Ayrton Senna, l'utopia dei giorni nostri
20 anni fa moriva ad Imola forse il più grande pilota di sempre, un puro dal cuore grande - Fotostoria - Video dell'incidente - Senna: i numeri - L'opinione di Turrini - Il ricordo
Inevitabile pensarci, vicino al 1 Maggio, anche per chi come me, non l'ha mai conosciuto, purtroppo. Dico purtroppo perché sembra proprio che, per coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, di incontrarlo, di lavorarci, o ancora meglio, di sfidarlo in pista, sia stata un'esperienza incredibile, di quelle che restano nel cuore per sempre.
Non posso scrivere della vita di Ayrton Senna, perché non l'ho mai conosciuto, e non l'ho mai neanche seguito in televisione, perché quando la sua carriera in Formula Uno è iniziata io non ero neanche nata, al suo primo titolo mondiale con la McLaren avevo un anno di età, e il giorno del terribile incidente a Imola, il 1 Maggio 1994, ne avevo sette, ma della massima serie non conoscevo neanche l'esistenza.
A chi fa parte della mia generazione, il brasiliano è sempre stato raccontato come una leggenda, come la migliore e autentica espressione del pilota di auto da corsa, uomo dalle qualità inimitabili e dotato di una velocità istintiva che, a detta di molti, non si è mai più rivista sugli autodromi del panorama mondiale. Ovviamente, da pilota quale sono, sentirne parlare così tanto non può che avermi spinto a voler sapere di più sulla sua vita, sulle sue imprese, curiosa di scoprire perchè quest'uomo, andatosene ormai vent'anni fa, sia ancora così vivo nella mente di tutti.
E allora leggo la sua storia, ascolto testimonianze di chi l'ha conosciuto o ci ha parlato anche solo una volta, guardo documentari sulla sua vita, immagini di gare da cui, sempre e comunque, Senna esce da protagonista, nel bene e nel male.
Ebbene sì, anche nel male, perchè una cosa é certa, Ayrton sicuramente non era un santo. Non era uno che si prodigava per essere amico di tutti, non si risparmiava in quanto a insulti nei confronti degli avversari, e se aveva da lamentarsi della vettura con gli ingegneri, lo faceva senza problemi e mezze parole. In ogni caso, godeva di rispetto e stima da parte di tutti: piloti, team manager, giornalisti e appassionati.
Nel corso degli anni, soprattutto dopo la sua scomparsa, ci sono stati grandissimi campioni, piloti dalle indubbie qualità, alcuni sono tutt'ora in attività. Eppure ogni volta si ripensa a lui, lo si rimpiange, perchè come lui non c'è nessuno e si teme che, nell'era di questa Formula Uno, non ci sarà mai. Credo che un motivo in realtà ci sia.
Riesco a spiegarmi tutto questo solo con un fatto: Ayrton Senna aveva sì un cuore enorme, ma soprattutto non perdeva occasione di mostrarlo. E non perché volesse far colpo sugli altri, ma perché lui era così, straordinariamente uomo e umano in tutto ciò che faceva. Se era arrabbiato urlava, se era triste piangeva, ammetteva di essere sotto pressione quando quest'ultima gli sembrava insopportabile; non risparmiava nessuna emozione, al contrario la viveva fino in fondo, bella o brutta che fosse.
Solitamente le persone sentono la mancanza di qualcosa che non hanno, che non c'è più. In questo momento tutti sentiamo la mancanza di un Senna. Il fatto qui non è che i piloti di oggi non abbiano cuore, ci mancherebbe, ma sicuramente non possono o non hanno il coraggio di mostrarlo. Ayrton odiava il fatto che nella Formula Uno dei suoi tempi stessero iniziando tutti quei meccanismi politici, che lo portarono a smettere di credere nella lealtà e onestà di questo sport. Lui odiava la politica e di certo non avrebbe mai assecondato nessun gioco di potere. Era un puro.
Oggi la situazione è diversa perché il mondo in cui viviamo ha portato tutti noi a prendere un'altra direzione. Difficile trovare un pilota che esprima totalmente la propria personalità, completa di tutte le sue debolezze. Quasi impossibile trovarne uno che ammetta di soffrire la pressione o il confronto con il proprio compagno di squadra. Nel motorsport di oggi mostrare troppo le proprie emozioni nuoce all'immagine, i comportamenti aggressivi vengono puniti sia in pista che fuori, ai giornalisti non bisogna mai dire troppo né troppo poco; c'è sempre qualcuno in particolare di cui prendersi cura, e qualcun altro con cui evitare a tutti costi una discussione. Non sarà piacevole a leggersi, forse anche poco sportivo, ma è normale che sia così, perchè non esiste più solo la velocità pura, ma ci sono altre nuove componenti a cui è impossibile e talvolta poco intelligente non far caso.
Io stessa mentre scrivo, in questo momento, sto attenta a non sembrare arrogante, a non esagerare nell'esprimere la mia posizione. Ayrton avrebbe scritto e basta, senza filtri. Lo guardo in una foto e mi sembra di vedere nei suoi occhi quel cuore così grande di cui tutti siamo innamorati. Sembrano gli occhi di un bambino.
Le corse vanno avanti, ma Ayrton resta, più vivo che mai.