Isabella Turso: «Il mio album è un tributo al genio di Pino Donaggio»
La pianista e compositrice trentina, tra le artiste più rappresentative di stile neoclassical new-age, ha dedicato 14 composizioni originali alla musica del compositore veneziano, che ha avallato il progetto
Nel 2021 ricorrono gli ottant'anni di Pino Donaggio (il 24 novembre), re delle colonne sonore e autore di alcune delle canzoni italiane più conosciute all'estero, oltre che sessant'anni del suo debutto artistico al Festival di Sanremo con la canzone Come sinfonia. La pianista e compositrice trentina Isabella Turso, tra le artiste più rappresentative dello stile neoclassical new-age, ha realizzato, in occasione del Record Store Day, il sorprendente Omaggio a Donaggio, un vinile da collezione contenente 14 brani originali che traggono spunto da brevi citazioni delle canzoni e musiche per film del grande compositore veneziano, plasmando la sensibilità classica in un'ambientazione jazz e pop. Il progetto discografico nasce da uno spettacolo live per pianoforte solo e videoproiezioni (realizzate dall'artista trentino Eddy Serafini) che Isabella ha presentato in prima assoluta presso il prestigioso National Opera Center di New York nel marzo 2014, poi replicato anche all'Ateneo Veneto di Venezia e al MUSE- Museo delle Scienze di Trento.
Isabella Turso, com' è nata l'idea di dedicare un intero album a Pino Donaggio? Che cosa rappresenta la sua musica per lei?«Originariamente non c'era l'idea di realizzare un vero e proprio album, ma di omaggiare questo straordinario compositore, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente a Venezia nel suo studio, dove mi ha fatto l'onore di ascoltare alcune mie musiche, che ho utilizzato per un mio precedente album. Allora, per ringraziarlo della sua disponibilità, ho inciso un mio arrangiamento di Io che non vivo(senza te), probabilmente il suo brano più conosciuto a livello internazionale, interpretato anche da Elvis Presley e da Dusty Springfield. Lui mi ha detto che era la prima volta che una collega gli dedicava un brano, poiché in genere era lui a dedicare i brani ai suoi amori e ad altri artisti. Mi ha incoraggiato a fare altri esperimenti sulle sue musiche da film: mi si è accesa una luce negli occhi e non mi sono fatta scappare questa occasione, perché per me è stata una bella sperimentazione, una ricerca nel campo della musica per immagini. Mi sono messa subito al lavoro e ho ascoltato tutta la sua produzione musicale, tanto da non riuscire quasi più a distinguere un tema da un altro. Nei brani che ho scritto c'è una vera caccia al tema, ci sono i temi principali dei film, ma, in alcuni momenti, ci sono anche altri temi più nascosti»
Si può affermare, quindi, che sono brani originali, ma con alcune citazioni dei temi di Donaggio?
«Sì, mi sono immersa completamente nel suo mondo musicale, ma senza rinunciare al mio. Non ho realizzato dei semplici arrangiamenti, ma dei brani inediti, con temi e sviluppi originali, nei quali ogni tanto cito i suoi temi, che sono quasi un pretesto per creare qualcosa di nuovo».
Nella scelta dei titoli dell'album si è divertita a giocare liberamente con anagrammi, citazioni e stravaganti invenzioni. Ci puoi fare qualche esempio? «Il primo è P. in onda oggi, che è l'anagramma di Pino Donaggio, dove c'è anche una citazione di Io che non vivo (senza te). Come sinfonia si è trasformata in Come volare, perché è un brano molto aereo, con una struttura pianistica con un continuo movimento alla Debussy, uno dei miei compositori preferiti. Carrie lo sguardo di Satana l'ho trasformato in Carry On!, Non ci resta che piangere è diventato Let's smile perché nel film si ride dall'inizio alla fine, con un tema musicale bellissimo. Mi sono ispirata per i titoli sia alla musica che al film»
I brani di Donaggio che ha scelto per l'album hanno un significato particolare per lei o si tratta più che altro di una scelta stilistica?
«Si è trattato di una scelta istintiva ed empatica, perché mi sono immersa talmente tanto nella sua musica che alla fine quasi non distinguevo più il tema da utilizzare, ma lo riconoscevo comunque. Il suo modo di scrivere, così come la scelta della tonalità e della melodia, li sento affini al mio gusto quasi in modo viscerale, non riesco a spiegarlo. In questo album ho perso l'orientamento musicale e, quando l'ho ritrovato, mi sono sentita più forte di prima» Nel 2017 ha inciso l'album Variazioni con Dargen D'Amico, un riuscitissimo esperimento tra rap e classica.
Non le sembra che nella trap, oggi dominante, si stia perdendo la musicalità che aveva caratterizzava il rap della Golden Age?
«Mi interessa poco l'approccio della trap, è troppo omologato musicalmente, e il mio non vuole esser snobismo perché ho un figlio adolescente che ascolta la trap e quindi sono sempre aggiornata sulle nuove tendenze. Però mi piace molto Madame, ha portato qualcosa di più alla trap, ha un fuoco particolare. Quello tra il cantautorap di Dargen e il piano classico è stato un esperimento che ha dato più respiro al rap, è stato un lavoro fatto con il cuore»
Classica, jazz, pop-jazz, new age : come definisce la sua musica?
«Mi definisco scherzosamente pianista classica, ma non la classica pianista. Vengo dal mondo della musica classica e ho suonato per anni Chopin e Beethoven. Quando ho avuto l'occasione di suonare Rapsodia in blue di Gershwin ho duettato con un pianista jazz: io facevo la parte classica e lui improvvisava. Lì ho capito di voler scrivere la mia musica, Gershwin era un compositore classico che voleva fare qualcosa di diverso. Anche Dave Brubeck è stato una grandissima fonte di ispirazione per me. Nelle mie composizioni cerco di dare l'impressione di improvvisare, anche se la mia musica è in realtà tutta scritta: è un modo per renderla più fruibile anche da un pubblico di giovani. Ho cercato di allontanarmi dalla solennità e da certe rigidità dell'accademia perché non mi aiutava a comunicare al meglio quello che volevo esprimere con la mia musica»