Helloween, una storia metal: il ritorno con "My God-Given Right"
Intervista alla trentennale heavy band tedesca. Tra presente, passato e futuro...
Era il 1985, tutto era diverso, la musica si ascoltava su vinile e la cosa più vicina ad un download era la musicasetta registrata dall’amico sempre più aggiornato, con le novità che potevi trovare solo nel tuo negozio di dischi di fiducia, quello un po’ di nicchia. E quando ci entravi spesso erano le copertine magiche e colorate che ti attiravano, a volte avevi solo sentito nominare quei gruppi….poi per curiosità li acquistavi, li portavi a casa, li mettevi sul “piatto” e come per magia, scoprivi un mondo…
All’inizio pensavi di essere solo, poi, pian piano, ti saresti trovato catapultato in una nuova dimensione, e il cerchio magico si sarebbe allargato. Timidamente avresti acquistato il classico “chiodo” e i classici “anfibi” per diventare anche tu a tutti gli effetti un metallaro. Preistoria? Forse, ma per chi ancora ci crede sono dolci ricordi che fortunatamente proseguono nel presente.
Sono passati trent’anni dall’uscita di Walls Of Jericho, il primo storico album degli Helloween. Oggi quel mondo non c’è più, ma la musica è rimasta, è cresciuta, a volte ha sperimentato nuove strade, per poi tornare in carreggiata. Gli Helloween questo danno ai loro fan, la grandezza, l’epicità e la potenza delle radici, di chi sa dove sta andando, ma soprattutto sa da dove è partito, perché le nostre origini non ci abbandonano mai.
Incontriamo Michael Weikath e Andi Deris, rispettivamente chitarra e voce, sulla terrazza all’ultimo piano in Piazza della Repubblica. Il sole sta calando, ma è ancora molto caldo e avvolge il profilo della metropoli… Milano, a volte, sa essere molto bella.
Sono stanchi, arrivano da dieci giorni filati di promozione, e sono ore e ore che parlano. Ma si dilungano volentieri e la conversazione diventa piacevole. Spaziano dal nuovo lavoro My God-Given Right , alla letteratura, a come le nuove tecnologie hanno cambiato le vite, alla vita lontana dai palchi. Perché dopo trent’anni la storia si fa narrazione e le domande quasi non servono più.
Anche in questo disco line-up, produzione e art work non sono cambiati. Possiamo dire che squadra che vince non si cambia?
A.D. Sì, esatto. E la cosa ci evita molto stress. Charlie Bauerfeind (produttore, ndr) è come se fosse il sesto membro della band. Avere sempre lui significa non dover ogni volta svelare le proprie debolezze, perché già le conosce. È un enorme risparmio di tempo, ci si capisce subito. E lo stesso vale per la band, se hai un nuovo membro devi rifare tutto daccapo.
M.W. Concordo, sono undici anni ormai che siamo assieme. Il produttore in un certo senso guida il tuo lavoro, se hai a che fare con una persona nuova magari capita che sceglie più parti composte da una persona a discapito di altre, solo perché gli piacciono di più. E così interferisce troppo negli equilibri del gruppo. Non c’è ragione di cambiare quando le cose funzionano. Possiamo lavorare in siti diversi e assemblare poi il tutto, non è necessario essere sempre tutti nello stesso posto. Si risparmia molto tempo. Ora, finalmente, abbiamo più controllo sull’intero processo.
In passato si passavano ore in studio per far nascere un album e le idee spesso venivano fuori durante le jam, oggi, con le nuove tecnologie, si può lavorare in siti diversi pur essendo connessi…
A.D. Sì e no, si può lavorare comunque nel vecchio stile, ma usando le nuove tecnologie, basta avere gli stessi programmi. Possiamo essere on line e richiedere modifiche di parti che non riteniamo funzionali nell’immediato, e in due minuti arriva la nuova versione. È come se si fosse seduti attorno a un tavolo, semplicemente invece di avere un tavolo fisico i volti dei miei compagni sono sul mio portatile.
M.W. Si guadagna molto in termini di tempo e di stress. Durante le prove del Keeper III (Keeper of The Seven Keys– The Legacy, ndr) ci sono stati momenti di tensione, e dopo ore e ore a volte si perdeva di lucidità e la stanchezza aveva il sopravvento. La cosa migliore è arrivare preparati e convogliare tutto il materiale in studio, in questo modo abbiamo scadenze con le quali lavorare e tutto funziona al meglio. Si può lavorare e scrivere a casa, così da avere più tempo da dedicare alle proprie famiglie, agli amici e a se stessi.
Martin Häusler (l’artista che ha disegnato la copertina) ha dichiarato di essersi ispirato al film Day After Tomorrow. Di cosa parla My God-Given Right, ha un tema centrale legate a quel film o le canzoni trattano di argomenti diversi?
A.D. Sono argomenti diversi, non è un concept. My God-Given Right (il mio sacrosanto diritto) è una cosa che mi disse mio padre quando terminai la scuola. Mi disse che era mio sacrosanto diritto seguire i miei sogni, fare ciò che mi avrebbe reso felice e se ciò fosse accaduto anche lui sarebbe stato contento. È la stessa cosa che ho detto a mio figlio, ricordandogli le parole del nonno. Da questa idea ne è uscito un art work particolare. Martin Häusler ha interpretato il concetto a modo suo, la lotta del genere umano per la sopravvivenza contro un’armata di zucche.
Guarda il video di My God-Given Right
Gli Helloween sono la vostra vita, c’è però qualche progetto solista, o qualche progetto in generale anche non strettamente legato alla musica che vi interesserebbe portare avanti o che già fate ? Per esempio Sascha Gerstner (chitarrista) è anche un fotografo, Paul Stanley (voce e chitarra dei Kiss) dipinge. Ci sono altre cose che fate anche a livello professionale?
A.D. Io ho anche uno studio di registrazione, a volte è noioso essere un tecnico del suono se sei un musicista, non cambi mai ambito. Inoltre la creatività musicale che sprigiono quando scrivo cozza col la tecnica e la precisione che devo usare per registrare.
M.W. Non saprei esattamente cosa fare professionalmente oltre a quello che già faccio. Mi piace molto lavorare sulle immagini, con Photoshop ad esempio… Ho sempre amato i computer, utilizzare sempre nuovi software…
A.D. E sei anche molto bravo!
Hai mai pensato di insegnare?
M.W. No, grazie!!
A.D. (Ridono) Probabilmente faresti fuori i tuoi studenti!
Mi ha impressionato il fatto che la copertina di questo album rappresenti un paesaggio totalmente ricoperto di neve. La neve in letteratura è un concetto forte. Il racconto I morti di James Joyce (contenuto in Gente di Dublino) si chiude con queste parole: “E la sua anima gli svanì adagio adagio nel sonno mentre udiva lieve cadere la neve sull’universo, e cadere lieve come la discesa della loro estrema fine sui vivi e sui morti”.
M.W. Devo leggere James Joyce, ho sempre desiderato farlo devo solo decidere da che libro partire. In questo momento mi sto dedicando alla lettura della Trilogia di Isaac Asimov…
Ma il tempo è tiranno e non c’è più tempo per approfondire l’argomento…