Alessi, dove tutto ebbe inizio: Ars Metallica
A Palazzo Borromedo D’Adda a Milano l’imponente laboratorio a cielo aperto di Alberto Alessi, dal 18 al 23 aprile
«Ho pensato che fosse giunto il momento di ricordare che noi siamo quelli che io chiamo “metallari” nel profondo». Con queste parole il presidente Alberto Alessi dà ufficialmente il via all’edizione 2023 del Salone del Mobile. Nel mezzo del suo laboratorio di ricerca industriale, il cui ruolo da sempre è quello di mediare tra le espressioni della creatività internazionale, i designer e i sogni del pubblico. La mostra è stata realizzata da Amdl Circle, lo studio di architettura creato da Michele De Lucchi, che ha ideato per Alessi anche la mostra per il centenario. Un gioco sui contrasti: da un lato il neoclassicismo di un Palazzo che è un pezzo di storia, dall’altro una mostra dedicata all’uso industriale del metallo.
Francesca Appiani, curatrice del Museo Alessi dal 1998, fornisce le chiavi di lettura: «La mostra vuole ricordare le radici produttive della Alessi che da più di un secolo produce oggetti in metallo. E lo ricorda attraverso quattro progetti inediti. Uno dei quali è un nuovo marchio. Il Tornitore Matto è un’idea di Alberto Alessi che ritorna alle radici produttive della sua famiglia. Suo nonno quando fondò la Alessi aveva un’officina dove usavano il tornio, da lì l’idea del Tornitore Matto, per assecondare una suggestione legata ad Alice nel Paese delle Meraviglie. Un luogo produttivo dove non ci sono regole e non hai limiti nella lavorazione del metallo. Insieme all’industrial designer Giulio Iacchetti hanno selezionati otto autori, designer e li hanno ingaggiati per produrre oggetti con questa tecnica tradizionale».
Come nasce Conversational Objects di Virgil Abloh?
Lo studio ha cercato di creare un servizio che fosse di rottura rispetto alla classica mis en place. Il risultato è qualcosa di molto essenziale: quattro pezzi in acciaio satinato, anche se di solito le posate sono lucide. L’ispirazione arriva dall’utensile meccanico, e queste posate si fanno strumenti di conversazione con un espositore che si mette in tavola, come a invogliarti a servirti in autonomia. Oggetti che stimolano la conversazione a partire dal disegno, dalla finitura. L’allestimento è figlio di un quadro di Velázquez in cui quattro commensali si ritrovano a chiacchierare.
Perché si sono attesi tutti questi anni per realizzare un progetto di Salvador Dalì?
La storia inizia con l’ingresso di Alberto Alessi in fabbrica. Fino a quel momento l’azienda, molto tradizionale, siamo sul finire degli anni Sessanta, produce oggetti in acciaio inossidabile soprattutto per il settore alberghiero. Alberto decide di provare ad usare il progetto produttivo per fabbricare opere d’arte. Ingaggia Giò Pomodoro, Pietro Consagra e gli chiede di disegnare un pezzo che avrebbe prodotto in numero illimitato. Dietro la suggestione della serigrafia. Vanno in produzione i primi pezzi e ad un certo punto coinvolge Salvador Dalì. Quando sta per iniziare la produzione di quel pezzo, il padre di Alberto, capo della Alessi in quegli anni, blocca il progetto perché non è stato capito dal pubblico, commercialmente non ha funzionato, era troppo in anticipo sui tempi. Dalì però una volta finito il suo oggetto, invita Alberto a casa sua a vedere il prototipo e il disegno che abbiamo in archivio. Il fatto buffo che accade a questo punto è che quando Alberto rientra in Italia e lascia il prototipo in officina, un operaio vede il pezzo di metallo, non capisce cosa sia e lo butta via. Non avevamo più il prototipo ma i disegni e tante foto. Nessuno ha mai visto quell’opera fino ad oggi, in cui si è deciso di metterla in produzione. L’idea è nata lo scorso anno in occasione della mostra dei 100 anni di Alessi.
Poi arriva Starck con la sua Collezione Poêle.
La collezione nasce dall’idea di Alberto di fare una sedia con Philippe Starck. Uno dei primi schizzi di Starck era una pentola, tipo quelle per friggere, con le gambe che la facevano diventare una sedia. L’idea? Usare la tecnologia che impieghiamo per fare le pentole, uno stampaggio a freddo del metallo, per produrre la scocca della sedia, facendo in modo che sembrasse morbida, come fosse un tessuto che si adatta sulla struttura in legno di faggio. La collezione sarà disponibile da settembre-ottobre.
Parliamo di creatività.
Un aspetto importante della nostra ricerca è quello di lavorare con il mondo della creatività a 360°. Ars Metallica se si guarda da questo punto di vista ne è l’esempio lampante: abbiamo l’oggetto di un artista, di un designer, di un fashion designer e tutta la selezione del Tornitore Matto che rappresenta la peculiarità del nostro essere un laboratorio di ricerca.
All’industrial designer Giulio Iacchetti invece il compito di coordinare i designer a capo del primo capitolo del marchio Tornitore Matto, sviluppato insieme ad Alberto Alessi: «Abbiamo deciso di iniziare un’avventura totalmente nuova, entrambi cullavamo l’idea di tornare alle origini, non solo alle origini della lavorazione e quindi al tornio in lastra, che sta alla base della storia Alessi, ma anche al modo in cui si sviluppa un progetto, un’idea, un designer, un imprenditore e un artigiano che lo realizza, senza passaggi intermedi, senza troppe sofisticazioni, o rituali. Non per svuotare di senso tutto questo, che è indispensabile nel mondo d’oggi ma per agire come quando eravamo solo dei fanciulli».
Un materiale versatile, il metallo, finisce al centro di questo progetto.
Il metallo si presta ad essere lavorato in tanti modi: materiali poco indagati come rame, ottone, alluminio, si prestano benissimo alla lavorazione al tornio in lastra. Non è un recupero storico ma una lavorazione contemporanea. Permette di modulare la produzione dei pezzi in base alla domanda e questo è un aspetto molto interessante. E poi permette di realizzare determinate lavorazioni che nello stampaggio classico dell’acciaio non si riuscirebbero a fare.
Questo progetto coinvolge creativi internazionali che lavorano in diverse discipline: oltre a lei, Michael Anastassiades, Federico Angi, Andrea Branzi, Pierre Charpin, Michele De Lucchi, Naoto Fukasawa, Paolo Ulian, Nika Zupanc. Come sono stati scelti?
Inizialmente si era pensato ad un workshop di giovani designer, poi si è scelto di partire con i grandi maestri che hanno lavorato e lavorano per Alessi. Uno su tutti Andrea Branzi ma ci sono nomi che hanno fatto la storia, come De Lucchi o Pierre Charpin. Poi abbiamo corretto il tiro inserendo persone che non avevano mai lavorato con Alessi, come Nika Zupanc o giovani designer come Federico Angi. Abbiamo creato una rosa molto eterogenea e ognuno di loro ha scelto la direzione da prendere con il suo oggetto. Il tema generale era progettare un contenitore per poter fare una collezione con ogni singolo progetto. La cosa bella è che gli oggetti senza volere si parlano.
Cosa vede nel futuro?
Il progetto si chiama Tornitore Matto, capitolo 1. Tutto fa ben sperare che ci sarà un capitolo 2.