L'incredibile storia dell'Isola delle Rose: i fatti veri, recensione, location
Il film di Sydney Sibilia ha il grande merito di rispolverare una vicenda che ha davvero dell'incredibile, in croccanti atmosfere vintage. I toni prepotentemente comici attraggono ma limitano, bloccando in una grande palla di vetro, dove al posto della neve ci sono i coriandoli, un ingegnere audace, Giorgio Rosa, e il suo sogno di libertà, ponderato e per nulla casuale
Mentre il Sessantotto scaldava animi e piazze di mezza Europa, in Italia, al largo delle placide acque di Rimini, un ingegnere sognatore costruiva un piccolo Stato tutto suo, che ora rinasce nel film L'incredibile storia dell'Isola delle Rose, uno dei titoli caldi di Netflix.
Uscito il 9 dicembre, L'incredibile storia dell'Isola delle Rose di Sydney Sibilia è uno dei film più visti del momento nella piattaforma digitale. Suo grandissimo merito: rispolverare una vicenda che ha davvero dell'incredibile, di cui si era persa memoria e che fa registrare negli annali della Storia quella che alcuni hanno definito la prima e unica guerra d'aggressione dell'Italia repubblicana, compiuta di fronte alle spiagge romagnole bagnate di turisti, contro una palafitta di ferro piantata nell'acqua.
Com'è nato L'incredibile storia dell'Isola delle Rose
L'incredibile storia dell'Isola delle Rose è una co-produzione internazionale, un film originale Netflix prodotto dalla Grøenlandia di Sibilia e Matteo Rovere, società di produzione italiana indipendente dallo sguardo dinamico.
Sibilia, regista sceneggiatore fattosi notare al debutto con Smetto quando voglio (2014), poi diventato film capostipite di una saga comica, sceneggia insieme a Francesca Manieri, compagna di penna degli ultimi due capitoli sulla banda di ricercatori diventati spacciatori.
L'Isola delle Rose è stato un tentativo di micronazione nato dalla mente audace di Giorgio Rosa, ingegnere bolognese classe 1925, morto nel 2017 a 92 anni. Il suo sogno invece, coltivato e concretizzato nell'arco di oltre un decennio, morì al largo di Rimini, fuori dalle acque territoriali, nel mare di nessuno, nel febbraio del 1969, dopo un lungo assedio del governo italiano. La sua micronazione, una piattaforma artificiale di 400 metri quadrati, durò soltanto 55 giorni, ma fu un fallimento dai contorni meravigliosi.
Questa avventura era tornata a galla recentemente con il documentario del 2010 Isola delle Rose e con il libro del 2013 L'Isola e le Rose di Walter Veltroni: non a caso Veltroni è tra i consulenti del film.
L'incontro con l'ingegnere Rosa, avvenuto anni fa, è stato il punto da cui Sibilia è partito per rivedere tutta la vicenda, scegliendo per la sua rilettura, ancora una volta, la chiave comica.
Rosa è interpretato da Elio Germano, la sua compagna Gabriella Chierici da Matilda De Angelis.
Elio Germano e Tom Wlaschiha nel film "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" (Foto: Netflix)
La vera storia dell'Isola delle Rose
Era il 1956 quando Giorgio Rosa, già con una carriera avviata come ingegnere e docente, dopo aver finito un cantiere edile a Bologna in via del Pilastro e aver battuto il muso contro la burocrazia e i legacci italiani, iniziò a formulare il suo progetto. Nel suo memoriale Il fulmine e il temporale di "Isola delle Rosescriveva: «Avevo constatato come l'America avesse introdotto in Italia (…) la schiavitù», «non potevi fare nulla che i politici non volessero, e questa schiavitù ogni giorno di più ti soffocava. I preti, con le loro assurde teorie e le loro sette, ti inchiodavano e volevano che tu non facessi nulla che a loro non garbasse; i comunisti cercavano di combattere i signori e di portare via loro con la terra anche la loro ragione di esistere; solo i politici, asserviti ai Russi od agli Americani, avevano un futuro». E quindi: «Ecco che sorse in me l'idea di fare un'isola dove fosse la vera libertà, dove le persone intelligenti potessero procedere e dove gli inetti fossero cacciati. Ed ecco che studiando la situazione trovai la possibilità di costruire un'isola».
Dopo aver letto di isole inglesi al di fuori delle acque territoriali, interpellato procuratori della Repubblica e un luminare di diritto internazionale, Rosa cominciò a vedere le possibilità giuridiche del suo anelito libertario. Da ingegnere, le capacità di progettare e costruire le aveva già (che alla fine tradusse nel brevetto n° 1799/A/68) e costituì la società SPIC (Società Sperimentale per Iniezioni di Cemento), insieme a Gabriella Chierici, che sposò nel 1960.
Dopo diversi sopralluoghi, nel 1960 scelse il punto «Z» in cui far crescere la sua isola di acciaio, a 11.612 km dalla linea di costa di Rimini, 550 metri fuori dalle acque territoriali. Pensò di costruire un telaio di tubi di acciaio ben saldati e poi chiuse le bocche dei tubi, facendoli trasportare per galleggiamento fino al punto prescelto. Qui, aprendo le bocche e imbarcando acqua, i tubi sarebbero andati ad appoggiarsi sul fondo, così da non dover utilizzare sommozzatori o palombari (idea visibile nel film, seppur in maniera semplificata).
Le Capitanerie di Porto di Rimini, Ravenna e Pesaro erano state allertate per opzionare spazi in banchina, per i rifornimenti di gasolio e per la costruzione della piattaforma presso i cantieri navali. Il 31 luglio 1964 la struttura toccò il fondale.
Per tutto il 1965 e il 1966 continuarono i lavori di armamento, seppur lentamente per le avverse condizioni atmosferiche. E cominciarono già i primi guai con la legge, con la Capiteneria di Porto che più volte intimo di cessare i lavori, in quanto in zona in concessione all'Eni.
Sui pali conficcati sul fondo del mare venne montata una piattaforma in laterizio armato di 400 metri quadrati per un'altezza di 8 metri sul livello del mare - il progetto era di cinque piani -, furono eretti muri per delimitare i vani, avviata una sopraelevazione e creata un'area di sbarco chiamata «Haveno Verda» (Porto Verde).
Il 20 maggio 1967 Rosa trovò l'acqua dolce a 280 metri di profondità dal piano di calpestio dell'isola. E, come scrive nel suo memoriale, «il 20 agosto 1967, su pressione di amici e conoscenti, feci iniziare le visite all'Isola». Divenne così una vera e propria attrazione turistica coinvolgendo frotte di ragazzi e ragazze dalla vicina costa riminese.
La proclamazione di Stato indipendente
L'Isola è stata proclamata da Giorgio Rosa stato indipendente il 1° maggio 1968. La nascita della Esperanta Respubliko de la Insulo de la Rozoj (Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose) viene annunciata ufficialmente nel corso di una conferenza indetta dallo stesso presidente Rosa il 24 giugno 1968.
L'isola si dota di una lingua diversa dall'italiano, l'esperanto, di una bandiera che ritraeva tre rose rosse su campo bianco e fondo arancio, di francobolli (ora super quotati) e di moneta, il Mill, che aveva cambio di 1 a 1 con la lira italiana. Adotta come inno nazionale lo Steueramann! Laß die Wacht!, cioè il Chor der Norwegischen Matrosen dalla prima scena del terzo atto de L'olandese volante di Richard Wagner.
Aveva anche un abitante stabile, Pietro Bernardini, approdato sull'isola dopo un naufragio in mare di otto ore, che prese poi in affitto la piattaforma per un anno.
Ma la micronazione durò pochissimo. Il 25 giugno 1968, a 55 giorni dalla dichiarazione di indipendenza, una decina di pilotine della Marina Militare italiana circondò l'isola impedendo a chiunque l'attracco e lo sbarco realizzando di fatto un blocco navale.
Rosa nel memoriale scrive: «In pieno contrasto con le leggi internazionali (ma per l'America e la sua serva, l'Italia, è un'abitudine), la Polizia politica italiana, i Carabinieri e la Guardia di Finanza, con la presenza di una decina di pilotine, alle sette di mattina circondarono l'isola e la occuparono militarmente. Da notare che sull'isola non vi erano armi, non si dava rifugio a nessun ricercato, non vi era droga o elementi contro l'Italia, e non vi era nessun contrasto con le leggi italiane. Così cominciò l'occupazione italiana della Libera Isola delle Rose che già aveva una costituzione ed un governo fatto di professionisti bolognesi che anelavano anch'essi alla libertà».
Iniziò così un tour de force tra Rosa e l'Italia che, secondo Rosa, «ebbe i suoi prodromi addirittura nel non lasciarmi attraccare né salire sulla struttura, io che ero il proprietario, e di tenere prigioniero il guardiano – sig. Piero Ciavatta - con sua moglie».
Giorgio Rosa inviò un telegramma al presidente della Repubblica italiana Saragat, denunciando la violazione della sovranità, senza ricevere risposta, e nelle settimane successive cercò, inutilmente, di stabilire una trattativa con il governo italiano.
L'11 febbraio 1969 i sommozzatori della Marina Militare italiana collocarono 675 kg di esplosivo sui pilastri dell'Isola, che tuttavia resistette alla prima esplosione. Ci riprovarono due giorni dopo, il 13 febbraio, con una carica totale di 1.080 kg. Questa volta l'esplosione fece deformare la struttura portante, ma senza farla cedere. Fu il mare a richiamarla a sé: la burrasca del 26 febbraio 1969 le diede il colpo di grazia.
Oggi sul fondale si intravvedono ancora i suoi resti: i sub del centro riminese Dive Planet nel 2009, in un'immersione, hanno trovato putrelle, mattoni e due boe che erano state usate dal genio militare per perimetrare l'isola prima di farla esplodere, e poi stoviglie e altre suppellettili. Tra l'altro gli stessi sub del Dive Planet hanno dato lezioni di immersione a Leonardo Lidi, che nel film di Sibilia è Maurizio, l'amico che aiuta Rosa a costruire l'isola.
Rosa conclude il suo memoriale scrivendo: «Adesso, a distanza di tanto tempo, penso che sia stato il mio colloquio con il capitano Barnabà del Sid (Servizio informazione difesa, ndr) - in data 21 giugno 1968 - a dare il la».
Al funerale di Rosa, suo figlio Lorenzo fece notare: «Per demolire un abuso edilizio lo Stato impiega degli anni, quando va bene. All'Isola delle Rose, che non era neppure in Italia, venne riservata una delle rare esecuzioni lampo. Per mio padre fu una bastonata, avevo sette anni ma lo ricordo bene. Non ne parlammo quasi mai: restava una ferita dolorosa».
La visione bonaria e goliardica di Sibilia: la recensione
Sibilia rilegge questa articolata vicenda, affascinante e dalle molteplici e stratificate letture idealistiche, ovviamente semplificando, manipolando, comprimendo, per dover di sintesi e di sceneggiatura. Del resto è un film «tratto da una storia vera», mica un documentario. Ma quello che per il lato commerciale è sicuramente un pregio, dal punto di vista artistico è probabilmente il suo limite: sparge ovunque manciate abbondanti di bonarietà e goliardia, togliendo spessore alla profondità di questa bellissima storia, radicata nel fondale ostinato dell'Adriatico.
I toni prepotentemente comici e i dialoghi leggeri terranno incollato il pubblico, attraendone altro nel passaparola, ma sembrano bloccare in una grande palla di vetro, dove al posto della neve ci sono i coriandoli, il progetto forse folle ma del tutto scientifico, strutturato e per nulla casuale di Rosa.
Elio Germano, attore prezzemolino di questo 2020 (lo abbiamo visto anche in Volevo nascondermi e Favolacce), segue benissimo le istruzioni. Incarna un Giorgio Rosa in realtà più giovane di quello che era nella realtà e fresco di studi (Rosa aveva 43 anni nel '68), ma ha la vitalità giusta e gli occhi luminosi per farci imbarcare nella sua utopia. E poi è stupefacente, lui, romano doc, con l'accento emiliano. Matilda De Angelis, una delle giovani attrici più promettenti, è stranamente fuori contesto.
Nel cast, a dare un taglio internazionale, ci sono anche il francese François Cluzet (il magnifico co-protagonista di Quasi amici), tra i dirigenti Onu, e il tedesco Tom Wlaschiha (della serie tv Il Trono di Spade), organizzatore di eventi.
Nelle oscure stanze della politica, di stampo democristiano, si muove invece un pomatato gruppetto di uomini ridanciani, pronti ad alzare uno sguardo torvo e ambiguo, come quello di un Fabrizio Bentivoglio quasi mefistofelico nei panni di Franco Restivo, ministro dell'Interno nel secondo Governo Leone (interpretato da Luca Zingaretti imparruccato). E poi, per chi volesse cercarli, ci sono anche Francesco Cossiga (Luca Della Bianca) e Giulio Andreotti (Marco Sincini).
Sono vincenti le atmosfere vintage, i colori croccanti, i contrasti cromatici accesi, l'abbondanza di saturazione. Ed è bravo Sibilia ad essere nostalgico con maestria, solo di traverso, senza affondare nei cliché anni '60 e senza strizzare l'occhio allo spettatore. E intanto, ora qua e ora là, ecco Sognando la California dei Dik Dik e Sole spento di Caterina Caselli, i primi numeri di Diabolik, sale cinematografiche dove ancora si poteva fumare, la locandina de La ragazza con la pistola e Il pianeta delle scimmie.
Applausi a scenografie (Tonino Zera) e costumi (Nicoletta Taranta): oh, come ci si vestiva bene un tempo!
Voto: 7.
François Cluzet nel film "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" (Foto: Netflix)
Le location
Per i curiosi di location, togliamo qualche dubbio. La scena iniziale in cui Germano, sullo strano trabiccolo homemade, arriva a Strasburgo, è stata girata in Val d'Aosta, a Cogne.
Alcuni vicoli della Bologna anni '60 sono stati filmati a Roma.
La grande creazione di Rosa, la piattaforma di 400 metri quadrati di cemento, legno e acciaio, è stata ricostruita a Malta, in una grande piscina a uso cinematografico. Il resto l'hanno fatto gli effetti visivi.
Immagine del film "L'incredibile storia dell'Isola delle Rose" (Foto: Netflix)
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