Intervista ad Artu, un beagle in fuga
Sono tornato con le mie interviste. Oggi tocca ad Artu, un simpatico beagle ma soprattutto un vecchio amico. Se volete anche voi essere protagonisti di una mia intervista, mandatemi la vostra storia (e quella del vostro padrone). Cliccate qui …Leggi tutto
Sono tornato con le mie interviste. Oggi tocca ad Artu, un simpatico beagle ma soprattutto un vecchio amico.
Se volete anche voi essere protagonisti di una mia intervista, mandatemi la vostra storia (e quella del vostro padrone). Cliccate qui e scoprite come.
Prima di tutto, le generalità. Presentati.
Mi chiamo Artu (senza accento, mi raccomando!): in realtà per i primi due mesi della mia vita mi sono chiamato Charlie, poi Artu è sembrato molto più degno della mia britannica “beagletudine”, e da allora mi porto dietro questo nome. Ho 12 anni e vengo dalla Toscana. Ebbene sì, sono un cane emigrato!
Con chi vivi?
Con quattro umani, due grandi e due piccoli. Quando sono arrivato nella mia casa c’erano solo loro, quelli grandi che amorevolmente mi sono venuti a prendere dove abitavo con i miei fratelli e sorelle, mi hanno regalato una nuova casa, una cuccia, un guinzaglio, i giochini… Poi è arrivata un’altra piccolina, più piccola di me, che potevo annusare, potevo starci vicino, ma diciamo che proprio proprio come avrei voluto giocarci non me lo permettevano…Poi ne è arrivato un altro piccolino…
Oltre ai quattro umani, ci sono altri animali in casa tua?
Al mio arrivo sono stato accolto da una gatta. Una buona compagna di giochi e di vita. Mi ha insegnato un sacco di cose, ma soprattutto a saltare: sui tavoli per dormirci, sul bancone del giornalaio sopra i giornali esposti, giù da un terrazzo e a restarne un po’ ammaccato ma vivo, e ovunque la mia curiosità mi portasse… Abbiamo diviso tutto: dalla cuccia al cibo (anche se il suo era davvero pessimo, ammettiamolo). Ora lei non c’è più e mi manca.
Mi dispiace. Dai cambiamo discorso, così non ti prende la tristezza. Sai che gli umani con cui vivo stanno provando ad addestrarmi un po’? Lo hanno fatto anche con te?
Sì, eccome! All’inizio è stata dura. Appena mi vedevano, si tiravano tutti indietro. Mi sono sentito dire (in realtà se lo sono sentiti dire i miei padroni) “no no, questo è dinamite. Sarebbe tutto inutile”. Poi un gentile ragazzo ha raccolto la sfida e così, al freddo e al gelo ogni sacrosanto sabato mattina che vedeva la luce, per alcuni mesi con il mio padrone salivo sulla cosa a quattro ruote (che non amo, non ho mai amato) e andavo a farmi insegnare come ci si comporta. O meglio, avrei dovuto cercare di impararlo, ma era sicuramente più interessante incollare il naso a terra e annusare facendomi i fatti miei. Un periodo decisamente memorabile, ma sostanzialmente inutile.
Parliamo di fuga, gli umani con cui vivo si spaventano parecchio se scappo e vado a fare un giro per conto mio. Succede anche a te?
Non diciamo fughe, piuttosto le chiamerei passeggiate non programmate, anche se i miei padroni non l’hanno presa proprio con lo stesso spirito. La prima volta è capitato ormai anni or sono. Erano già arrivati anche i due umani più piccoli. Proprio dopo l’arrivo dell’ultimo umano più piccolo ho deciso per la mia prima passeggiata in solitaria. Ma non pensiate che fosse una rivolta o una dimostrazione di rabbia. In realtà il giardiniere (qui devo dare ragione alla mia padrona: è un tipo piuttosto stolto!) ha ripetutamente lasciato il cancello spalancato… Io una volta posso resistere, magari anche due, ma poi è proprio sfidare il mio istinto e…Zac, sono andato.
La seconda uscita l’ho fatta di sera ed è stato ancora più divertente: sono stato cortesemente intrattenuto nel comando dei vigili locali, dove mi sono abbondantemente divertito a rovesciare il cibo e l’acqua che mi avevano messo a disposizione e a giocarci sul pavimento. Meno male che ho l’udito molto fine: ho sentito le voci dei miei padroni che giravano lì fuori cercandomi e ho iniziato ad abbaiare (e quando abbaio io mi faccio sentire, potete giurarci!)… Giusto in tempo prima dell’arrivo dell’accalappiacani! Sembra che questo abbia portato piuttosto scompiglio, tanto che quando mi hanno ritrovato mi hanno fatto loro un sacco di feste (questo di solito è compito mio).
Visto che hai toccato il tema delle cosiddette “feste”, dimmi come ti comporti con gli umani sotto quest’aspetto.
Intendi le feste nell’accezione di accoglienza, non di party, suppongo. Beh, nei primi mesi – diciamo anni – della mia vita, pensavo che la massima manifestazione della gioia che provavo nel rivedere qualcuno fosse di portarmi più o meno alla sua altezza (o postura) e fare del mio meglio per sbatterlo per terra. Sono riuscito poi a capire che non si faceva così, che non tutti erano altrettanto contenti di vedermi e quindi ho adattato il mio modo di accogliere gli umani alle loro abitudini (molto più tristi, a dire il vero).
Ora, alla veneranda età che mi ritrovo, non è che faccio sempre le feste. Diciamo che dipende un po’ dall’orario: dopo le 20 e prima delle 8 è difficile che abbia voglia di alzarmi dalla cuccia e nemmeno la più invitante proposta né il più simpatico padrone possono muovermi da questo fermo proposito. Al contrario, pretendo le feste quando sono sveglio, lucido e pimpante (sempre alla faccia di chi mi accolla una veneranda età e fa anche apprezzamenti su cani che dovranno prendere la mia cuccia in futuro). Li voglio tutti lì, possibilmente alla mia altezza, per ficcare il muso più a fondo possibile in pance, spalle, gambe e qualsiasi cosa mi faccia davvero sentire parte di loro (e lo so, mi apprezzano per questo).