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Non mi piaccio e mi rifaccio

Non mi piaccio e mi   rifaccio

Gli interventi estetici su minori (soprattutto ragazzine) sono cresciuti del 33 per cento negli ultimi quattro anni. Il segnale di un disagio e di un senso di inadeguatezza, veicolati molto spesso dai social.


«Tesoro, che ti regaliamo per i tuoi 15 anni?». «Il seno nuovo». Parole che lasciano ammutoliti i genitori. E che sono il preludio di un percorso, fatto di martellanti richieste dell’adolescente e tentativi di resistenza di mamma e papà, che finisce dal chirurgo plastico. Secondo i dati della Società italiana di Chirurgia plastica ricostruttiva rigenerativa ed estetica, negli ultimi quattro anni gli interventi su minori sono cresciuti del 33 per cento, del 19,3 per cento nel solo 2021.

L’Italia è al nono posto nella classifica mondiale con poco meno di 700 mila «ritocchini» su under 18, seconda dopo la Germania. Di questi, 385 mila sono «soft», le classiche punturine all’acido ialuronico, mentre per 284 mila si tratta di interventi chirurgici a tutti gli effetti. In Spagna, secondo la Secpre (la Società spagnola di chirurgia plastica), sono 8 mila, nel Regno Unito 41 mila. Cosa spinge le adolescenti a finire sotto i ferri? Il desiderio di conquistare la cosiddetta «Rich Girl Face», o un seno da Instagram? «Non rifaccio il seno a una minore a fini estetici. C’è anche una legge che lo vieta» afferma Marco Klinger, responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica presso l’Istituto Humanitas di Milano e professore ordinario all’Università degli Studi di Milano. «Però, rispetto a trent’anni fa, l’aspetto fisico è molto più importante. Da giovane nel mio gruppo di amici c’era anche la ragazzina “non bellissima” e nessuno si permetteva di additarla. Oggi una teenager con il naso brutto si sente in crisi. È la società stessa che ti dice che se non sei bella sei “da buttare via”».

Sono i social a veicolare foto ritoccate di giovani senza imperfezioni. Immagini che per i giovanissimi, più fragili di ieri, diventano ossessione. «Altro discorso è se vedo un difetto che pregiudica la salute fisica e mentale del minore. Pensiamo a un naso enorme, magari con il setto deviato. Oltre a respirare male quell’adolescente se ne vergogna. Proprio nella fase della formazione della personalità, viene deriso dai compagni». Un cenno a parte merita l’intervento sulle orecchie a sventola, che i chirurghi fanno anche a 6 o 12 anni. «Il maggiorenne ha una personalità formata, è raro operarlo di questa caratteristica fisica. Ma se un bambino si sente prendere in giro perché ha le orecchie “alla Dumbo”, con che serenità può crescere? Io lo opero a 8-10 anni se capisco che così facendo gli evito uno shock psicologico».

Stesso discorso per il seno. «Pensate alle ragazzine cui il seno è cresciuto in maniera abnorme, che stanno curve perché si sentono a disagio. Quando il difetto è più funzionale che estetico, allora opero. E anche quando il problema provoca angoscia. Ho pazienti che si vergognano del proprio fisico, quando dico loro di spogliarsi per vedere mi rispondono che è la prima volta che lo fanno vedere a qualcuno, perchè non lo ha visto nemmeno la mamma».

Ci vuole un approccio deontologico, e, spesso, un consulto con lo psicologo. «È fondamentale valutare con estrema attenzione le motivazioni che spingono un minore a sottoporsi a un intervento estetico» spiega Diego Gigliotti, docente all’Università della Magna Grecia e chirurgo estetico. «Il buon senso di chirurgo e psicologo guida i giovani verso scelte responsabili. Anche in caso di interventi come i filler, perché il fatto che sono riassorbibili non vuol dire assenza di rischi. Durante la fase adolescenziale poi, il corpo è in continuo mutamento. Lo sviluppo osseo non è completo. Quante modificazioni subisce un naso nei primi anni di vita? Un seno piccolo può svilupparsi in breve tempo. La tendenza generale è attendere che il fisico si sia stabilizzato». Anche se è dura resistere alla voglia di perfezione richiesta dai social e, spesso, dalle stesse mamme. «Ci sono ragazzine che arrivano da me perché spinte dalle madri. Accade soprattutto quando è lei l’habitué del ritocco». Dietro alla volontà di modificare il proprio corpo c’è sovente un disturbo psicologico. «In questo caso si parla di dismorfofobia, ovvero vedersi in modo alterato, credere che l’immagine che rimanda lo specchio non aderisca a modelli teorici. Tutto questo senza contatto con la realtà» sostiene Stefano Vicari, responsabile Neuropsichiatria infantile all’Ospedale Bambino Gesù e professore ordinario all’Università Cattolica di Roma. «Ho avuto pazienti che trovavano il proprio naso orribile ma non era vero. Uno, addirittura, vi attribuiva tutti i suoi problemi. Bisogna far prendere loro coscienza che stanno trasferendo sul naso un disagio diverso».

Difficile quando oltre alla dismorfofobia si aggiunge il bullismo. «È arrivata di recente nel mio reparto una bambina che ha tentato il suicidio perché sui suoi social le arrivavano messaggi come “sei brutta”, “ammazzati”. E non è brutta, è solo adolescente. Ma i ragazzi oggi vivono un’adultizzazione precoce. Sono spinti a saltare questa fase di passaggio, per loro è un peso da cui liberarsi. Così si ha una crescita scorretta e una errata maturazione della propria capacità di pensiero ed emozioni».

Prima di qualsiasi modifica, bisognerebbe intervenire a livello psicologico sui ragazzi e sui genitori. Per capire se spingere loro, prima di tutto, all’accettazione del figlio per come è e non per come vorrebbero che fosse. Padri e madri andrebbero aiutati a svolgere un’azione educativa, che passa anche attraverso i «no». «Una ragazza che si vuole rifare il seno a 15 anni va ascoltata, accompagnata, si valuta insieme ogni aspetto e le si spiega perché posticipare l’intervento alla maggiore età. Con razionalità. Perchè gli adolescenti non fanno quello che i genitori dicono ma quello che i genitori fanno».

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