L'attesa di Piero Messina: Juliette Binoche, il lutto e una Sicilia avvolgente
Il primo film italiano in concorso a Venezia è un racconto di morte e sopravvivenza in un duetto femminile
L'attesa si apre con echi sorrentiniani e una lentezza dolorosa per poi prendere una strada più personale e intima, seguendo il risveglio interiore della sua protagonista, una meravigliosa Juliette Binoche. Partecipa a un lutto muto e tremendo una Sicilia non fatta di mare e sole ma nebbiosa e aspra, con la campagna che si apre attorno alle falde dell'Etna.
Opera prima di Piero Messina, primo italiano in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, è un esordio coraggioso. Il regista siciliano, in passato assistente alla regia di Paolo Sorrentino, orchestra prolungati silenzi, inquadrature che si soffermano su volti e si aggrappano a dettagli, cercando un estetismo a volte eccessivo, a volte emozionante (bella la scena in cui la Binoche abbraccia disperata il materassino fucsia). Per lui applausi e qualche ingeneroso "buu".
La divina attrice francese, ancora bellissima nei suoi 51 anni portati con raffinatezza, è Anna, una madre che affronta il momento più lacerante: la morte del figlio. Proprio allora prorompe dalla Francia Jeanne (una solare e delicata Lou de Laâge), ragazza che dice di essere la fidanzata del suo Giuseppe. Era d'accordo con Giuseppe di passare l'estate lì, in Sicilia, ma lui non risponde al cellulare. Anna la accoglie, con fare misterioso. Prende tempo. Le mente. Le fa credere che Giuseppe è via ma tornerà presto. E intanto le due donne si osservano, l'una cucina per l'altra, vanno insieme al lago, si raccontano. Mentra Anna conosce Jeanne, riapre la sua dimora alla luce. Pasqua si avvicina e durante la processione del paese, tra uomini incappucciati in corteo, Anna non può non cercare ancora gli occhi di suo figlio.
"L'attesa è un film che esce dall'ordinario", dice Juliette Binoche. "Non affrontavo il dolore di una madre dai tempi di Film Blue di Kieslowski; la storia di Messina mi ha convinto perché trattava l'argomento in maniera nuova: il mio personaggio è una donna che si crea un mondo magico per non pronunciare l'innominabile".
"Il film mostra due strategie diverse di sopravvivenza: l'adesione alla realtà e la fuga", afferma Giorgio Colangeli, che interpreta l'aiutante tuttofare di Anna.
"L'attesa nasce da un racconto di un mio amico su una persona che aveva vissuto un lutto e aveva deciso di non parlarne, convincendo tutti a fare lo stesso", racconta il regista, che ha curato anche la sceneggiatura insieme a Giacomo Bendotti, Ilaria Macchia e Andrea Paolo Massara ispirandosi liberamente a La vita che ti diedi di Luigi Pirandello. "A questa suggestione se n'è unita un'altra, il ricordo d'infanzia di persone che piangono davanti a una statua, milioni di persone che credono che quel pezzo di legno sia qualcos'altro".
Messina ha subito scelto la diva francese per la sua protagonista: "È stata la mia prima idea, avevo dato il suo nome ai produttore in qualità di attrice ideale poi, invece ha accettato la parte. La mia ammirazione per Juliette risale dai tempi della scuola, sul set mi è rimasta impressa la sua frase: 'Io non recito, io sono'. All'inizio mi sembrò forte, poi ho capito. È vero. Juliette riesce a calarsi e vivere il dolore. Si immergeva in quel sentimento e io dovevo solo osservarla e scegliere il ciak che era venuto meglio".