Delitto Attanasio; ci sono due indagati. La moglie: «Non si nasconda la verità»
A un anno dalla tragedia le prime risposte. Ma la strada che porta alla verità è ancora lunga e piena di insidie
A quasi un anno dalla tragedia nella quale morirono l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo, questa mattina il Procuratore aggiunto presso il Tribunale di Roma Sergio Colaiocco ha comunicato la conclusione di una prima parte delle indagini dell’inchiesta su quanto accadde quella maledetta mattina del 22 febbraio 2021. Il convoglio sul quale viaggiava l’ambasciatore Luca Attanasio venne attaccato mentre era in viaggio da Goma, capoluogo del North Kivu una delle province più instabili e violente del Paese, verso Rutshuru, località raggiungibile tramite la strada denominata ‹‹N2›› a sua volta una delle strade più pericolose al mondo. Nonostante le molte difficoltà di reperire informazioni in un Paese come la Repubblica Democratica del Congo, i silenzi, le molte omissioni di chi non può non sapere cosa accadde e gli arresti farsa, iniziano a diradarsi le nebbie sulla vicenda.
Questa mattina il procuratore aggiunto Sergio Colaiocco ha iscritto nel registro degli indagati Mansour Rwagaza, funzionario del Programma alimentare mondiale (PAM), al momento in Madagascar, all’epoca coordinatore della sicurezza in quest’area del North Kivu e il cinquantaseienne Rocco Leone (unico superstite dell’agguato)attualmente vicedirettore dell’agenzia ONU World Food Programme nella Repubblica Democratica del Congo.
Entrambi sono ritenuti responsabili di gravissime violazioni alla sicurezza del convoglio. Zakia Seddiki moglie dell’ambasciatore Attanasio appresa la notizia parla a Panorama.it: «Ho appreso della conclusione di una parte delle indagini relative all’assassinio nella Repubblica Democratica del Congo di mio marito Luca, di Vittorio Iacovacci e dell’autista Mustapha Milambo. Dalle indagini svolte dalla Procura di Roma è intanto emerso che la loro morte non si sarebbe verificata se il PAM, come era suo obbligo fare, avesse gestito in modo scrupoloso e adeguato la sicurezza della missione a Goma. La Procura, infatti, ha accertato che i due funzionari del PAM incaricati della sicurezza del convoglio hanno violato non solo i protocolli di protezione imposti dalla stessa ONU, ma anche le più elementari regole di cautela e prudenza, nonostante la notoria pericolosità della strada in cui si è verificato l’agguato. Secondo le verifiche della Procura, tali gravissime omissioni hanno concorso a cagionare la morte di Luca, di Vittorio e di Mustapha che sono stati esposti, senza alcuna effettiva protezione, alla furia degli assalitori. Ringrazio la magistratura e tutte le Istituzioni italiane che hanno lavorato strenuamente per accertare quanto accaduto. Auspico adesso che nessuno si sottragga alle proprie responsabilità e che il PAM non ostacoli in alcun modo lo svolgimento di un giusto processo nel Paese per cui Luca e Vittorio hanno sacrificato le loro giovani vite. Questo si aspettano la famiglia di Luca quella di Vittorio e l’Italia, senza dimenticare i familiari di Mustapha Milambo».
Secondo Matteo Giusti giornalista e saggista che segue la vicenda fin da quella mattina del febbraio 2021 non bisogna lasciarsi prendere dall’entusiasmo perché la strada che porta alla verità (ammesso che possa mai arrivare) è ancora lunga e lastricata di difficoltà: <<Il lavoro che sta facendo la magistratura italiana è encomiabile perché viene portato avanti fra mille difficoltà. Sia la magistratura congolese che quella dell’ONU sembrano davvero poco interessate a scoprire cosa sia realmente accaduto ai nostri connazionali. Entrambi questi dirigenti del World Food Programme dovranno spiegare molte cose e mi auguro che il nostro governo continui con forza ad opporsi ad ogni tipo di immunità diplomatica che in questo caso serve solo a nascondere la verità. Gli arresti, i proclami e le notizie di corridoio che arrivano dalla Repubblica Democratica del Congo sono spesso vicoli ciechi oppure dei capri espiatori per gettare fumo negli occhi al lavoro investigativo italiano. Oggi finalmente siamo di fronte a qualcosa di concreto, ma gli ostacoli per gli inquirenti non mancheranno, come abbiamo visto con le difficoltà riscontrate dai carabinieri del Ros. La ricerca della verità deve restare comunque il vero grande obiettivo del nostro Paese››.
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