Il regista Sam Mendes girerà quattro episodi, ognuno dedicato a un membro dei Beatles. Ridley Scott racconterà i Bee Gees. E poi sono in arrivo le vite di Bob Marley, Kiss e Brian Eno. Ecco perché piacciono a boomer e millennials. E sbancano al botteghino.
Sono uno dei generi di maggior successo del cinema mondiale i music biopic. Le storie e le vite degli artisti che hanno scritto la storia della musica funzionano sul grande schermo e riempiono le sale. Attirano boomer e millennials in egual misura, e già questa è una notizia, in un’epoca in cui la musica per teenager risulta ostica e inascoltabile per la maggior parte degli ultra 40enni Il reggae non è certo il suono che oggi da tendenza, ma nelle ultime settimane, One Love, il biopic dedicato a Bob Marley diretto dal regista newyorkese Reinaldo Marcus Green, è stato il film più visto negli Stati Uniti (60 milioni di dollari al box office in 14 giorni) e in Italia (un milione e duecentomila dollari in appena quattro giorni).
È una rappresentazione cinematografica in continua evoluzione il biopic, che si reinventa con nuove formule per andare oltre il concetto di biografia didascalica per immagini, che in buona parte caratterizzava il bestseller del genere (910 milioni di dollari), Bohemian Rhapsody, l’epopea dei Queen e di Freddie Mercury. Il futuro lo stanno scrivendo in queste settimane la Sony Pictures e il regista Sam Mendes (Skyfall) con un progetto rivoluzionario: quattro film, uno per ciascun membro del gruppo, con quattro prospettive diverse che raccontano un’unica storia, quella dei Beatles. Per la prima volta in assoluto il mito dei Fab Four al cinema, e per di più non rappresentato come un unicum inscindibile, ma come la somma di quattro traiettorie umane ed artistiche irripetibili. Chissà se troverà adeguato spazio la storia di una delle canzoni più surreali dei Beatles, Octopus Garden, un lampo di geniale follia, ideato e interpretato da Ringo Starr. Lo spunto per il pezzo arrivò dopo che il batterista dei Beatles aveva assaggiato per la prima volta un calamaro mentre si trovava su una barca in Sardegna con l’attore Peter Sellers.
L’intera operazione Beatles in quattro film è stata approvata da Ringo Starr, Paul McCartney e dagli eredi di George Harrison e John Lennon che hanno concesso il pieno utilizzo delle immagini e della musica della band. E qui entra in gioco un altro fattore, quello del copyright e dei diritti musicali, decisivo per spiegare l’inarrestabile successo dei biopic e i poderosi investimenti per realizzarli. In un mercato discografico sempre più legato a successi-lampo che svaniscono in una manciata di mesi, rimettere in circolo un greatest hits con le canzoni più famose ed iconiche di artisti senza tempo è un business vincente. Il catalogo dei grandi artisti è una ricchezza duratura, a patto che ciclicamente venga rivitalizzato con operazioni ad hoc.
E, in questo senso, i music biopic sono un veicolo formidabile. L’uscita in sala di One Love è stata accompagnata per esempio dall’uscita dell’omonima raccolta con i 17 brani che fanno da colonna sonora al film. Un racconto cinematografico intrigante perché inizia con Marley già famoso, coinvolto in una delle vicende meno note e più oscure della sua vita. Il 3 dicembre 1976, dopo che il campione del reggae aveva accettato di partecipare ad un concerto gratuito, Smile Jamaica, promosso dal Primo ministro di Kingston, un gruppo di uomini armati fa irruzione nella sua casa sparando all’impazzata. Marley, la moglie Rita e il manager Don Taylor vengono feriti, ma sopravvivono. Due giorni dopo, Marley si presenta sul palco, ferito a un braccio, davanti a 80 mila persone accorse al National Park Heroes di Kingston. Nelle settimane successive la scelta di autoesiliarsi per un paio d’anni a Londra.
In sintonia con i nuovi format per cui i biopic delle star non devono essere il riassunto in pillole dell’intera storia di un artista, i Kiss dovrebbero approdare su Netflix quest’anno in un lavoro che ricostruisce i primi quattro anni di carriera della band, ovvero l’inizio del sogno americano di quattro anonimi rocker newyorkesi, oggi settantenni con mezzo secolo di successi alle spalle, oltre cento milioni di album venduti e un brand (logo e maschere sul volto) che sul mercato del merchandising vale decine di milioni di dollari. Dalle cantine del Bronx, di Brooklyn e di Manhattan alle apparizioni come supereroi sulle copertine dei fumetti Marvel. Raccontare «the other side», l’altra versione di una storia nota, i dettagli, collocandoli in maniera puntuale nella narrazione di una vita e di una carriera: è questo l’obiettivo a cui tende il biopic dei Bee Gees che, stando alle indiscrezioni degli ultimi giorni, dovrebbe essere diretto da Ridley Scott e prodotto dalla Paramount.
I tre fratelli Gibb (Maurice, Robin e Andy), noti come i re della disco music per gli straordinari brani che accompagnano la Febbre del sabato sera, in realtà non sono per nulla figli del sound che andava di moda allo Studio 54 di New York negli anni Settanta. Inglesi, emigrati in Australia, hanno mosso i primi passi nella musica alla fine degli anni Cinquanta e il loro primo successo internazionale, To Love Somebody, risale al 1967, l’anno in cui sono stati pubblicati il primo omonimo album dei Doors, Are You Experienced? di Jimi Hendrix e Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Ecco, è questa «the other side», il fattore che attrae e allontana il biopic musicale dal genere documentario.
Che può essere differente da sé stesso solo se a pensarlo è un certo Brian Eno, musicista, compositore e produttore dal talento smisurato, l’uomo che ha reinventato il suono di U2, Coldplay, David Bowie e David Byrne, oltre ad aver composto la colonna sonora di installazioni d’arte, musei e aeroporti e creato il suono d’avvio di Windows 95. Sempre un passo avanti è la cifra della sua storia: si scoprirà dal 20 aprile quando verrà proiettato Eno, diretto da Gary Hustwit, che impiega l’intelligenza artificiale generativa per scegliere quali immagini utilizzare cosicché, a ogni proiezione del docufilm, venga realizzata una versione diversa. Il tocco del genio.