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1975: scocca a Londra la scintilla della rivoluzione punk

1975: scocca a Londra la scintilla della rivoluzione punk

All’inizio furono Vivienne Westwood, Malcom McLaren e i Sex Pistols: così il punk ha influenzato la moda, il cinema e l’arte contemporanea – VIDEO ALL’INTERNO

Una gigantesca insegna in soffice gomma rosa con tre sole lettere: SEX. Inizia al 430 di King’s Road a Londra la rivoluzione punk, un blitz durato tre anni, nato tra le quattro mura di un negozio che aveva come slogan “abbigliamento in latex per ufficio”. Pelle, borchie, catene, spille da balia infilate nella pelle, capelli trasformati in creste colorate, t-shirt strappate, suggestioni bondage e un’idea folle: elevare a mainstream l’estetica oscura del feticismo sessuale. E, poi, provocare, sconfessare le utopie “peace and love” della cultura hippie, abolire l’ipocrisia del politically correct, minare le certezze etiche ed estetiche della classe media inglese facendo leva sulle frustrazioni dei giovani delle periferie urbane provati dalla recessione di metà anni Settanta e anestetizzati dai sussidi di disoccupazione elargiti a pioggia.

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Registi del blitz che nel 1975 ha cambiato per sempre il volto del music business, dell’arte e della moda, sono una maestra elementare con velleità da stilista controcorrente, Vivienne Westwood, e Malcom Mclaren un bizzarro frequentatore delle scuole d’arte di Londra, innamorato delle performance situazioniste e degli slogan marxisti, ma soprattutto attratto dal fruscio delle banconote, che prima di occuparsi della British Punk Revolution studia gli ingranaggi della discografia diventando il manager di una trasgressiva band americana: i New York Dolls.

Il primo step è un look sovversivo, ma per farlo arrivare a tutti ci vuole una band. Che prende forma senza sforzi tra i frequentatori perditempo del sabato pomeriggio del negozio di King’s Road. Pronti per l’uso, ecco i Sex Pistols, musicalmente mediocri, ma perfettamente funzionali al progetto nichilista di Westwood-McLaren. Il cantante, Johnny Rotten, gira abitualmente per Londra con una t-shirt emblematica: “I hate Pink Floyd”. I profeti del punk odiano i Beatles, i Rolling Stones, i Genesis e… i Queen. Ma, paradossalmente, è proprio grazie al gruppo di Freddie Mercury che diventano la band più famosa del mondo. E non per meriti musicali. La realizzazione della “grande truffa del rock and roll” pilotata da McLaren avviene quando Freddie Mercury, a causa di un ascesso, rinuncia all’ultimo minuto al popolarissimo show televisivo Today With Billy Grundy.

Al suo posto vengono chiamati in fretta e furia i Sex Pistols, che si presentano sbronzi e accompagnati da una gang di fan evidentemente alterati. Ma il peggio avviene in onda: il conduttore, irritato per il forfait di Mercury, guarda in camera, non li degna d’uno sguardo e, anzi, li provoca sottolineando le contraddizioni tra le loro presunte visioni anticapitaliste e i contratti da migliaia di sterline stipulati con le case discografiche. Il gruppo risponde a suon di “shit” e “fuck”, parola mai sentite in una diretta tv inglese. A far precipitare gli eventi, una battuta di Grundy a una fan dei Pistols presente in studio: “Se vuoi ci vediamo più tardi”. È la fine: il chitarrista Steve Jones lo apostrofa con poche ma chiare parole: «Sei uno sporco bastardo, un fottuto stronzo». Partono i titoli di coda e in meno di un minuto tutta l’Inghilterra parla dei Sex Pistols. Il sogno di McLaren si realizza, i Sex Pistols sono diventati quello che lui aveva progettato: la mina vagante, l’emblema del caos, il granello di sabbia che manda in tilt l’intero ingranaggio. Manca solo il tocco finale: una canzone irriverente verso la monarchia, God Save The Queen, che sbanca le classifiche in poche ore, e un concerto abusivo sul Tamigi a bordo di un battello pochi giorni prima del Silver Jubilee della Regina. Quando arrivati davanti al parlamento iniziano a suonare con un volume folle, la polizia irrompe sul battello. McLaren urla “fascisti bastardi” e viene malmenato dagli agenti che una volta a riva lo trascinano in commissariato.

Pesto ma soddisfatto, McLaren ha raggiunto tutti i suoi obiettivi: The Great Rock and Roll Swindle è andata a segno, ora si può staccare la spina. Il gruppo sbanda, e il 14 gennaio 1978, dopo un concerto a San Francisco, Johnny Rotten, il più critico nei confronti della spregiudicatezza del manager, lascia la band. Con un’ultima frase lasciata ai posteri alla fine dell’ultima canzone dello show: «Avete mai avuto la sensazione e di essere stati raggirati?». A chiudere il ciclo, la morte per overdose del bassista Sid Vicious, accusato quattro mesi prima di aver ucciso la fidanzata.

Con la fine dei Pistols, muore l’attitudine punk degli inizi, ma inizia un’altra era: l’estetica oltraggiosa del negozio SEX diventa il linguaggio dei brand di massa: nell’arte (Damien Hirst) come nella moda. Da Alexander McQueen a John Galliano, fino a Gianni Versace, con il leggendario Safety Pin Dress, un abito nero, tenuto insieme da ventiquattro enormi spille da balia indossato da Elizabeth Hurley sul red carpet della premiere di Quattro matrimoni e un funerale.

E la musica? Il punk s’insinua ovunque, nei dischi di artisti come Neil Young, diventa la principale ispirazione dei Nirvana e conduce al successo internazionale i Green Day.

Sui vecchi Pistols cala il silenzio fino al 1996, quando i tre sopravvissuti con il bassista delle origini, Glen Matlock, organizzano un Reunion Tour dal titolo emblematico: “Lo sporco lucro”. «Abbiamo trovato un ottimo motivo comune per tornare a suonare queste vecchie canzoni. Non siamo d’accordo assolutamente su niente, tranne che su una cosa: “vogliamo i vostri soldi”». Esattamente ciò a cui puntano tutte le band che si riformano dopo anni di silenzio, ma almeno Johnny il marcio (il cognome d’arte è Rotten) lo ha detto. Infischiandosene di tutto e di tutti. Come un vero punk.

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