Internet.org, ecco perché Facebook vuole portare tutto il mondo online
Ancora oggi 5 miliardi di persone non hanno accesso a Internet. Con Internet.org, Facebook e altri nomi di peso del Web vogliono fare in modo che chiunque possa disporre di uno smartphone e di una connessione a buon mercato. Ma c'è chi già parla di nuovo colonialismo
Contrariamente a quanto possa sembrare, Internet è ancora un fenomeno di nicchia. Certo, nella nostra quotidianità, Internet è diventato una costante, ed è sempre più difficile incontrare persone che non abbiano effettuato una ricerca su Google, guardato un video su YouTube o scritto e spedito una email. Ma nel mondo vero, quello che comprende tutti e cinque i continenti, Internet è ancora un lusso concesso a una minoranza. Basti pensare che solo un terzo degli abitanti di questo pianeta gode dell’effettiva possibilità di accedere alla Rete, il che significa che almeno 5 miliardi di persone, oggi, non hanno modo di connettersi.
Con una così grande fetta dell’utenza potenziale ancora a disposizione, non stupisce che diversi colossi del settore stiano cercando nuove soluzioni per estendere l’accesso alla Rete a chi, spesso per motivi economici, ancora non può permetterselo. Recentemente, ad esempio, Google ha presentato il suo Project Loon , una sorta di rete di palloni aerostatici che dovrebbero diffondere segnale Wi-Fi gratuito nelle aree più sfortunate.
A quest’idea (ai limiti dell’irrealizzabile) Facebook intende contrapporre una soluzione molto più orizzontale. In queste ore, in collaborazione con Samsung, Ericsson, MediaTek, Nokia, Opera e Qualcomm, Mark Zuckerberg ha lanciato Internet.org , un progetto che mira a eliminare una volta per tutte questo digital divide e a portare cinque nuovi miliardi di utenti online, agendo su tre fronti:
1. Rendere più conveniente l’accesso a Internet
I partner di Internet.org si occuperanno di introdurre nei paesi in via di sviluppo smartphone a prezzo contenuto.
2. Utilizzare i dati in modo più efficiente
Il progetto si occuperà poi di ideare soluzioni tecnologiche e non volte ad abbattere i costi relativi alla trasmissione di dati. Questo significa: framework per ridurre il numero di dati richiesti dalle app, nuovi tool di compressione dati e, naturalmente, una ottimizzazione della capacità delle reti.
3. Trovare modelli di business che favoriscano un maggiore accesso
Il che, sostanzialmente, significa lavorare a braccetto con le società che forniscono accesso alla rete affinché venga incentivata l’introduzione di offerte sostenibili per i mercati emergenti.
Naturalmente, portare in rete cinque miliardi di nuovi utenti non significa solamente garantire al mondo intero "l’accesso a un’economia della conoscenza", ma anche conquistare nuovi mercati per l’economia 2.0, nonché ampliare a dismisura il serbatoio di potenziali bersagli per l’advertising online che, come dovrebbe essere chiaro, è la colonna portante di gran parte dei servizi internet.
Tuttavia, in questa specie di nuovo colonialismo digitale, Mark Zuckerberg sembra intenzionato a presentarsi più come un filantropo, che come un conquistador.
“Se ho deciso di concentrarmi su questo obiettivo è perché credo sia una delle più grandi sfide della nostra generazione” spiega in un documento intitolato Is connectivity a human right? (in italiano: La connettività è un diritto umano?) “L’ingiusta realtà economica è che le persone che oggi sono su Facebook hanno molto più denaro del resto del mondo messo assieme, perciò raggiungere gli altri miliardi di potenziali utenti potrebbe non risultare profittevole per noi. Tuttavia, crediamo che chiunque meriti di essere connesso.”
Certo, estendere l’accesso al Web a miliardi di nuovi utenti comporterebbe indubbi benefici per l’economia mondiale. Uno studio ha infatti calcolato che negli ultimi anni Internet è arrivato a pesare per il 21% sul prodotto interno lordo delle nazioni più ricche, e questo trend non accenna ad arrestarsi. Tuttavia, l’immagine del Mark Zuckerberg filantropo non convince fino in fondo.
La realtà è che Facebook ha ormai superato il miliardo di iscritti e sta rapidamente esaurendo il suo bacino di potenziali utenti. Non solo, diverse ricerche hanno rivelato che nei paesi in via di sviluppo, i nuovi utenti mostrano un forte interesse verso le piattaforme di social networking, al punto che 6 persone su 10, non appena ottengono l’accesso a Internet, si affrettano senza indugio a raggiungere la piazza social.
Alla luce di questi dati, risulta piuttosto difficile credere che a Menlo Park (come a Google) stiano agendo unicamente per il bene dell'umanità.
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