Arriva la nuova Biancaneve Disney: la mela avvelenata è quella del politically correct
I sette nani in CGI, Biancaneve multietnica, un principe marginale... Il live action di Biancaneve rischia di diventare un flop epocale. Tra polemiche su inclusività, scelte politiche e una trama stravolta, la Disney sembra aver trasformato la fiaba in un campo di battaglia ideologico in nome del "politicamente corretto"
Ad avvelenare la nuova Biancaneve non è tanto la mela della Regina cattiva, ma le tempeste di polemiche che si sono scatenate attorno al live action, in uscita il 20 marzo. Con un investimento da capogiro di 270 milioni di dollari, il remake live action di una delle fiabe più celebri della Disney sta per diventare uno dei film più discussi di sempre. E non certo per le ragioni che ci si aspetterebbe. Se la Disney ha ormai fatto della linea "woke" una routine, questa volta ha superato ogni aspettativa, decidendo di rendere la fiaba “politicamente corretta” e scatenando una serie di critiche che potrebbero trasformare il film in un flop epocale.

Il primo, e più discutibile, cambiamento riguarda i famosi “sette nani”. Addio ai personaggi buffi e amati da generazioni, ora sostituiti da sette “creature magiche” realizzate con la CGI. Un’idea che ha fatto infuriare non solo i fan storici, ma anche una buona parte della critica. Il motivo? La Disney ha deciso di non assegnare il ruolo ai nani interpretati da attori affetti da nanismo. In nome dell'inclusività, i nani diventano entità digitali. Una decisione che ha sollevato l'indignazione di chi da sempre lotta per vedere più rappresentazione sul grande schermo. Choon Tan, attore e performer affetto da nanismo, ha definito questa scelta "assurda" e "discriminatoria", sottolineando che “Non c’è davvero nulla di sbagliato nel dare a qualcuno affetto da nanismo il ruolo di un nano in qualsiasi occasione. Finché siamo trattati in modo equo e con rispetto, siamo più che felici di accettare qualsiasi ruolo adatto a noi”.
Questa posizione è condivisa anche dal collega Blake Johnston, che ha accusato la Disney di cedere alla pressione della politically correct, privando così gli attori nani di una delle poche possibilità di carriera. "Penso che la Disney abbia ceduto alla pressione della politically correct, che ora ha dato meno lavoro ai migliori attori nani", ha dichiarato. E poi c'è Will Perry, nuotatore paralimpico affetto da acondroplasia, che ha commentato: "La Disney si sta sforzando troppo di essere politicamente corretta", finendo per danneggiare la carriera degli attori di nanismo.
Anche la figura di Biancaneve stessa ha scatenato il web. Difatti gli utenti si sono chiesti perché per la principessa Disney dalla «pelle bianca come il latte», sia stata scelta un’attrice colombiana, Rachel Zegler. La fiaba del resto andava riscritta per i tempi moderni del politically correct che negli Usa è quasi un’ossessione (una cultura fortemente attaccata dal Presidente Trump). Dunque una principessa multietnica è stata considerata la scelta giusta.
Zegler, inoltre, ha rotto con la tradizione, definendo la pellicola del 1937 “datata” e “sessista”, sparando anche una stoccata al principe, che ha descritto come un “stalker” che perseguita Biancaneve. Un cambio di prospettiva che ha scatenato un’infinità di polemiche sui social. E i fan della fiaba, invece di ritrovare la magia che li ha affascinati da bambini, si sono ritrovati in un dibattito politico.
Ma politico è anche il contrasto tra le due protagoniste. Zegler ha fatto pubblicamente commenti pro-palestinesi su X, mentre Gal Gadot, che nel film interpreta la Regina Cattiva, ha espresso il suo sostegno a Israele, soprattutto dopo l'attacco di Hamas. Una divisione che non ha fatto altro che aumentare le tensioni tra le due attrici e attirare ulteriori critiche al film, già minato da un’atmosfera tutt'altro che fiabesca.
A tutto ciò si aggiunge un episodio che ha contribuito a creare l’ennesimo scandalo mediatico: Zegler, postando su Instagram dopo le elezioni presidenziali del 2024, ha scritto di essere “affranta” e che sperava che “gli elettori di Trump e Trump stesso non conoscessero mai la pace”. Poi, come se non bastasse, ha dovuto scusarsi per le sue parole, ammettendo che “ho lasciato che le mie emozioni prendessero il sopravvento”.
Insomma, se il film non fosse già una polveriera, ecco che la Disney si ritrova con una mina vagante in più.
Con tutti questi fuochi da spegnere, la Disney ha deciso di correre ai ripari per limitare i danni. La première, inizialmente programmata come un evento internazionale sfarzoso, è stata spostata in un castello a Segovia, in Spagna, riducendo drasticamente la promozione del film. Secondo alcune fonti interne, “la Disney sta anticipando una reazione anti-woke contro Biancaneve”. Il colosso dell’animazione, temendo ripercussioni negli Stati Uniti, ha blindato la premiere prevista per il 15 marzo a Los Angeles, senza tappeto rosso e con la copertura dell’evento affidata esclusivamente al suo staff. “La Disney sta cercando di ridurre al minimo la quantità di domande della stampa che Rachel Zegler riceve”, ha rivelato un insider, sottolineando la paura che il film possa causare un’impopolarità senza precedenti.
La Disney, nell’intento di accontentare tutti, sembra aver fatto il passo più lungo della gamba, mettendo in discussione l’essenza stessa della fiaba originale. In un’epoca in cui la politica inclusiva è il nuovo standard, la ricerca di un equilibrio tra nostalgia e inclusività sta facendo più danni che altro. Il principe, un tempo protagonista, è diventato una figura marginale, mentre Biancaneve, invece di sognare un amore, “sognerà di diventare la leader che sa di poter essere”.
Se la Disney ha provato a raccogliere l'approvazione di un pubblico più giovane e attento alle tematiche sociali, non ha fatto i conti con la nostalgia di chi considera il cambiamento come un tradimento della magia delle fiabe originali.
Ed ecco che allora Biancaneve rischia di diventare proprio una mela avvelenata. La Disney, nel tentativo di non deludere nessuno, si trova ora a fare i conti con il risultato opposto: un pubblico che non si sente accontentato e la magia di una fiaba trasformata in un campo di battaglia politico. Se non è ancora un flop annunciato, sicuramente lo è nel senso che ha perso l'essenza del racconto, trasformandosi in un terreno di scontro ideologico. Dove, alla fine, nessuno sembra aver vinto davvero.