Home » Tempo Libero » Musica » David Bowie: il soul-funk di Young Americans compie 50 anni

David Bowie: il soul-funk di Young Americans compie 50 anni

David Bowie: il soul-funk di Young Americans compie 50 anni

L’album, che contiene la hit Fame scritta insieme a John Lennon, fu pubblicato originariamente il 7 marzo 1975 ed è di nuovo disponibile per l’anniversario in due nuove versioni in vinile, Half Speed e Picture Disc

Sono passati quasi 10 anni da quell’infausto 10 gennaio 2016 e ci piace pensare che David Bowie non sia morto veramente quel giorno, ma sia semplicemente tornato da dove era arrivato, dallo spazio. Il “Duca Bianco” è stato una sorta di alieno benevolo e decadente che ha dato nuovi e inattesi significati al ruolo della rockstar, spargendo per quasi cinquant’anni sulla Terra bellezza e arte, regalando straordinarie emozioni nel suo storytelling sui problemi di identità e sullo spirito collettivo contemporaneo. Un camaleonte senza passato, che si è fatto messaggero di un futuro in cui l’avanguardia, pur senza abdicare alle sue ambizioni culturali, poteva essere fruita da tutti attraverso ritmi e melodie irresistibili.

Tra le sue numerose reinvenzioni musicali fu particolarmente riuscita quella soul-funk dell’album Young Americans, pubblicato cinquant’anni fa (il 7 marzo 1975), che anticipò il boom, di lì a pochi anni, della disco music, un genere che tanto deve al funky più ballabile e disimpegnato. Il 33 giri, formato da 8 brani per 40 minuti, vide Bowie ampliare ancora una volta i suoi orizzonti musicali, abbracciando quello che lui chiamava scherzosamente “Plastic Soul”: quel disco gli regalò il suo primo singolo numero uno negli Stati Uniti, il trascinante funk di Fame, scritto insieme a John Lennon e all’allora chitarrista di Bowie, Carlos Alomar. L’album è stato in parte influenzato dal “Philly Sound” e registrato a Filadelfia presso gli studi Sigma Sound durante una pausa del tour di Diamond Dogs con una band fenomenale, che comprendeva, tra gli altri, il fedele pianista di Bowie, Mike Garson, alle tastiere, il compianto Luther Vandross alla voce, David Sanborn al sassofono e Andy Newmark (Sly and the Family Stone) alla batteria. Durante le sessioni prodotte da Tony Visconti al Sigma Sound, Bowie si immerse nella musica soul e creò un nuovo personaggio chiamato The Gouster, un termine gergale per un personaggio di strada alla moda. Già nel precedente album Diamond Dogs troviamo due brani “black”, Rock’n’roll with me e 1984. Quei pezzi, spiegò lo stesso Bowie, “mi hanno fatto capire che c’era almeno un altro album dentro di me che mi sarebbe piaciuto fare”: Young Americans, appunto.

Nel disco del 1975 morbide e sensuali ballad soul come Win, Right e Can You Hear Me si alternano a trascinanti brani funk come la già citata Fame e Fascination (che oggi farebbero la fortuna di Bruno Mars e Justin Timberlake), passando per l’arioso mid-tempo di Somebody Up There Likes Me e per la cover lisergica e obliqua di Across The Universe dei Beatles. Il vertice dell’album resta, però, la coinvolgente title track Young Americans, con la sua memorabile melodia di fiati e con i suoi emozionanti cori soul, mentre nel testo troviamo diversi riferimenti all’attualità sociale e politica dell’America dell’epoca. I brani non spiccano tanto per l’originalità delle composizioni, quanto per gli arrangiamenti scintillanti e per le interpretazioni vocali di Bowie, magistrale nel modulare la voce per renderla più scura e profonda del solito. Una prima versione dell’album, che utilizzava questo titolo, è stata pubblicata nel boxset Who Can I Be Now? (1974-1976).

Quando Il tour ricominciò, Bowie modificò radicalmente la scaletta per incorporare il nuovo materiale e spogliò l’elaborata produzione per riflettere una direzione musicale radicalmente nuova. Alla fine del tour, nel dicembre del ’74, le sessioni continuarono al Record Plant e, mentre registrava a New York, John Lennon si unì al gruppo, incidendo insieme Across The Universe e Fame agli Electric Lady Studios. Bowie scelse di non andare in tour dopo l’uscita di Young Americans e nel giro di nove mesi ebbe un’ulteriore evoluzione, pubblicando il suo album successivo, Station to Station, reinventandosi ancora una volta nei panni di The Thin White Duke. Come avvenuto per altri iconici dischi della prima metà degli anni Settanta, anche per Young Americans sono disponibili, dallo scorso weekend, due nuove riedizioni in vinile, una in Half Speed e una in Picture Disc.

La tecnica di masterizzazione “half-speed” utilizzata per questa riedizione è un processo meticoloso che prevede la riproduzione del nastro master a metà della velocità normale, mentre il disco viene inciso anche a metà velocità. Questo metodo permette al sistema di incisione di avere il doppio del tempo per scolpire un solco accurato, risultando in una maggiore definizione sonora, bassi più profondi e una migliore separazione degli strumenti. La nuova edizione è stata masterizzata su un tornio Neumann VMS80 modificato, utilizzando i master originali del Record Plant restaurati a 192kHz, senza elaborazioni aggiuntive. John Webber ha curato il mastering a metà velocità presso gli AIR Studios. Una vera chicca per gli audiofili, che permetterà loro di apprezzare ogni singola sfumatura di Young Americans, un album sorprendente e ricco di groove, che merita di essere riscoperto.

© Riproduzione Riservata