Blue Jasmine di Woody Allen, Cate Blanchett antieroina tragica
Il regista statunitense realizza il dramma che non ti aspetti, amaro e raramente addolcito dall'ironia
Jasmine vuole una vita di lusso, regalità ed eleganza, come se l'eleganza non fosse anche qualcosa di interiore, che pure un fruttivendolo può avere. Jasmine pretende per sé agiatezza e ambienti di "alto livello", come se le spettassero di diritto. Per questo costruisce un'esistenza di finzione, a partire dal nome: in verità si chiama Jeanette, ma Jasmine le sembra abbia un suono più raffinato.
Vezzosa e incapace di staccarsi dall'immagine di se stessa che vuole per sé, Jasmine (o Jeanette) è la protagonista tormentata di Blue Jasmine, il nuovo film di Woody Allen, dal 5 dicembre al cinema. La interpreta una bellissima Cate Blanchett, che molti già vogliono in prima linea per un Oscar (io non sono rimasta folgorata, in verità, ma l'ho vista recitare doppiata in italiano: forse nella versione originale la sua interpretazione è più entusiasmante).
Partita da origini di certo non facoltose, per anni Jasmine ha pensato di aver conquistato quello che si meritava: un marito ricco (Alec Baldwin) - conosciuto sulle note di Blue Moon - che la riempie di frasi cortesi e costosi regali, villa a New York, cocktail in piscina, Martini da sorseggiare in giardino tra ameni e ricchi consimili... Ma questo castello di carte meravigliose e patinate cade quando vengono scoperte le frodi finanziare del caro maritino. Ormai smarrita e in balia di Xanax e alcolici, il suo stato mentale è precario e degradato. Sul lastrico - ma non per questo capace di rinunciare alla prima classe in aereo - vola a San Francisco da sua sorella Ginger (Sally Hawkins), fino ad allora completamente snobbata e tenuta alla larga perché a suo avviso troppo popolana. Appoggiandosi a lei, cerca di rimettersi in piedi, ma non è facile per chi non ha quasi mai lavorato e trova umiliante fare la commessa, preda del riflesso abbagliante dei ricordi. Ostinatamente alla ricerca di un mondo di Louis Vuitton e BMW, riesce per un po' a convincere anche la sorella ad ambire a qualcosa di più, a cominciare da Chili (Bobby Cannavale), il suo compagno rozzo ma sincero.
Woody Allen ci serve la sua antieroina contemporanea con un realismo lucido e toni drammatici che quasi sorprendono. Il maestro dell'ironia questa volta è parco nel distribuire le sue argute facezie e Blue Jasmine ha un sapore davvero amaro. Tanto amaro. Non mancano qua e là scene grottesche che strappano sorrisi: l'inizio è meraviglioso, con Jasmine che inonda di parole la vicina di volo. Il finale è una lama tagliente.
Jasmine è vittima di se stessa, è difficile empatizzare con lei, è così tragica e irrecuperabile.
In patria Blue Jasmine ha ricevuto tante lodi e da molti è considerato il film migliore del tardo periodo di Allen. Per questo io mi aspettavo di più. Un piccolo colpo di scena finale porta una sferzata a una narrazione precisa e compiuta ma non troppo dinamica e coinvolgente. La crisi contemporanea non è (solo) quella economica e finanziaria, è soprattutto quella morale. E Allen ce la mostra nella sua nevrotica ed elegante crudezza.
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