Biancaneve, il film della discordia non necessario - Recensione
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Biancaneve, il film della discordia non necessario - Recensione

Gal Gadot torreggia con charme, Rachel Zegler si dà devota, ma il remake live action del cartone del 1937 non convince. Preceduto da uno sciame di polemiche, è un pasticcio in bilico indeciso tra classico e contemporaneità

Preceduto da uno sciame di polemiche e da umori stizzosi aprioristici, Biancaneve di Marc Webb arriva infine al cinema, dal 20 marzo. Remake live action dell’amatissimo classico Disney del 1937 Biancaneve e i sette nani, tratto dalla favola dei fratelli Grimm, l’abbiamo visto, cercando di dimenticare ogni critica preconcetta. E, anche se la narrazione non prende inciampi colossali, non ci ha convinto.

Nonostante la bellezza spropositata della regina cattiva Gal Gadot, cinta in abiti abbacinanti, e l’impegno devoto della protagonista Rachel Zegler, Biancaneve è un pasticcio strano, tutt’altro che magico anche se non così stridente. Assolutamente non necessario.

Gal Gadot in "Biancaneve" (Credits: Disney)

Il remake che non volevamo

La grande premessa è sempre la stessa: perché ordire quest’esercito di remake live action dei classici Disney? Perché disturbare trame e personaggi amati e replicarli, rimestando e rifacendo? La risposta di quest’operazione sgradita è univoca e ovvia: per il portafoglio.

Alcuni classici, comunque, hanno avuto fortuna nei loro eredi. Allegro e scanzonato, il remake Aladdin (2019) di Guy Ritchie aveva trovato la giusta via. È stata una piacevole sorpresa Il libro della giungla (2016) di Jon Favreau. Da dimenticare invece Dumbo (2019) di Tim Burton e Il re leone (2019) di Favreau e sequel.

La favola di Biancaneve, tra l’altro, aveva già avuto due riletture recenti, entrambe degne di nota. Era stata spassosa la versione ironica di Tarsem Singh del 2012, con Lily Collins flebile Biancaneve e Julia Roberts regina cattiva, la più divertente del reame. Nello stesso anno, Biancaneve e il cacciatore di Rupert Sanders aveva proposto una visione dark dalle sorprese inattese (tipo otto nani), con Charlize Theron matrigna minacciosa e sontuosa e Kristen Stewart insolita principessa dalla pelle nivea che si mette addosso l’armatura e scende in battaglia.

Rachel Zegler in "Biancaneve" (Credits: Disney)

Gal Gadot è la più bella del reame

Nella rivisitazione odierna nata da una sceneggiatura di Erin Cressida Wilson, già penna non troppo affilata di La ragazza del treno e Chloe - Tra seduzione e inganno, Biancaneve prende il nome dalla notte di neve e burrasca in cui è nata.

La interpreta Rachel Zegler, di indubbio talento canoro, dimostrato come protagonista di West Side Story di Spielberg (anche se noi abbiamo visto la versione italiana, con Biancaneve che ha la voce di Arianna Vignoli nei dialoghi e quella di Eleonora Segaluscio nelle canzoni). È invece un po’ acerba la sua presenza scenica. Fa sorridere vederla in svolazzante gonna gialla, maniche a palloncino, capelli corti con acconciatura a onde e cerchietto rosso: sembra uscita dal classico della Disney, anche se un indeciso spirito contemporaneo spruzza il film qua e là.

Di Gal Gadot, che dire? Sulla scia di Julia Roberts e Charlize Theron, regine torreggianti, è lei a rubare ogni sguardo quando appare. Il viso circondato da un copricapo che esalta i suoi lineamenti perfetti, sguardo compiaciuto e sprezzante, è una Grimilde di charme dominante. La più bella del reame. La sua voce italiana è di Chiara Gioncardi nei dialoghi e di Serena Rossi nelle parti cantate.
Stupendi i suoi look essenziali e preziosi, che trasudano potere. È magnifica nella scena clou sul finale, in abito blu notte scintillante, con un mantello dalle volte sinuose e collo percorso da pietre verdi e blu.

Andrew Burnap e Rachel Zegler in "Biancaneve" (Credits: Disney)

In bilico esitante tra classico e contemporaneità

Biancaneve secondoMarc Webb è la storia di una giovane donna che sta imparando a essere una leader.

«Io, i produttori e gli autori delle canzoni abbiamo lavorato a stretto contatto per quattro anni, creando con cura una sceneggiatura che unisse gli elementi essenziali del classico d’animazione Disney del 1937 con la modernità», ha detto la sceneggiatrice. «Ho preso spunto dal capolavoro che già esisteva, ampliandolo delicatamente per un pubblico più contemporaneo».

Ma è proprio questa commistione maldestra tra classico e contemporaneo a rendere esitante il film, che non prende una rotta netta che possa avvincere lo spettatore.

Non c’è principe azzurro in Biancaneve, non c’è un bel semi-sconosciuto in cavallo bianco che dal nulla arriva e bacia la principessa inerme, addormentata. Il bacio del vero amore (attenzione, spoiler) questa volta arriva dal tal Jonathan (interpretato da Andrew Burnap), una sorta di Robin Hood, capo di un gruppo di banditi che vive nella foresta fuori dal castello. È una svolta originale ma morbida e confusa: in Maleficent (2014) il bacio del vero amore fu quello materno, in Frozen – Il regno di ghiaccio (2013) salvifico fu l’amore della sorella e allora sì che fu rivoluzione, un autentico rompighiaccio.

L’abitudine ormai consolidata di un cast multietnico, al di là dell’aderenza ai racconti originali? Una scelta che ci piace.

Gal Gadot in "Biancaneve" (Credits: Disney)

Un film da set in studio, in un’atmosfera artefatta

Un altro mix disarmonico di Biancaneve è quello tra personaggi in carne e ossa e personaggi creati in CGI, tra set reali e scenografie da computer grafica: si respira un’atmosfera troppo artefatta. I sette nani, tra cui spiccano gli occhioni celesti di Cucciolo (modellato su Andrew Barth Feldman), sono costruiti tramite performance capture. Poi ecco però che nel gruppo di banditi c’è il riottoso Quigg, interpretato dall’attore nano e stuntman George Appleby.

Gli animali che vivono nel bosco sono stati creati in post-produzione dal team degli effetti visivi e non sempre convincono: il cerbiatto che per primo fa amicizia con Biancaneve è così innaturale!
Burnham Beeches, antico sito boschivo di oltre 200 ettari nel Buckinghamshire, in Inghilterra, è stato utilizzato per le scene in esterni nella foresta.

Per lo più però il film è stato girato nei Pinewood Studios di Londra su set costruiti da zero dalla troupe creativa. E si sente. Dalla radura addormentata al castello, latita la sensazione di trovarsi in una location reale. E non si avverte neanche la sensazione di magia.

Rachel Zegler in "Biancaneve" (Credits: Disney)

Le polemiche che hanno preceduto Biancaneve

Film più discusso dell’anno, Biancaneve è stato travolto da un mare di polemiche ancor prima dell’uscita. Sotto accusa la sua linea «woke», pronta a smussare dettagli fondamentali della fiaba originale in nome del politicamente corretto.

La scelta che ha scatenato il web? Il ruolo della protagonista affidato a Rachel Zegler, attrice di origini colombiane che non ha la «pelle bianca come la neve». La verità post visione del film? È un particolare a cui non si fa caso.

Ha aizzato gli animi anche l’idea di sbarazzarsi del principe azzurro della pellicola del 1937, a beneficio di una versione meno sessista. Secondo Zegler, il principe che bacia Biancaneve, senza il suo consenso, sarebbe quasi uno stalker.
Altra decisione accolta da furor di popolo, quella di ricorre alla CGI e alla performance capture per i sette nani, anziché affidarsi a veri attori affetti da nanismo.

La verità? Molte di queste osservazioni sarebbero volate via, dopo la visione, di fronte a un film risoluto e sfavillante in magia e meraviglia. Ma Biancaneve non lo è.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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