Il ruolo di periodici come 
Panorama è di riflettere sul futuro
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Il ruolo di periodici come Panorama è di riflettere sul futuro

Speciale 60 anni di Panorama - quinta puntata

Sfogliando la raccolta dei numeri di Panorama usciti tra il 2002 e il 2011, mi sono reso conto di un fatto incredibile e cioè che spesso, con un anticipo di molti anni, il nostro settimanale è riuscito a prevedere fenomeni e tendenze che oggi sono di attualità. Un tempo, nelle redazioni si credeva che il ruolo dei newsmagazine, così si chiamavano, fosse quello di raccontare le vicende della settimana approfondendole. Poi, quando i quotidiani hanno cominciato a fare i settimanali e a pubblicare inserti con inchieste e servizi di lungo respiro, si è detto che le riviste avevano esaurito il loro compito. In realtà, a sfogliare le edizioni passate e anche quelle attuali non si direbbe. Anzi.

Io l’avevo perfino dimenticata, sepolta nella memoria delle molte prime pagine fatte, ma la copertina del numero 19 del 2009, ai tempi della mia prima direzione di Panorama, vista oggi pare profetica. Sotto il titolo «Difendersi dagli ultravirus» si scorge l’immagine di un mappamondo con la mascherina. Il sottotitolo è eloquente: «Cambiano, si trasformano, spuntano dove non te li aspetti, attaccano l’uomo attraverso gli animali. Ma non sono imbattibili». Già allora si parlava dell’evoluzione delle pandemie e di come difendersi. Antivirali, sistemi di protezione, vaccini: un film che oltre dieci anni dopo si rivelò una realtà, anzi un incubo.

Ma tre le paure del nuovo millennio c’era anche la Bomba, un pericolo che sembrava archiviato con la caduta dell’Unione sovietica e della logica dei due blocchi, ma che all’inizio del decennio scorso invece si riaffacciò tra gli scenari di guerra. Panorama, nel giugno 2002 rivelò l’esistenza di un rapporto segreto sull’incubo atomico. Il servizio, firmato da Marco De Martino, corrispondente dalla Grande Mela, raccontava di come gli americani si preparassero a sconfiggere le proprie paure con una pillola. «Le pasticche antiradiazioni vengono distribuite da funzionari dello Stato di New York alla scuola pubblica di Yorktown, cittadina al crocevia di due importanti obiettivi terroristici, Manhattan, che è distante 80 chilometri, e la centrale nucleare di Indian Point, a 40 chilometri». Allora il pericolo veniva dai gruppi integralisti, oggi da Vladimir Putin, ma il messaggio pare lo stesso e pure la soluzione: le compresse di iodio. In copertina, le stesse immagini che potremmo riproporre adesso per parlare di un’estensione del conflitto in Ucraina, con l’uso di ordigni nucleari: tre persone ricoperte dalla testa ai piedi con tute protettive e la maschera antigas a coprire bocca, naso e occhi.

E se tra i grandi temi affrontati c’erano i virus e il pericolo della bomba atomica, alla fine di quel decennio gli italiani si preparavano a confrontarsi con l’esplosione di un altro fenomeno, quello migratorio, e Panorama anticipava ciò che sarebbe successo con un dossier di 25 pagine. Da dove sarebbero arrivati gli immigrati era ovvio: dall’Africa. E il rischio per il nostro Paese era di esserne travolto. Con l’immagine di una miccia accesa, nel numero in edicola il 3 marzo del 2011 si parlava di «un esodo biblico» verso le nostre coste, provocato anche da una crisi petrolifera e del gas. Tutto sembra scritto ieri. Gheddafi non era ancora stato ucciso e i dittatori di Tunisia ed Egitto non erano ancora stati cacciati da una rivolta popolare. Si parlava di primavere arabe, ma sul nostro settimanale già si immaginava un inverno economico che avrebbe avuto ricadute pesanti sul nostro Paese, ovvero proprio ciò che poi accadde e di cui ancora oggi vediamo il seguito.

Guardando i numeri vecchi di 11, 13 o 20 anni, si capisce una cosa. Cioè che il ruolo di periodici come Panorama non è il riassunto dei fatti della settimana appena trascorsa, ma il loro compito è riflettere sul futuro e capire quello che accadrà. Panorama è stato un grande interprete di mode e miti, di tendenze e crisi, riuscendo ad anticipare la stagione della rabbia negli anni Sessanta e Settanta e quella del riflusso e dell’«edonismo reaganiano» negli anni Ottanta. Oggi la grande sfida è saper leggere che cosa ci aspetta, in Italia ma anche nel mondo. Che governo sarà quello di Giorgia Meloni, come si concluderà la guerra in Ucraina, quali equilibri si imporranno in Europa e come finirà la battaglia per contrastare il cambiamento climatico. Grandi temi che richiedono un grande sforzo di comprensione e di analisi. Un impegno che ogni settimana è di stimolo per la redazione di Panorama.

Ecco, a seguire, lo speciale che Panorama ha dedicato a questo decennio.

Quando la mission è l'innovazione

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Intesa Sanpaolo

Ansa

Intesa Sanpaolo, primo gruppo bancario italiano, con la sua società di venture capital Neva Sgr porta avanti una politica finanziaria e culturale di promozione dell’economia circolare e di gestione di investimenti in nuove tecnologie e in startup all’avanguardia.

a cura di Giuseppe Armano

Vendita di case online, terapie per malattie autoimmuni, logistica per lo spazio, cybersecurity. Quattro settori molto diversi tra loro ma uniti da due caratteristiche: sono innovativi e sono finiti nel mirino, insieme a molti altri, del venture capital di gruppo Intesa Sanpaolo. In particolare di Neva Sgr, società controllata al 100 per cento da Intesa Sanpaolo Innovation Center, azienda dedicata all’innovazione di frontiera, dallo sviluppo delle startup alla ricerca applicata, dalla diffusione della cultura dell’innovazione alla promozione dell’economia circolare.

Ma che cosa fa Neva Sgr? Progetta e gestisce fondi di investimento per clienti professionali interessati a cogliere la diversificazione e le opportunità ad alto rendimento, offerte dagli investimenti di venture capital. La società può contare sulle risorse finanziarie, sul know-how e sulla rete di relazioni di Intesa Sanpaolo Innovation Center e del Gruppo Intesa Sanpaolo, una fonte di valore unica sul mercato, perché può seguire trend e mercati dalla posizione privilegiata del primo gruppo bancario italiano.

Oltre a offrire opportunità interessanti agli investitori, Neva Sgr si propone di contribuire alla crescita dell’economia italiana attraverso investimenti in nuove tecnologie, diventando il market maker del venture capital in Italia.

Il lancio del suo primo fondo, denominato Neva First e dedicato agli investimenti in aziende altamente innovative in tutto il mondo, è avvenuto nell’agosto 2020 con una raccolta di 250 milioni di euro. Visto il forte interesse riscontrato da Neva First da parte di investitori istituzionali italiani ed esteri e di numerose famiglie imprenditoriali italiane, la società ha annunciato il lancio di un nuovo fondo di maggiori dimensioni nel 2024.

Nel frattempo, a fine 2021 Neva First è stato affiancato da Neva First Italia, che ha l’obiettivo di investire esclusivamente in startup ad alto contenuto tecnologico, italiane o europee, attive però in ricerca, sviluppo e produzione in Italia. La dotazione da 10 milioni di euro è stata interamente sottoscritta dal fondo di fondi FoF VenturItaly e dal fondo di coinvestimento Mise completamente gestiti da Ccp Venture Capital Sgr.

Risultato: da agosto 2020 a settembre 2022, Neva Sgr ha investito in 26 società per un totale allocato di circa 150 milioni di euro. Tra le tante operazioni concluse, quelle con quattro startup che ben rappresentano la composizione del portafoglio di Neva: Casavo (il primo instant buyer in Europa per la vendita di case online); D-Orbit (società italiana leader mondiale nella logistica per la Space Economy); Tr1X (terapie cellulari universali per malattie autoimmuni); Coro (Cybersecurity basata sull’Intelligenza Artificiale per le pmi). Entro i prossimi due anni Neva Sgr conta di completare gli investimenti per la composizione dei portafogli sia di Neva First sia di Neva First Italia, anticipando la conclusione del periodo di investimento.

Per presentare gli importanti risultati ottenuti in soli due anni di attività, lo scorso 14 settembre Neva Sgr ha riunito all’evento Venture capital: protagonisti, crescita e progetti di Neva Sgr, alle Officine Grandi Riparazioni di Torino, oltre 500 business partner tra venture capitalist, investitori istituzionali, clienti privati, esperti, imprenditori e startup da tutta Italia e da numerosi altri Paesi, in primis Stati Uniti e Israele. I lavori sono stati introdotti dal presidente di Neva Sgr, Luca Remmert, e dal presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, e hanno visto l’alternarsi di relatori che, nei loro interventi su banca, finanza e innovazione, hanno fornito una visione a 360 gradi del panorama italiano e internazionale del Venture Capital.

L’evento torinese è stata l’occasione per presentare a una platea altamente qualificata e specializzata il nuovo Fondo Sei (Sviluppo ecosistemi di innovazione). Ecco di che cosa si tratta: i fondi promossi da Neva Sgr hanno come principale obiettivo il ritorno finanziario verso i propri sottoscrittori e questo, in alcuni casi, porta la prudenziale gestione della società a non allocare capitale in realtà ancora «poco mature», come possono essere le startup più giovani. Neva Sgr, in collaborazione con Intesa Sanpaolo Innovation Center, ha quindi istituito un fondo di investimento alternativo italiano di tipo chiuso e riservato, il Fondo Sei, con l’obiettivo di sostenere la crescita dell’ecosistema italiano dell’innovazione attraverso investimenti mirati in veicoli per l’attuazione di programmi di ricerca, selezione, accelerazione e professionalizzazione di startup promettenti. Il nuovo Fondo Sei prevede una dotazione iniziale di 15 milioni di euro totalmente sottoscritti da Intesa Sanpaolo e un ammontare massimo pari a 50 milioni di euro.

Il 18 ottobre Fondo Sei ha annunciato il primo investimento, per un importo pari a 2,5 milioni di euro, in Tech4Planet, il Polo nazionale di trasferimento tecnologico per la sostenibilità nato su iniziativa di Cdp Venture capital insieme al Politecnico di Milano e con il coinvolgimento dei Politecnici di Bari e Torino, con l’obiettivo di far crescere e portare sul mercato progetti nati all’interno dei laboratori di università e centri di ricerca nei settori energy tech, sustainable manufacturing, smart mobility e circular economy.



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Maurizio Belpietro