Iron Maiden: trionfo a Rock in Roma - Recensione, scaletta e video
La band capitanata da Bruce Dickinson ha trascinato per due ore di pura adrenalina i ventimila del "Postepay Sound" alle Capannelle
I nuovi brani di "The book of souls" sono perfettamente amalgamati con i classici del gruppo inglese
C’è un ristretto gruppo di concerti che, a prescindere dai personali gusti musicali, meritano di esser visti almeno una volta nella vita. Uno di questi è certamente il live degli Iron Maiden, gli alfieri dell’heavy metal, che dal 1980, anno del folgorante album di debutto eponimo, portano avanti con assoluta coerenza e onestà il loro adrenalinico stile musicale, unendo almeno due generazioni di fan.
Spesso, nei concerti delle band con diversi lustri sulle spalle, i brani nuovi sono vissuti quasi come uno scotto necessario per arrivare finalmente ai grandi classici del passato. Non è stato così per l’esibizione di ieri degli Iron Maiden a Roma, dove i nuovi brani dell’eccellente The book of souls, già metabolizzati e imparati a memoria dai fan, si amalgamavano alla perfezione con gli evergreen della ricca produzione discografica dei Maiden.
Vedendo l’atmosfera giocosa e il sano divertimento degli spettatori al "Postepay Sound Rock in Roma", fa sorridere che nel 1982, anno di uscita del capolavoro The number of the beast, la band inglese sia stata accusata di satanismo. Nell’esecuzione dell'iconica canzone appare un caprone con le corna, tradizionalmente indicato come il simbolo del demonio, ma è in realtà un pupazzo di gomma dall’aria buffa e innocua, che scoppia al termine del brano.
Nell’era del digitale e delle scenografie ultratecnologiche, è curioso come i Maiden, a cui certo non mancano le possibilità economiche, si affidino ancora a teloni di tipo teatrale con le varie declinazioni del mostro Eddie e a ingombranti pupazzi di gomma, una scelta volutamente vintage in perfetta continuità con i gloriosi anni Ottanta, il decennio di massimo splendore per il metal.
Il concerto prende il via poco dopo le 21, introdotto dalle note registrate di Doctor Doctor degli Ufo. L'entrata in scena dei Maiden è una scarica di adrenalina, con Bruce Dickinson, reduce un anno fa dalla vittoriosa lotta contro un cancro alla gola, che corre a perdifiato da una parte all'altra del palco mentre canta If Eternity Should Fail e Speed of the dead, coinvolgendo ed esaltando gli spettatori.
"Benvenuti a Roma, benvenuti al tour di The book of souls -saluta il frontman/pilota- Oltre ai brani del nuovo album, faremo anche delle canzoni del passato. Chi era nato di voi quando è uscito The number of the beast nel 1982? Non dire sciocchezze(indica uno degli spettatori delle prime file n.d.r), tu al massimo avrai 16 anni!”. Un boato accompagna le prime battute dell’oscura Children of the damned, cui segue l'emozionante Tears of a clown, dedicata al compianto Robin Williams.
Il coinvolgimento del pubblico, che accompagna con un coro da stadio la linea melodica di ogni brano, è totale e gli Iron Maiden appaiono in forma smagliante, con il bassista e fondatore Steve Harris che incita gli spettatori a ogni canzone, mentre il chitarrista Janick Gers balla tutto il tempo e fa le piroette con la sua inseparabile sei corde. Eccellenti le luci del palco e buono il suono, due marchi di fabbrica dei live targati Maiden, una macchina perfettamente oleata in ogni suo più piccolo meccanismo. Peccato che ogni tanto l'audio del microfono di Dickinson si abbassava verso la fine delle strofe, anche se il "mestiere" del frontman ha aiutato a mascherare l'inconveniente.
Divertimento e affiatamento sono le parole chiavi del concerto, con Dickinson incontenibile nei suoi travestimenti da scimmia e da combattente di wrestling, sorretto in modo impeccabile da una ritmica prodigiosa e da un muro di chitarre, da cui emergono gli straordinari assoli di Adrian Smith e di Dave Murray.
“C’era una volta l’Impero Romano -sottolinea il frontman- ma poi è caduto, come tutti gli altri imperi. Ogni impero cresce e ogni impero cade, è inevitabile. Questi stronzi vogliono costruire nuovi imperi, ma noi vogliamo solo bere birra. In ogni caso, siate gentili con le persone quando le cose vi vanno bene, in modo che non vi volteranno le spalle nei momenti di difficoltà”.
Uno dei momenti più intensi del live è The Trooper, ispirato al famoso poema Charge of the Light Brigade di Alfred Tennyson che racconta la storia di un soldato inglese mandato in Crimea nel settembre 1854 a combattere contro l'esercito russo, in cui Dickinson indossa la giubba rossa da soldato di cavalleria, mentre Eddie, alla sue spalle, imbraccia la bandiera inglese.
Il concerto è un crescendo di emozioni, che si chiude con due brani cult come Fear of the Dark e Iron Maiden, quest'ultimo tratto dal loro album di debutto del 1980, che fanno scattare l'inevitabile "pogo", il caratteristico ballo dei metallari.
Il bis, davvero fenomenale, da solo vale il prezzo del biglietto, con il tris d'assi The Number of the Beast, Blood Brothers e Wasted Years. Blood brothers viene introdotta da un lungo e appassionato discorso di Bruce Dickinson: "Siamo felicissimi di essere qui a Roma, dopo 72 date di un tour incredibile. Per fortuna siamo tutti vivi, nessuno è morto, nessuno è stato accoltellato (chiaro il riferimento agli ultimi tragici fatti di cronaca n.d.r.). Noi siamo qui per amore della musica e della famiglia, non ci interessa da dove veniate, di che religione siete e del vostro colore della pelle, ciò che importa è che siamo fratelli di sangue".
Un discorso che, al di là della musica, spiega bene la magia della famiglia allargata degli Iron Maiden che, dal 1980, si arricchisce ogni anno di nuovi parenti, il cui capofamiglia resta sempre Eddie. [Cliccare su Avanti per Scaletta e Video]
Setlist Iron Maiden al Postepay Sound Rock in Roma del 24 luglio
Doctor Doctor (UFO song)
If Eternity Should Fail
Speed of Light
Children of the Damned
Tears of a Clown
The Red and the Black
The Trooper
Powerslave
Death or Glory
The Book of Souls
Hallowed By The Name
Fear of the Dark
Iron Maiden
Encore:
The Number of the Beast
Blood Brothers
Wasted Years