La bella e la bestia, il film con Léa Seydoux: 5 cose da sapere
Nuovo adattamento della nota fiaba per mano del francese Christophe Gans, è un racconto non troppo palpitante immerso in una meraviglia visiva
Una delle fiabe europee più note e adattate (al cinema, al teatro, in letteratura) si fa di nuovo film e arriva nelle sale italiane dal 27 febbraio. Ecco La bella e la bestia nella versione di Christophe Gans. Il regista francese rinnova la collaborazione con Vincent Cassel, dopo l'action-fantasy Il patto dei lupi (2001), e lo sceglie come suo animalesco principe: effettivamente l'attore ha nella sua fisicità una certa regalità ma soprattutto una prepotente presenza selvaggia. La bella è invece Léa Seydoux, reduce dal successo e dalle polemiche de La vita di Adele, viso di porcellana che sembra pennellato da un'epoca lontana.
Ecco cinque cose da sapere sul film.
1) Non un è remake del classico di Jean Cocteau
Pensando a La bella e la bestia è impossibile non ricordare subito il classico del cinema datato 1946 di un altro francese, Jean Cocteau. Gans però ha voluto evitare di fare un remake e ha cercato un nuovo adattamento del racconto, basandosi soprattutto sullo scritto del 1740 di Madame de Villeneuve, molto più esteso della riduzione di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont del 1756. "La bella e la bestia è intriso di cose non dette, di bianchi, di spazi volontariamente lasciati da parte da Cocteau" ha detto Gans. "Quando mi sono imbattuto nel racconto di Madame de Villeneuve, notavo ogni volta i passaggi che Cocteau aveva tralasciato. Il mercante, ad esempio, non lo interessava molto, serve appena a introdurre la bestia. Allo stesso modo, la personalità delle due sorelle e le origini della maledizione del principe non attiravano quasi per nulla la sua attenzione".
Nella versione di Gans, sceneggiata dallo stesso regista insieme a Sandra Vo-Anh, Belle è il personaggio centrale del film (Cocteau si concentrava soprattutto sulla bestia).
2) Narrazione con poco trasporto: il passato più intrigante del presente
Puntellato da una meraviglia visiva stupefacente (di cui parlerò meglio nel punto successivo), il cuore della narrazione è invece meno vivido e palpitante. Seppur stilisticamente Gans faccia un buon lavoro, non riesce a scuotere vigorosamente il coinvolgimento emotivo.
La storia viene avviata e ogni tanto ripresa come un racconto fatto a due bambini da una donna misteriosa (di cui solo alla fine scopriamo il viso, anche se sin dalle prime parole e inquadrature delle mani capiamo chi sia): questo involucro - funzionale allo sviluppo successivo - è legnoso e frena la partecipazione.
La bella e la bestia di Gans si muove su due piani temporali diversi. Il presente è collocato nel 1810, durante il Primo Impero francese: qui abita Belle (Seydoux) con suo padre (André Dussollier), mercante caduto in disgrazia, con i tre fratelli e le due sorelle petulanti e disegnate a mo' di macchiette. Mentre quest'ultime sono bruttine e decisamente vanitose, fastidiose e snob, Belle è la serenità interiore e la beltà fatte ragazza, con un fresco décolleté sempre in vista. Nel castello della bestia (Cassel) dà poi sfoggio di abiti di ogni fattezza e colore (e décolleté), che cambia più spesso di ogni diva del Festival di Sanremo. Di certo quella che abbiamo di fronte non è la Seydoux migliore, non è l'attrice meravigliosa di Sister o La vita d'Adele, ma è il contesto da favola a concederle meno possibilità interpretative.
Gans si sofferma molto sul passato della bestia, ambientato tre secoli prima, in una sorta di Rinascimento volutamente inventato, quando il principe era ancora uomo e aveva accanto una seducente dama (Yvonne Catterfeld). Ed è proprio il racconto del passato la parte più intrigante.
3) Meraviglia visiva
I giganti di pietra, il paesaggio innevato, il bosco che si apre alla corsa del cavallo nero, il castello invaso dal roseto o immerso in un rigoglio di verde... Sono tante le immagini che catturano gli occhi, in un'autentica meraviglia visiva: La bella e la bestia è un tripudio di effetti speciali, che sembra ancor più strabiliante se si pensa che la produzione è francese e non hollywoodiana.
Le scenografie sono da favola, in ogni sfumatura del termine.
4) Film girato in studio su green-screen
Il film è stato realizzato in 57 giorni cercando di ottimizzare le tempistiche, con il montaggio che è stato pressoché contemporaneo alle riprese.
È stato interamente girato in studio, a Babelsberg, vicino Berlino, in larga parte su set dove tutto era ricostruito: il resto l'ha fatto l'utilizzo degli effetti speciali. Gli attori hanno pertanto recitato su fondi verdi, come in una scena teatrale, dovendo immaginare tutto quello che poi sarebbe stato realizzato al computer. Léa Seydoux, che viene da un cinema d'autore meno tecnologico, si è dovuta sforzare a recitare davanti al nulla nelle scene coi simpaticissimi Tadum, buffe e graziose piccole creature simili a cani dai tenerissimi occhioni, capaci di arrampicarsi come scimmie.
Parimenti ha dovuto fare davanti alla bestia di Cassel. "All'inizio la maggior parte del lavoro consisteva nel cercare di non ridere troppo" ha raccontato Seydoux. "Non ce la facevo a restare seria guardandolo. Lui indossava il suo costume, che era sublime, ma bisognava immaginarsi la testa, lì dove c'era solo il viso di Vincent costellato da una sorta di croci e inquadrato da una cosa verde. Poi bisognava immaginarsi una bestia terrificante".
5) La bestia simile al diavolo di Legend
Gans per la sua bestia si è ispirato a Darkness, l'enorme diavolo rosso di Legend di Ridley Scott. "Nella mia testa la bestia doveva avere, come Darkness, un qualcosa del superuomo", ha detto. "Ho sempre visto il mostro come uno stadio intermedio tra l'uomo e il dio, una creatura mitologica come lo erano i ciclopi, i titani, e tutto il pantheon della mitologia classica. Ho provato a fare della bestia una creatura magnifica e al tempo stesso patetica".
Cassel ha recitato per il 75-80% del film nascosto dietro la maschera della bestia. La sua performance è stata registrata in due tempi. Sul set vestiva il costume di scena e dava le battute a Léa. In seguito ha dovuto sottomettersi a una sorta di postsincronizzazione facciale, inserita in Canada a Montreal, un mese dopo la fine delle riprese. In pratica ha dovuto rifare la sua prestazione senza muoversi, di fronte a molte cineprese, esattamente come aveva fatto Brad Pitt per Lo strano caso di Benjamin Button. È su questa performance che è stata applicata in postproduzione la maschera disegnata da Patrick Tatopoulos e realizzata da Steve Wang. È stata infine scansionata ad alta risoluzione e proprio questa scansione è stata applicata sulle immagini di Cassel. La posa della protesi è stata dunque realizzata al computer senza che l'attore fosse obbligato ad alzarsi alle 3 del mattino per farsi riempire di colla.
Sul set Vincent era coperto da una specie di casco da hockey con dei segni sopra, che rivelavano solo una parte del viso, dalle sopracciglia fino al mento. Per il resto, portava la criniera della bestia. La protuberanza del casco, tra l'altro, permetteva di non dimenticare mai dove si trovavano veramente le labbra della bestia, ossia 3-4 centimetri più avanti della bocca di Vincent, il che è stato cruciale, per esempio, al momento del bacio con Belle.