ambito di un plotone, di una compagnia e via a salire sino a raggiungere le unità da combattimento più complesse. E questo vale anche per gli ufficiali e i sottufficiali chiamati a guidare le neo costituite unità.

Il Washington Post ci dice che gli Ucraini si trovano nelle stesse condizioni. Afflusso di reclute inesperte, pochi soldati rimasti con esperienze di combattimento, carenza di ufficiali (specialmente giovani), grandi difficoltà ad affrontare la vita (e la morte) in trincea. Kiev può godere di un sistema di addestramento più distribuito basato sul contributo dei paesi sostenitori, meno caotico di quello di mobilitazione russo ricostituito in tutta fretta, ma che può far conto, quest’ultimo, su una disponibilità numerica più favorevole di quella dell’avversario.

Anche sull’aspetto dei mezzi da combattimento non ci sono i numeri per assicurare una vittoria decisiva. Con riferimento ai carri armati, tra i più considerati nelle analisi degli ultimi tempi, i dati sulle perdite (fonte OSINT della società Oryx) parlano di 1831 conferme visuali di carri distrutti, danneggiati o abbandonati, 550 dei quali catturati e attualmente in mano ucraina. Quasi il 60% dei carri con i quali la Russia ha avviato l’invasione. I mezzi che stanno affluendo in Donbass dallo scorso autunno fanno parte delle riserve alle quali Mosca sta attingendo a piene mani per ricostituire le proprie unità. Ma anche in questo caso i numeri non esprimono mai, da soli, una capacità. Bisogna ricreare gli equipaggi e metterli in grado di poter sopravvivere e operare con successo sul campo di battaglia. E questo discorso vale anche per gli ucraini che dovranno, oltretutto, affrontare la sfida di preparare equipaggi su molte linee differenti e sostenerle logisticamente.

L’aspetto della disponibilità del munizionamento, infine, sta mettendo i due eserciti e i sostenitori dell’Ucraina in special modo, di fronte alla realtà di un consumo enorme che nessuno dei paesi della NATO sarebbe stato in grado di sostenere da solo, e che la stessa Russia fatica a mantenere, dopo un anno di guerra. Alcuni paesi dell’Alleanza Atlantica ex appartenenti al Patto di Varsavia stanno addirittura riavviando la produzione di proietti di artiglieria e munizionamento contro carro di tipo ex sovietico per venire incontro alle esigenze di Kiev.

Con queste premesse assisteremo con molta probabilità a una ripresa dei combattimenti caratterizzata da altissima intensità, ulteriori crudeltà ma ben pochi risultati sul piano prettamente militare. Sia Putin che Zelensky sono certi della vittoria e quest’ultimo ha anche chiaramente indicato il 2023 come l’anno del suo conseguimento. Non siamo certi di poter condividere questo ottimismo perché, in assenza di un ridimensionamento degli obiettivi, gli esiti di questo conflitto rimarranno incerti per lungo tempo.

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Maurizio Boni